È possibile chiedere il rimborso dell’Euroritenuta?

Voluntary Disclosure, Euroritenuta e Ravvedimento operoso

Egregio Avvocato,
provo a scriverle per una mia questione personale che mi sta particolarmente a cuore, ed anzi che per la verità trovo incomprensibile.
Leggiamo, infatti, da più parti che anche dopo la Voluntary Disclosure, le banche svizzere sono ancora sotto attacco da parte del Fisco italiano, e così noi poveri correntisti svizzeri.

Le chiedo: perché?
La stampa tempo fa riferiva di lettere alle banche con richieste di informazioni sulle stesse, e sottintese minacce di azioni e sanzioni fiscali a loro carico.
Poi a settembre dello scorso anno ed ancora recentemente sono uscite notizie su richieste di informazioni avanzate dalla Guardia di Finanza, questa volta sulla clientela delle banche – richieste alle quali la Svizzera ha dato il suo assenso a trasmettere tutti i dati dei clienti.
Entrambe le iniziative, a quanto capisco io, si basano su informazioni ottenute dall’Italia solo grazie alla Voluntary Disclosure. Un bel premio per la trasparenza e la collaborazione, non c’è che dire.

Le sembra giusto che chi ha già fatto la Voluntary Disclosure pagando salata la regolarizzazione di pochi risparmi, ora debba essere esposto ad altri pagamenti?
Senza contare che quei piccoli risparmi in Svizzera erano già soggetti all’Euroritenuta.
Ma quante volte devo pagare? Mi piacerebbe conoscere la Sua opinione, perché penso che sia un caso che interessa molti altri svizzeri nella mia stessa condizione.

Un grazie anticipato, caro Avvocato e cordiali saluti.
C.S. (Prov. Bologna)


Gentile Lettore,
spero innanzittutto che Lei e tutti i nostri Lettori stiate bene in questo periodo così difficile e che Vi tratteniate a casa quanto più possibile. Io stesso mi trovo a rispondere alla Sua lettera da casa mia, da dove continuo ad essere pienamente operativo senza sosta ma – prudentemente - in modalità smart working, così come tutto il mio Studio.

Allora, grazie per la Sua accorata lettera. Il suo punto di vista è molto chiaro ed in parte non solo legittimo ma anche giustificato.

Tuttavia sono indispensabili alcune precisazioni preliminari in merito a quanto Lei scrive.
1. Effettivamente l’azione nei confronti delle singole banche svizzere prende in buona misura le mosse dai dati ottenuti dal fisco grazie alla nota Voluntary Disclosure (o confidenzialmente V.D.) dei clienti, paradossalmente favorita dalle stesse banche. In questo senso un auto-gol probabilmente non previsto, anche se all’epoca la promessa (ad oggi disattesa) era quella di aprire il mercato finanziario italiano anche agli istituti elvetici.
2. Le richieste del fisco, tuttavia, erano sanzionate solo in caso di mancata risposta anche se si è dubitato (fondatamente, ritengo) della loro legittimità formale. In ogni caso il meccanismo, salve le dovute eccezioni, consente a talune condizioni di evitare sanzioni (se non altro penali), oltre che nel caso ovvio di pagamento delle imposte.
3. Per quanto riguarda i correntisti destinatari delle richieste, in realtà qui stiamo parlando in prevalenza di soggetti che ragionevolmente non sono in regola, in quanto o non hanno risposto alla richiesta delle banche o non hanno provato di essere in regola con i propri obblighi fiscali.
4. Non si tratta in particolare né di svizzeri, né di italiani ma piuttosto di soggetti con residenza fiscale in Italia.
5. Naturalmente chi si è già avvalso delle procedure di collaborazione volontaria, come Lei, non dovrebbe avere fastidi da questa iniziativa del fisco italiano, né pagherà alcunché.

Chiarito quanto sopra, il Suo ragionamento è tutt’altro che infondato per quel che riguarda l’Euroritenuta. Ma di cosa stiamo parlando precisamente?

L’Euroritenuta
Si tratta, in sostanza, di un’imposta “secca” per redditi da capitale derivanti da investimenti all’estero. Essa è stata introdotta da una direttiva europea di vari anni fa (Dir. 2003/48 CE, recepita con D. Lgs. 84/2005) e veniva versata cumulativamente dalla banca (sostituto d’imposta) per i propri clienti residenti fiscalmente in altro Stato membro, senza indicarne la provenienza.
In tal modo venivano soddisfatte le esigenze di gettito dei vari Paesi europei, garantendo al contempo l’anonimato dei correntisti residenti in tali Paesi.
In Italia, per il contribuente l’Euroritenuta fa sorgere un credito d’imposta e qualora la ritenuta sia superiore a quest’ultimo, può anche spettare il rimborso o alternativamente la compensazione.
Nel frattempo, peraltro, la Euroritenuta è stata soppressa dal 2015, in conseguenza dell’approvazione proprio dello scambio automatico di informazioni tra amministrazioni fiscali degli Stati Membri.

Rimborso per chi ha aderito alla Voluntary Disclosure
È chiaro allora che chi ha fatto ricorso alla Voluntary Disclosure versando le imposte dovute – di fatto e di diritto – è soggetto ad una doppia imposizione. I redditi emersi con la Voluntary Disclosure infatti erano già stati colpiti dall’Euroritenuta.

Il fisco italiano si è però sempre rifiutato di accettare tale interpretazione, ostinandosi a non riconoscere la deduzione dell’Euroritenuta da quanto pagato in sede di collaborazione volontaria. Per questo molti contribuenti hanno proposto istanza di rimborso all’Erario.

Tale diritto può ritenersi sostanzialmente, sia in sede interpretativa dottrinale (in tal senso si sono espressi ancora di recente i dottori commercialisti ed esperti contabili italiani), sia in sede giurisprudenziale (ricordiamo in proposito le Commissioni Tributarie Regionali, CTP Lombardia sentenze n. 4031/02/18 e n. 3017/15/19, e CTP Campania sentenza n. 9137/02/19).
Sennonchè qui arriva una cattiva notizia per Lei, gentile Lettore. Infatti, proprio sulla medesima questione si è invece pronunciata la Commissione Tributaria Provinciale - CTP Milano, Sez. 2^ con sentenza 421/01/20 del 31.1.2020, la quale ha sconfessato l’orientamento consolidato, ritenendo non valutabili congiuntamente le due situazioni giuridiche dell’Euroritenuta e della V.D. (frutto di momenti storici e decisioni diverse) ed affermando l’esclusione dal beneficio per i redditi non dichiarati a suo tempo.
È pur vero che si tratta di una pronuncia di primo grado ma non è un buon segnale. Speriamo resti isolato.

Ravvedimento operoso
E chi non ha aderito alla V.D.?
Beh chi no è stato così avveduto da regolarizzare la sua posizione fiscale come ha fatto Lei, oggi corre un rischio concreto di pagare non solo quanto dovuto ma ben di più a titolo di sanzioni ed interessi.

Si tratta infatti di soggetti diversi che in precedenza si erano, per un motivo o per l’altro, sottratti agli obblighi impositivi del fisco italiano (salvo quanto pagato a titolo di Euroritenuta, come detto).
Ebbene se tra costoro ve ne sono alcuni che hanno ricevuto richieste da pare della loro banca svizzera, è opportuno che ne parlino subito con il loro consulente fiscale di fiducia.
La richiesta riguarda il periodo tra il 23.2.2015 (data della firma del Protocollo integrativo della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Svizzera) ed il 31.12.2016 (data ultima prima dell’avvento dello scambio automatico di informazioni)

Resta percorribile il ricorso al ravvedimento operoso (ed oneroso), purchè esso venga attuato prima della formale conoscenza da parte del contribuente italiano di un atto del procedimento dell’amministrazione fiscale italiana.
Con il pagamento del debito verrebbero meno anche una serie di reati penali tributari, e dunque il beneficio è certamente interessante.
L’eventuale sussistenza di episodi di autoriciclaggio (dopo il 2015) dovrà essere valutata caso per caso, in base all’utilizzo che è stato fatto delle somme evase.

Conclusioni
In definitiva, nessuna sarà obbligato a pagare tre volte, gentile Lettore.
Capisco, però che, ciononostante, la risposta possa non essere pienamente soddisfacente per Lei, ma essa corrisponde allo stato dell’arte attuale e dobbiamo farcene una ragione.
Un’incertezza ulteriore in un periodo di grandi incertezze. Un cordiale saluto a tutti.

(Avv. Markus W. Wiget)