Burqa bandito sul territorio svizzero

Il 7 marzo scorso il popolo elvetico ha introdotto il divieto di dissimulare il volto, ha dato il nullaosta ad un accordo di libero scambio con l’Indonesia e ha rimandato al mittente la proposta di introdurre un’identità elettronica.

Come già avviene in altri Paesi, la Svizzera ha deciso di introdurre il divieto di dissimulare il volto nei luoghi pubblici. Un simile divieto è già stato introdotto negli scorsi anni nel Canton Ticino e nel Canton San Gallo. L’iniziativa popolare – la prima a raccogliere la maggioranza dopo quella sull’iniziativa di massa nel 2014 – è stata approvata dal 51,2% della popolazione ed è stata lanciata dal cosiddetto “Comitato di Egerkingen”. Questa nel 2019 era all’origine di un altro divieto che riguarda la comunità musulmana quando il 57,7% dell'elettorato accolse, contro l'opinione di Governo e Parlamento, il divieto di costruire nuovi minareti.

L'iniziativa iscrive nella Costituzione il divieto di nascondere il viso in pubblico, in particolare nelle zone pubbliche, i trasporti pubblici, i ristoranti, i negozi o negli stadi di calcio. La proposta era sostenuta dall’UDC ma anche da diversi politici dei partiti di centro-destra e di centro, così come da un gruppo di femministe e musulmane liberali. Il risultato non è dunque particolarmente sorprendente.

Soddisfatti gli inziativisti
"Il popolo elvetico ha voluto confermare il modello democratico basato sui valori ebraico-cristiani che fa il successo della Svizzera da 700 anni" ha dichiarato la domenica dopo la votazione Yohan Ziehli, membro del comitato d'iniziativa. Anche per il ticinese Marco Chiesa, presidente dell'UDC, il 'sì' è un chiaro segnale contro l'Islam radicale, contro i teppisti mascherati e a favore di una coabitazione pacifica in Svizzera.

Dal canto loro i contrari all’iniziativa hanno deplorato il risultato. Secondo il Consiglio centrale islamico della Svizzera, il divieto del velo integrale è "una grande delusione per i musulmani che sono nati e cresciuti in Svizzera", mentre diversi membri del partito socialista svizzero ritengono che con l’approvazione del divieto non si sia risolto proprio nulla: problemi come il sessismo, il razzismo e la violenza rimarrebbero. "Smettiamola di dire alle donne come si devono vestire", ha affermato Tamara Funciello, copresidente della sezione femminile del Partito socialista.

Fonte: https://polis.tpcag.ch/doc/ (swissinfo.ch)

Uno degli striscioni che hanno accompagnato la campagna per il sì, maggioritaria alle urne.

Nessuna fiducia nei confronti dell’identificazione elettronica
In linea con il trend che si delineava nei sondaggi, la popolazione non si è lasciata convincere dalla Legge sull’identificazione elettronica. Il No l’ha infatti spuntata nettamente in tutti i Cantoni e tra più del 64% dei votanti. Il cantone meno scettico è risultato il Ticino, che ha bocciato il progetto con il 55,8% dei voti.

Il progetto avrebbe creato la base legale per l’introduzione di un’identità elettronica (eID) – a carattere volontario – per potersi muovere in sicurezza nello spazio digitale, in particolare il web. A differenza di altri Paesi europei, la Svizzera non fornisce ancora ai suoi residenti un metodo di verifica certificato per l'identità digitale.
L'utilità di una eID non appare contestata nemmeno dopo la bocciatura, ma piuttosto è la gestione operativa da parte di aziende private che ha suscitato aspre critiche. Lo scetticismo verso il progetto di legge si è rafforzato a tutti i livelli della società durante la campagna. Secondo informazioni di Swissinfo.ch il “no” ha guadagnato terreno anche tra gli svizzeri all’estero. Dalla fine di gennaio, i cittadini residenti fuori dai confini elvetici e contrari alla legge è passato dal 29 al 50%.
Sostenitori e contrari al progetto concordano sul fatto che la digitalizzazione debba essere accompagnata da soluzioni rapide e vicine al cittadino, in cui la gente possa avere fiducia. Come concretamente raggiungere questo obiettivo è una domanda a cui il Parlamento dovrà ora nuovamente trovare risposte.

 

Fonte: https://polis.tpcag.ch/doc/ (swissinfo.ch)

Risicato sì all’accordo di libero scambio con l’Indonesia
Uno stretto 51,6% ha ratificato i l'accordo di partenariato economico con l'Indonesia che prevede una serie di vantaggi commerciali e riduzione di dazi per lo scambio di beni e servizi tra i due paesi. Tuttavia il progetto si è scontrato con una forte opposizione nella Svizzera francese.

L’accordo era sostenuto dai partiti borghesi e dalle associazioni economiche ma il risultato scaturito è inferiore alle attese. L'opposizione al progetto è stata forte soprattutto nella Svizzera francese. A Ginevra è stato respinto dal 59,7% dei cittadini, nel Canton Vaud dal 65,8% e nel Giura dal 64,8%. Questo risultato risicato a livello svizzero sorprende particolarmente dal momento che l’accordo contiene delle clausole relative alla sostenibilità come fino ad oggi non è mai stato il caso. Ad esempio, beneficerà di dazi ridotti all’importazione in Svizzera solo l’olio di palma coltivato secondo riconosciute norme di sostenibilità.
Lo scetticismo nei confronti dell’accordo è stato maggiore del previsto. Solo il 51,6% l’ha approvato.

Fonte: https://polis.tpcag.ch/doc/ (swissinfo.ch)

Lo scetticismo nei confronti dell’accordo è stato maggiore del previsto. Solo il 51,6% l’ha approvato