Rinunciare all’auto privata diventa… un’abitudine

Nelle grandi città svizzere, l’auto privata è posta in concorrenza con i sistemi di trasporto alternativi. Leader in questo settore, Berna autorizza la costruzione di immobili senza parcheggi. Ginevra non è ancora a questo punto, ma le mentalità stanno evolvendo.

Ogni anno una parte degli Svizzeri rinuncia alla propria vettura privata. A Berna, città faro dei trasporti pubblici, alcuni quartieri contano una maggioranza di nuclei familiari senza auto. È il caso, ad esempio, nel quartiere di Mattenhof-Weissenbühl dove questa proporzione ha raggiunto quasi il 70%. Nel 2015, la media bernese si stabiliva al 56,8%, «ma questa cifra supera probabilmente ora il 57%», si rallegra la municipale Ursula Wyss, responsabile delle opere pubbliche, dei trasporti e delle aree verdi della città di Berna.

Questo cambiamento ha avuto luogo anche a Basilea (52,1 %) e Zurigo (52,8%). Ginevra, che è alle prese con notevoli problemi di traffico, si trova in coda al plotone delle grandi città (41%). Di fatto, la città storica del Salone dell’auto «segue la stessa tendenza, ma con 20 anni di ritardo», commenta Vincent Kaufmann, professore di sociologia urbana presso il Politecnico federale di Losanna. La città di Ginevra ha registrato una crescita di questa cifra di oltre dieci punti in dieci anni. Losanna, che come Ginevra ha vissuto dopo gli anni sessanta una svolta verso l’automobile, segue la stessa curva.

Il simbolo del miracolo economico sta perdendo la sua importanza in tutta Europa. «15 anni fa i giovani associavano l’automobile alla libertà. Guidare significava emanciparsi. Oggi, trovano questa libertà su Internet e sui socialmedia che, per loro, costituiscono un mondo tangibile», ribadisce Vincent Kaufmann, che dirige il «Forum vies mobiles», una fondazione sostenuta dalle ferrovie francesi (SNCF). L’equilibrio si sta in realtà spostando verso una diversa mobilità, ritiene Sébastien Munafò, che dirige l’ufficio di studi ginevrini sulla mobilità 6t. Da un lato, i costi legati all’auto nonché il suo prezzo sono aumentati. Dall’altro, le alternative all’auto sono evolute. Il cittadino ha ora accesso al Car Sharing e a vetture di trasporto con conducente (VTC). Opta sempre di più per i trasporti pubblici, la bici elettrica, ma anche per le due ruote motorizzate di cui Ginevra è la capitale. «Questo fa in modo che sempre più cittadini, ma anche pendolari, preferiscano questo tipo di mobilità pratica ed economica ad un’auto privata il cui costo è pesante», commenta Sébastien Munafò.

Questa tendenza si osserva meno nelle città che hanno meno di 100’000 abitanti, ciò che «crea un divario tra città e campagna, dove possedere diverse automobili per economia domestica è prassi corrente», ribadisce Vincent Kaufmann.

I Bernesi hanno fiducia nei loro trasporti pubblici
Le collettività che desiderano sgravare lo spazio pubblico devono creare degli incentivi. Ed è ciò che succede a Berna. Gli studenti e le persone anziane non hanno l’auto. Per gli altri, le famiglie in particolare, la scelta di rinunciare alla vettura è una questione di fiducia. A Berna, si sa che è possibile trovare una vettura Mobility proprio davanti alla porta di casa, riferisce Ursula Wyss. Inoltre, i Bernesi dispongono di trasporti pubblici di alta qualità. «È la sola città della Svizzera dove gli abitanti mettono i trasporti pubblici in cima alla lista delle cose a cui tengono di più per la loro città», si rallegra la municipale socialista citando un recente sondaggio.

Una volta conquistata questa posizione, le autorità possono azionare uno dei fattori chiave della mobilità dolce: la limitazione del numero di parcheggi. La città di Berna intende sopprimere nei prossimi anni la metà delle sue 12’000 aree di parcheggio pubblico. Secondo Wyss, i posti auto da ridurre si trovano in particolare sui marciapiedi, dove interferiscono con le persone con disabilità. Anche i parcheggi lungo i binari del tram sono da eliminare, in quanto considerati pericolosi.

I parcheggi privati sono un tassello importante. Berna concede quindi permessi di costruzione per gli immobili in affitto senza posti auto. A Ginevra, esiste «una tensione politica molto forte quando un progetto diminuisce i posti auto in città o cerca di aumentarli», spiega Karen Troll, portavoce del Dipartimento delle infrastrutture. «È un conflitto di interessi, ritiene Damien Bonfanti, sindaco verde del comune di Lancy (GE). Gli automobilisti vogliono conservare i loro privilegi mentre ciò frustra un’altra parte della popolazione». Il politico sostiene la costruzione di immobili senza posti auto, dal momento che nelle vicinanze il loro numero è sufficiente e che gli alloggi sono ben serviti dai trasporti pubblici. Damien Bonfanti rileva anche i costi generati dai parcheggi sotterranei. Queste costruzioni valgono circa 50000 franchi per unità e comportano notevoli scavi.

Altro difetto di questo urbanismo sotterraneo è che esso impedisce di piantare alberi in piena terra. Ma i piani di quartiere presuppongono ancora un elevato livello di motorizzazione. È il caso ad esempio alle Allières, quartiere vicino alla nuova stazione delle Eaux-Vives, dove si stanno costruendo 400 appartamenti con 409 posti auto. «Bisogna anticipare i cambiamenti urbani. Del resto, i promotori stessi chiedono di poter costruire meno posteggi nel sottosuolo, poiché rimangono vuoti», afferma Caroline Marti, vice-presidente della sezione ginevrina dell’Associazione trasporti e ambiente. Essa ha inoltrato una mozione che chiede la realizzazione di un quartiere pilota senza automobili. Segno dei tempi, questa proposta ha perfino raccolto il sostegno di politici del PLR.

Una grande svolta a Ginevra
Di fronte alla richiesta di un minor numero di auto in città, la sezione ginevrina del Touring Club Svizzera (TCS) mobilita tutti i mezzi disponibili. Con un referendum, il TCS si è battuto contro una modifica di legge volta ad allentare l'obbligo di mantenere i posti auto. Il 27 settembre 2020 il popolo ginevrino ha approvato la modifica della legge. Autorizza quindi di fatto l'eliminazione di 4000 posti auto, in particolare a favore delle piste ciclabili. Gli svizzeri utilizzano ancora l'auto per il 50 percento dei loro viaggi e per il 65 percento dei chilometri percorsi - anche se i modelli dei veicoli stanno diventando sempre più grandi e pesanti...

Stéphane Herzog

Protesta alla ginevrina: alcuni cittadini hanno gettato della sabbia su una strada di quartiere per giocare a bocce invece di parcheggiare le auto. Ginevra è la città svizzera che possiede la maggior densità di automobili. Foto Keystone

La consigliera municipale Ursula Wyss inaugura un servizio di noleggio biciclette. A Berna, oltre la metà delle famiglie non possiede più un’auto. Foto Keystone

Automobili sulla strada, auto sopra la strada: l’automobile a Ginevra è molto più presente rispetto al resto della Svizzera. Foto Keystone

Il successo del car-sharing

Il fatto che sempre più famiglie nelle città svizzere se la cavano senza la propria auto ha anche a che fare con la società di car sharing Mobility. L’impresa punta ora sull’elettrico.

Nelle città svizzere, i clienti della società cooperativa di car-sharing Mobility trovano sempre nelle immediate vicinanze un’automobile. L’applicazione Mobility indica loro il veicolo libero più vicino, che si può riservare in pochi secondi, aprire con un badge, utilizzare e in seguito riportare al luogo di partenza al termine della riservazione. La fattura viene allestita in base ai chilometri percorsi e alla durata di utilizzo.

Questo modello commerciale ha fatto di Mobility il n° 1 del mercato del car-sharing in Svizzera. Il numero dei suoi clienti e la dimensione della sua flotta aumentano costantemente. «Non vogliamo limiti alla crescita di Mobility», afferma Patrick Eigenmann, portavoce della cooperativa. Se l’idea di condividere l’auto sembrerebbe evidente nell’era degli smartphone, sono state necessarie decine di anni affinché essa si imponesse. Le sue radici risalgono al XX secolo, quando nessuno parlava ancora di Internet e degli smartphone. Nel 1987, il nidvaldese Conrad Wagner, che più tardi divenne un politico per i Verdi e un consulente in mobilità, ha fondato con alcuni amici a Stans l’«Auto Teilet Genossenschaft» (ATG). La flotta originale era composta da una Opel Kadett (con catalizzatore) e da una moto Honda 125cc. I giovani pionieri del car-sharing della Svizzera centrale sono stati spesso derisi e hanno avuto difficoltà a trovare un assicuratore disposto a stipulare una polizza per più proprietari della stessa auto.

Ma la cooperativa ATG ha preso piede ed ha fusionato nel 1997 con la sua concorrente zurighese ShareCom diventando in seguito Mobility. Forte dei suoi 760 veicoli e di 17000 membri, la nuova cooperativa si è in seguito estesa a tutto il mercato svizzero. Oggi, Mobility possiede oltre 220000 clienti e più di 3000 veicoli, per la maggior parte di color rosso vivo, in oltre 1500 località.

Il successo di Mobility può essere compreso solo da coloro che tengono conto dei principali fattori di sviluppo in Svizzera: la crescita degli agglomerati urbani sull'Altopiano svizzero e l'espansione del trasporto pubblico, fortemente sostenuta dal settore pubblico. «Il 70% delle nostre postazioni si trova nelle città o negli agglomerati urbani, e la metà dei nostri clienti vive in una delle otto principali città del paese», spiega Patrick Eigenmann. Il car-sharing funziona particolarmente bene in interazione con i trasporti pubblici, che nelle città sono molto ben serviti, per alleggerire la rete stradale.

Nel suo percorso verso il successo, la cooperativa Mobility si è allontanata dall’immagine «ecologico-alternativa» che aveva all’inizio. È perfino andata oltre: nel 2013 ha lanciato una gamma premium di berline fuoristrada ad alto consumo di carburante che ha suscitato critiche anche tra la propria clientela. Dopo che la richiesta di questo tipo di veicoli non ha avuto successo, Mobility ha rapidamente abbandonato questo tentativo. Oggi, essa verte sull’ecologia: entro il 2030, Mobility intende avere nella propria flotta, attualmente essenzialmente composta da vetture benzina e diesel, unicamente delle auto elettriche.

Alcuni mesi fa, la cooperativa ha fatto calcolare il proprio impatto nel settore della sostenibilità. Se Mobility non esistesse, conclude lo studio, circolerebbero sulle strade svizzere 35500 vetture in più. Pur se impressionante, esso rimane per il momento una goccia d’acqua nell’oceano rispetto ai 4,6 milioni di veicoli privati che conta la Svizzera.

Jürg Steiner
Giornalista e consulente di redazione presso la «Berner Zeitung».

Un’immagine oggi familiare nelle città svizzere: le auto rosse della società cooperativa di car sharing Mobility. Foto DR