Il ceto medio in Svizzera sta bene ma rischia di cadere nella classe inferiore

Alle difficoltà delle rilevazioni statistiche si aggiungono valutazioni politiche

Il ceto medio in Svizzera sta bene e anche meglio di quello di altri paesi, sotto tutti gli aspetti. Per la nazione è quindi un bene prezioso, poiché fonte di cittadini che non si lamentano molto, che vivono la loro vita in modo tranquillo, senza chiedere nulla o quasi allo Stato, ma anzi fornendogli parecchio, sia sotto forma di imposte e tasse, sia sotto forma di cittadini disposti a collaborare sotto varie forme: dall’istruzione dei figli, alla politica, al volontariato e via dicendo.

Il Consiglio federale se ne occupa fornendo ogni anno un’analisi basata soprattutto sulla sua situazione economica. Il rapporto che ne segue è generalmente positivo. Tuttavia una recente analisi dell’Amministrazione federale delle contribuzioni getta qualche ombra sulla situazione di questa importante componente della società elvetica. L’analisi conclude infatti che il ceto medio prende una parte calante al benessere della popolazione in Svizzera. Si confermerebbe quindi la tesi corrente secondo cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Lo confermerebbe anche un confronto fra i dati fiscali del 2014 e quelli del 2004, pubblicati nella “Vie économique”. Da essi di può rilevare che i redditi del ceto medio in questo periodo sono aumentati, ma non in misura uguale a quelli delle classi di reddito più alto. Infatti, il reddito netto equivalente del ceto medio è passato da 48’712 franchi a 54’857 franchi nel 2014, con un aumento dell’1,2%. I redditi delle classi superiori sono invece aumentati del 2,2%. Di conseguenza, anche il contributo delle classi medie al reddito globale è sceso dal 56 al 54,5%. Un’evoluzione analoga è costatabile anche all’interno del ceto medio stesso, con i redditi più alti aumentati in misura superiore a quelli più bassi, allargandone quindi la forbice.
Uno dei motivi di questa evoluzione è dovuto proprio all’onere fiscale. Con l’eccezione di Svitto, questo onere è diminuito in tutti i cantoni. Ma anche in questo caso il vantaggio fiscale è distribuito in modo non uniforme: lo sgravio è superiore per i redditi alti, rispetto a quelli medi. Il divario è particolarmente evidente per le coppie sposate, senza figli e con attività dipendenti.

Questi risultati contraddicono quanto afferma il Consiglio federale che, in un rapporto del 2016, scriveva che i redditi disponibili nei gruppi mediani sono aumentati in modo più sensibile che per i gruppi di redditi più alti. L’Amministrazione federale delle contribuzioni giustifica la differenza fra i due studi con il fatto che le fonti statistiche utilizzate non sono confrontabili. L’analisi precedente si basa, infatti, sui redditi disponibili, mentre quella più recente si basa sui dati fiscali. In questo senso il ruolo fondamentale è svolto dalle deduzioni, considerate in un caso e non nell’altro.

È un ulteriore indice delle difficoltà di posizionare con esattezza il “ceto medio”. In queste statistiche si situa il ceto medio (in un totale uguale a 100) a metà fra il gruppo 90 e il 40. Uno studio scientifico pubblicato da “Avenir Suisse” nel 2012 usa il salario quale valore di riferimento determinante. Su queste basi esistono almeno due definizioni di “ceto medio”: tutte le economie domestiche che si possono situare nel 60% della distribuzione dei redditi, oppure quella fascia di popolazione il cui reddito si trova tra il 70 e il 150% del reddito mediano. In Svizzera, i limiti di reddito del “ceto medio” sono comunque vicini per entrambe le definizioni.

Di questo 60% fanno parte le economie domestiche di una sola persona con un reddito lordo compreso fra 45’000 e 110’000 franchi. Questi limiti salgono fra 67’000 e 150’000 franchi per una coppia senza figli e fra 94’000 e 209’000 franchi per una coppia con due figli in età scolastica. Queste fasce di reddito si riferiscono appunto al 60% della popolazione in Svizzera. Si tratta di valori medi, che quindi non tengono conto di particolarità sociali o regionali, che potrebbero invece situare il “ceto medio” su basi statistiche diverse. I limiti stabiliti possono variare anche in funzione del tipo particolare di ricerca che si vuole effettuare. Per esempio nella statistica sulla distribuzione del reddito, prima e dopo gli interventi dello Stato per correggere le situazioni iniziali, il ceto medio in Svizzera viene compreso in una fascia di reddito fra i 56’000 e i 123’000 franchi.

Anche nella maggior parte dei paesi industrializzati occidentali, soprattutto il ceto intermedio e quello inferiore sono finiti sotto pressione a partire dalla fine degli anni ottanta. Questa erosione della classe media occidentale preoccupa anche il “ceto medio” svizzero. Il malumore è accentuato dall’assottigliarsi dei vantaggi economici rispetto ai ceti più modesti e dall’aumentare del divario rispetto ai redditi conseguiti dal ceto superiore.

In sostanza, il “ceto medio” si vede precludere la strada tradizionale della crescita economica e sociale a piccoli passi, a causa della crescente pressione fiscale e della progressiva perdita di sussidi. Lo stimolo diventa quello di porre le proprie energie alla ricerca delle migliori prestazioni dello Stato, piuttosto che indirizzarle verso il lavoro e la creatività. Di conseguenza, le speranze di miglioramento vengono riposte, in molti casi, in una più favorevole ridistribuzione dei redditi.

Ignazio Bonoli