Perchè gli svizzeri sono più intelligenti

L’autore ricorda: “da piccolo avevo un piano per fuggire in svizzera”. Allo svizzero non basta dire “per favore”, devi prima salutarlo.

Lugano - Il fatto più sorprendente degli svizzeri è che, mentre negli ultimi millenni gli altri popoli hanno subito guerre e devastazioni, loro sono riusciti ed evitare di essere massacrati.

È una delle tante riflessioni che Jacopo Fo - figlio delle celebrità artistiche e intellettuali Franca Rame e Dario Fo (Premio Nobel) - ha espresso in un libro uscito qualche anno fa come idea regalo: “Perché gli svizzeri sono più intelligenti”. Un libro che proponiamo come regalo per le prossime festività, quale utile e gustoso ritratto di un popolo speciale la cui storia smentisce la famosa battuta pronunciata da Orson Welles: «In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù».

Ragioniamo insieme a Jacopo Fo sui fatti che, a suo parere, contraddicono questa svilente opinione del grande artista americano.
Secondo una sua affermazione, il libro è nato dall’aver notato una sorta di razzismo verso gli svizzeri che l’ha spinta ad indagare la storia di questo popolo.
«Sì, ho voluto studiare le loro vicende più antiche e ho svolto un grande viaggio in giro per la Svizzera interpellando vari professori universitari. Ho compreso le specifiche qualità di questo popolo che poi ho riportato nel libro».

Cosa ha scoperto?.
«Che dietro certi comportamenti di un popolo vi sono particolarità umane e storiche che spiegano perché quella gente funziona in un certo modo…».

E come funzionano gli svizzeri?
«Da tempi remoti, la Svizzera è stata un luogo dove si sono rifugiate persone che desideravano vivere in un’altra maniera, che volevano sfuggire da minacce o situazioni violente. È un dato di fatto che chi viveva in territori accoglienti e pianeggianti era più favorito ma anche più esposto a certi rischi, come le invasioni, le guerre. Chi sceglieva di vivere in luoghi più freddi e impervi, come è il caso della Svizzera, erano persone che non volevano essere sottoposte a certe sottomissioni. Per sua natura la Svizzera è una delle prime realtà al mondo dove il popolo si libera di imperatori, nobili e feudatari».

D’altra parte, da qualche decennio vi sono svizzeri che emigrano verso destinazioni lontane, con clima umano e termico più caldo, dove non è richiesto di “vivere solo per lavorare e pagare le tasse”.
«Io dico solo che il livello di vita svizzero è straordinario. C’è tutta una serie di diritti garantiti e un buon funzionamento dello stato, cose sconosciute per la maggioranza dei Paesi del mondo. Basti pensare alla frequenza con cui gli svizzeri sono chiamati a votare su temi importanti o a come funziona la giustizia svizzera. Loro non possono credere che in Italia occorrano nove anni per un processo e che una serie di reati come quello di truffa non siano puniti con il carcere».

Comunque sia, la nomea sulla “Svizzera lavatrice dei soldi sporchi” la riportano all’ordine delle “cose umane”.
«Se vogliamo proporre un paragone da questo punto di vista, l’Italia dopo l’ultima guerra è stata la porta dell’economia criminale mondiale, attraverso San Marino, Campione d’Italia e Vaticano, per esempio. Non ci batte nessuno. Nel mio libro non ho scritto da nessuna parte che la Svizzera sia la perfezione, cosa impossibile su questo pianeta, ma ribadisco che la sua qualità di vita è stata superiore in tutti i secoli. Anche rispetto all’Italia. Pensi che il titolo del mio libro è stato censurato dall’editore… In origine era: “Perché gli svizzeri sono più intelligenti degli italiani”. Infatti adesso lo ripubblicherò con il suo vero titolo».

Questa vicenda del titolo sembra uno scoop. Farà anche degli interventi sul testo?
«Sicuramente un po’ di storie potrei aggiungerle».

Sempre nell’ottica di una Svizzera imperfetta, non ha dell’incredibile il fatto che solo nel 1971 si “concesse” alle donne il diritto di voto e di eleggibilità?
«Sicuramente. Però, attenzione, perché credo che sia indiscutibile che la donna nella società svizzera anche prima del ’71 godesse di un grandissimo rapporto di parità con il maschio rispetto all’Italia. Le donne erano comunque ammesse in tutte le professioni».

Cosa ricorda di curioso del suo viaggio attraverso la Svizzera?
«Mi aveva colpito l’educazione di questo popolo. Io mi ritengo una persona educata e molto formale, abituata a porgermi agli altri premettendo sempre un “per favore”, un “mi scusi”. Ebbene, ovunque mi recassi c’era questo tormentone con qualunque impiegato delle ferrovie, delle poste o del negozio, che mi accoglieva innanzitutto con un “Buongiorno”. Allo svizzero non basta dire per favore, devi prima salutarlo! Ed è giusto, è un fatto di civiltà».

Può dire un paio di qualità fondamentali che, per magia, dalla Svizzera vorrebbe importare in Italia?
«La prima su tutte è il rifiuto della guerra. La seconda è il grande valore attribuito alla Scienza. Essendo un Paese che ha dato riparo a tantissime persone, ha avuto la più alta percentuale del mondo di Premi Nobel. Attribuiti sia a svizzeri sia a stranieri che hanno potuto formarsi e sviluppare il proprio lavoro nella Confederazione».

Cosa l’ha stupita in negativo degli svizzeri?
«Di quanto poco conoscano della loro storia. Spero che il mio libro li spinga a scoprirla un po’ di più. A tal proposito il regista svizzero Mirko Aretini ha realizzato un documentario, ispirato al mio libro e con lo stesso titolo, proiettato lo scorso settembre in diverse sale ticinesi. Ho in progetto, a mia volta, un documentario a cartoni animati su tutta la storia svizzera dall’età della pietra, compresa la resistenza all’Impero romano, la resistenza ai nobili e così via. Devo mettere insieme un team di lavoro in Svizzera e cerco persone disponibili, ho già pronti i miei disegni».

Passando alla sua vita privata, qual è l’insegnamento più caro lasciatole dai suoi celebri genitori?
«La passione. Facevano teatro con passione, magari avendo la febbre o mentre morivano i miei nonni, per il profondo rispetto verso il pubblico. La mancanza di passione è la grande malattia di oggi».

Essendo nato sulla fascia di confine, come vedeva il Ticino molto prima di scrivere il libro?
«Abitando sopra Cernobbio, con i miei genitori si andava sempre a comprare la cioccolata. Per spiegarle il mio rapporto con la Svizzera le racconto un aneddoto degli anni ’70. Ero un ragazzino negli anni in cui si temeva il colpo di Stato (avvenne il poi tentato golpe Borghese, 1970). Per le sue idee, la mia famiglia era nella lista di quelli che sarebbero stati arrestati. I miei genitori non sembravano preoccupati, ma io avevo molta paura, pertanto imposi loro il mio “piano di sicurezza”. Avevo stabilito con mia madre la parola d’ordine “la gallina ha fatto l’uovo” da utilizzare per telefono nel caso la arrestassero. In quel caso, sarei scappato abbastanza facilmente attraverso il bosco di Casnedo, salendo da lì verso la Svizzera. Ora sorrido sul fatto che con le mie cugine mi ero allenato per raggiungere in 45 minuti il Canton Ticino e quindi dei familiari che già abitavano nella Confederazione. Dunque, anche per me stesso, la Svizzera è sempre stata un rifugio ideale…».

Annamaria Lorefice
lorefice.annamaria@gmail.com

Jacopo Fo verso la fine degli anni ’60 con i genitori. L'attrice teatrale, drammaturga e politica italiana Franca Rame e Dario Fo artista poliedrico (scrittore, autore, attore, scenografo, regista teatrale, pittore e attivista italiano), vinse nel 1997 il Premio Nobel per la letteratura.

Il libro scritto con Rosaria Guerra per il quale Jacopo Fo ha percorso la Svizzera per scoprire alcune particolarità della sua storia. Sul web, è considerato uno tra i migliori libri divulgativi per conoscere il popolo elvetico.

Jacopo Fo scrittore, regista, attore e fumettista. Ha collaborato con i mass media svizzeri.