Pensioni di enti pubblici svizzeri e il quadro RW italiano

Casi in cui non c’è l’obbligo di monitoraggio

Un lettore mi ha fatto pervenire questo articolo secondo il quale non sussisterebbe l’obbligo di compilare il quadro RW per chi si fa versare la pensione di enti pubblici svizzeri (Confederazione, cantoni, comuni, FFS, poste ecc.) su un conto in Svizzera. Particolarmente interessante il capoverso finale, dal nostro lettore sottolineato in rosso.
Faccio notare che si tratta di un’opinione, non di una certezza, ma può interessare i consulenti fiscali delle persone interessate, specialmente in caso di contestazioni fiscali.
Ringrazio il lettore di questa collaborazione!
Robert Engeler


Conto Corrente Estero 2018:
obbligo dichiarazione Quadro RW, esenzione importi ammessi e sanzioni
Il possesso di un conto corrente estero è un problema delicato, di difficile gestione, che può esporre il contribuente, persona fisica o società, ad accertamenti con tassazione delle somme, anche per piccole somme di denaro o altre attività e strumenti finanziari (polizze, pensioni etc). Vediamo come e quando dichiarare l’esistenza di questi conti esteri e quali sono le armi per difendersi da un ipotetico accertamento fiscale dell’Agenzia delle Entrate che potrebbe presupporre che quei soldi derivino da attività in nero o comunque da redditi non dichiarati precedentemente.


Quando dichiarare le somme nella dichiarazione dei redditi
Il quadro RW della dichiarazione dei redditi sia che utilizziate il modello 730 o il modello Unico Persone fisiche, deve essere compilato, ai fini del monitoraggio fiscale, dalle persone fisiche residenti in italia che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione e, in ogni caso, ai fini dell’imposta sul valore degli immobili all’estero (ivie) e dell’imposta sul valore dei prodotti finanziari dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero (ivafe).


Sotto i 15 mila euro esenzione dal monitoraggio fiscale
L’obbligo di monitoraggio non sussiste per i depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo d’imposta non sia superiore a 15.000 euro (art. 2 della legge n. 186 del 2014); resta fermo l’obbligo di compilazione del quadro laddove sia dovuta l’IVafe.
Non parliamo di strumenti finanziari detenuti all’estero in regime di risparmio amministrato o comunque soggetti al regime di ritenuta d’acconto alla fonte, come potrebbero essere azioni o quote di fondi comuni di investimento per esempio.
L’obbligo di monitoraggio non sussiste per i depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo d’imposta non sia superiore a 15.000 euro (art. 2 della legge n. 186 del 2014); resta fermo l’obbligo di compilazione del quadro laddove sia dovuta l’IVafe.


Casi di esenzione dall’indicazione
L’obbligo di monitoraggio non sussiste, inoltre per le persone fisiche che prestano lavoro all’estero per lo stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente o per l’ente locale e le persone fisiche che lavorano all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia la cui residenza fiscale, o in italia sia determinata, in deroga agli ordinari criteri previsti dal tuir, in base ad accordi internazionali ratificati. L’esenzione vale anche nel caso di contribuenti residenti in italia che prestano la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zone di frontiera ed in altri paesi limitrofi
Con riferimento agli investimenti e alle attività estere di natura finanziaria detenute nel paese in cui svolgono la propria attività lavorativa. Tale esonero viene riconosciuto solo qualora l’attività lavorativa all’estero sia stata svolta in via continuativa per la maggior parte del periodo di imposta e a condizione che entro sei mesi dall’interruzione del rapporto di lavoro all’estero, il lavoratore non detenga più le attività all’estero. Diversamente, se il contribuente entro tale data non ha riportato le attività in Italia o dismesso le stesse, è tenuto ad indicare tutte le attività detenute all’estero durante l’intero periodo d’imposta.
Qualora il contribuente è esonerato dal monitoraggio, è in ogni caso tenuto alla compilazione della dichiarazione per l’indicazione dei redditi derivanti dalle attività estere di natura finanziaria o patrimoniale nonché del presente quadro per il calcolo dell’IVIE e dell’IVAFE.


Quali attività vanno sempre dichiarate all’estero
Queste attività vanno sempre indicate nel presente quadro in quanto di per sé produttive di redditi di fonte estera imponibili in Italia. A titolo esemplificativo, devono essere indicate:
• attività i cui redditi sono corrisposti da soggetti non residenti, tra cui, le partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti non residenti, le obbligazioni estere e i titoli similari, i titoli pubblici italiani e i titoli equiparati emessi all’estero, i titoli non rappresentativi di merce e i certificati di massa emessi da non residenti (comprese le quote di oicr esteri), le valute estere, depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero indipendentemente dalle modalità di alimentazione (ad esempio, accrediti di stipendi, di pensione o di compensi);
• contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, ad esempio finanziamenti, riporti, pronti contro termine e prestito titoli; contratti derivati e altri rapporti finanziari stipulati al di fuori del territorio dello stato;
• metalli preziosi detenuti all’estero;
• diritti all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni estere o strumenti finanziari assimilati;
• orme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero, escluse quelle obbligatorie per legge;
• le polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione sempreché la compagnia estera non abbia optato per l’applicazione dell’imposta sostitutiva e dell’imposta di bollo e non sia stato conferito ad un intermediario finanziario italiano l’incarico di regolare tutti i flussi connessi con l’investimento, con il disinvestimento ed il pagamento dei relativi proventi;
• le attività finanziarie italiane comunque detenute all’estero, sia ad esempio per il tramite di fiduciarie estere o soggetti esteri interposti,sia in cassette di sicurezza;
• le attività e gli investimenti detenuti all’estero per il tramite di soggetti localizzati in paesi diversi da quelli collaborativi nonché in entità giuridiche italiane o estere, diverse dalle società, qualora il contribuente risulti essere “titolare effettivo”;
• le attività finanziarie estere detenute in italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti;
• i titoli o diritti offerti ai lavoratori dipendenti ed assimilati che danno la possibilità di acquistare, ad un determinato prezzo, azioni della società estera con la quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro o delle società controllate o controllanti (cd. stock option), nei casi in cui, al termine del periodo d’imposta, il prezzo di esercizio sia inferiore al valore corrente del sottostante. Se il piano di assegnazione delle stock option prevede che l’assegnatario non possa esercitare il proprio diritto finché non sia trascorso un determinato periodo (cd. vesting period), le stesse non devono essere indicate nel presente quadro fino a quando non sia spirato tale termine, mentre devono essere indicate in ogni caso, quindi, anche nel corso del vesting period, qualora siano cedibili.
Si precisa che le attività finanziarie detenute all’estero vanno indicate nel presente quadro anche se immesse in cassette di sicurezza.


Dove sono i soldi: paese a fiscalità privilegiata o no
Prima del 2009 si dormivano sogni tranquilli in quanto non esistevano dei veri e proprio obblighi dichiarativi o meglio il quadro normativo non era così strutturato e non prevedeva questa presunzione secondo cui le attività finanziarie detenute in paesi a fiscalità privilegiata si presumono generate da redditi non tassati per cui saranno riprese a tassazione in Italia.


Questa la sintesi di questa norma anti evasione
L’articolo 12, comma 2, del Dl 78/2009 recita infatti che gli investimenti e le attività di natura finanziaria che sono possedute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato si presumono costituite, salvo prova contraria a carico del contribuente, mediante redditi sottratti a tassazione in Italia.
Un classico esempio sono i conti in Svizzera o Lichtenstein, Madera o le Cayman, tanto per citarne alcuni,o anche in altri paesi a fiscalità privilegiata.


Come fare per evitare di essere accertati
Dovete in sostanza adempiere agli obblighi sul monitoraggio fiscale che impongono la dichiarazione all’interno del quadro RW della dichiarazione verificando:
• prima di tutto che non siano prescritti i termini dell’accertamento fiscale;
• verificando che non facciano riferimento a periodi non più accertabili, inquietante punto, precedenti all’entrata in vigore della norma,
• verificare che non facciano riferimento a casi di esenzione dalla dichiarazione,
• verificare che non debbano applicarsi solo i casi di dichiarazione infedele per omessa compilazione del quadro RW.
Talune volte derivano dal fatto che si avevano immobili all’estero che sono stati ceduti e le somme sono rimaste sul conto estero e spesso la motivazione in effetti deriva dal fatto di non volerle tassare. Non a caso si è cercato a botte di volontari discolpare, di scudi stellati o altri nomi di fantasia che niente altro sono se non condoni fiscali, di far rientrare queste somme in Italia.
Ma l’italiano che non paga le tasse comunque resta di base pronto anche ad accettare pagamenti di condoni più o meno light. Per cui sembrerebbero esserci ancora molte persone che detengono somme all’estero e non ci pensano proprio di dichiarare qualcosa in Italia, perchè preferiscono farsi qualche viaggio in aereo o in macchina e riportarle in italia, così svuotando piano piano i conti esteri.
Inutile dire che qualora vi trovaste alla dogana con soldi non dichiarati questo vi esporrebbe a sanzioni più salate!


Come difendersi all’atto di accertamento fiscale dell’agenzia delle entrate
La presunzione relativa del fisco si vince mediante la dimostrazione che i proventi o il denaro sul conto corrente estero derivino da una attività, o più in generale da un reddito di qualsiasi natura, che è stato tassato all’estero.
La norma non ha efficacia retroattiva… per cui se vi accertano periodi di imposta prima del 2009 questa norma presuntiva non vale (Cfr Ctr di Milano Sentenza n. 1865/1/17). Questo perché il contribuente in assenza della norma non era obbligato a pre-costituire una forma di prova contro una presunzione che a quel tempo non esisteva.