Tra libertà e vincoli: voto sul divieto del burqa

Il velo che copre il viso dovrebbe essere vietato a livello nazionale?
Il popolo svizzero si pronuncerà in marzo su un’iniziativa che ne chiede il divieto.
La proposta è un ottimo esempio della democrazia diretta in Svizzera.
Durante la campagna, molti sguardi sono rivolti al Ticino.

In Svizzera, il Ticino è stato un pioniere quando si è trattato del divieto di dissimulare il viso. È il primo cantone ad aver accettato chiaramente (65,2% di sì), nel settembre 2013, un’iniziativa popolare che prevedeva il divieto di dissimulazione del viso. Anche se in realtà l'iniziativa è stata lanciata per vietare l'uso del burqa o del nikab e quindi contrastare l'islamizzazione, la modifica della legge ticinese sulla polizia ha infine considerato tutte le maniere per nascondere il viso. I manifestanti e gli hooligan ticinesi non hanno più il diritto di farlo, poiché la legge è entrata in vigore il 1° luglio 2016.

Dietro l’iniziativa c’era il politico indipendente Giorgio Ghiringhelli, che oggi ha 67 anni. Come aveva confidato a «Gazzetta Svizzera», questo ex giornalista era preoccupato di fronte all’«islamizzazione dell’Europa». Gli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti sono stati l’elemento scatenante del suo attivismo: «In seguito ho letto i libri di Oriana Fallaci sull’islam e questo mi ha provocato una specie di elettrochoc.» Nel 2010, egli ha lanciato una petizione che chiedeva l’introduzione del divieto di dissimulare il viso e, poco dopo, un’iniziativa popolare cantonale, sul modello del divieto adottato in Francia. Il suo progetto è stato respinto dal parlamento cantonale con la motivazione che si tratta di un «non-problema», poiché non vi erano praticamente mai donne con il velo integrale negli spazi pubblici in Ticino.

Ma Ghiringhelli, uomo tenace, non ha ritirato la sua iniziativa, ribadendo che sia meglio «prevenire che curare». Per lui, il niqab simbolizza l’oppressione delle donne. La maggioranza del popolo ticinese lo ha seguito. Giorgio Ghiringhelli sperava anche in un effetto domino. Quest’ultimo è avvenuto: il 1o gennaio 2019, anche il Canton San Gallo ha vietato il velo sul viso con una votazione popolare (66,7% di sì). Un progetto analogo era invece fallito nel 2017 nell’ambito della Landsgemeinde del canton Glarona: il popolo chiedeva allora una soluzione globale a livello nazionale invece di un divieto cantonale.
Una soluzione applicabile in tutta la Svizzera, è quanto prevede l’iniziativa popolare «Sì al divieto di dissimulare il proprio viso», che riprende quasi parola per parola il testo di legge ticinese. L’iniziativa è stata depositata nel 2017, con 105 000 firme valide e sarà sottoposta in votazione popolare il 7 marzo 2021. Essa è opera del comitato di Egerkingen attorno al consigliere nazionale lucernese Walter Wobmann, dell’Unione democratica di centro. Nel 2019, questo comitato è riuscito a far passare la sua iniziativa contro i minareti, un progetto di cui si è discusso in tutto il mondo poiché vieta qualsiasi costruzione di minareti in Svizzera.

Il Consiglio federale e il Parlamento respingono a maggioranza l’iniziativa per il divieto di dissimulare il viso, poiché secondo loro infrange l’autonomia dei cantoni. Essi sottolineano inoltre che in Svizzera pochissime donne portano il burqa e il niqab. Secondo le stime della Confederazione, nel paese vivono tra 95 e 130 donne integralmente velate.

I dibattiti sul divieto di coprire il viso con il velo ruotano principalmente attorno a temi religiosi, di diritti delle donne e del diritto all’autodeterminazione, della problematica delle prescrizioni sull’abbigliamento e del ruolo dell’islam nella società. Ma anche gli argomenti economici svolgono un ruolo. Si cita ad esempio l’impatto negativo di questo divieto sul turismo. Le regioni che ospitano una clientela proveniente dal mondo arabo sarebbero sfavorite. In occasione del dibattito in Parlamento, la ministra della giustizia, Karin Keller-Sutter, lo ha precisato: «Fare un’eccezione per il turismo non sarebbe possibile.»

Le esperienze maturate finora in Ticino dimostrano che sono state inflitte solo poche multe alle donne che indossano il velo. La maggior parte di queste multe sono stati inflitte a Nora Illi, controversa rappresentante del Consiglio centrale islamico svizzero, che ha deliberatamente provocato queste contravvenzioni per protestare contro la nuova legge. La svizzera convertitasi all’islam è deceduta nel marzo 2020. Nel canton San Gallo, la polizia cantonale afferma che non è stata inflitta neanche una multa per violazione del divieto del velo.

La polizia ticinese dispone di schede informative in arabo e inglese che fanno riferimento al codice di abbigliamento. Tuttavia, alcune turiste hanno aggirato il divieto indossando mascherine mediche al posto del velo, poiché sono ormai onnipresenti a causa della pandemia di Coronavirus. Questo è stato notato presso la "Swissminiatur", che i turisti arabi amano visitare. Ma l'impatto complessivo sul turismo sembra minimo. "Per noi, il cosiddetto divieto del burqa non ha avuto alcun impatto", dice Giuseppe Rossi, direttore del lussuoso hotel a cinque stelle Splendide Royal sul lungolago di Lugano. Dopo l’introduzione del divieto, la proporzione di arabi nella clientela è rimasta costante.

Lo scorso anno, gli ospiti provenienti dagli Stati del Golfo hanno generato 32'000 pernottamenti in Ticino, pari ad appena l'1,7 per cento del totale degli ospiti. Tuttavia: tra il 2015 e il 2019 il Ticino ha registrato un calo di circa il 28 per cento dei pernottamenti dei turisti provenienti dagli Stati del Golfo. "L'impatto esatto della decisione di vietare il velo sul turismo in Ticino è difficile da valutare, in quanto solo una piccola parte di questi ospiti indossava un burqa o un nikab", nota Ticino Turismo. Il calo del numero di ospiti non è da attribuire alla nuova legge, bensì alla crisi tra il Qatar e il Consiglio di cooperazione del Golfo e ai collegamenti aerei meno adeguati con l’Europa che ne sono derivati.

Tuttavia, le destinazioni turistiche che accolgono una grande proporzione di clienti dal mondo arabo sono un po’ diffidenti nei confronti di un eventuale divieto. È quanto risulta da una tavola rotonda sull’iniziativa per il divieto di dissimulare il viso che ha avuto luogo a Interlaken nel mese di gennaio 2017. Secondo un articolo della stampa locale, il vicedirettore dell’ufficio del turismo di Interlaken, Stefan Ryser, aveva a quel tempo affermato: «I cittadini dei paesi del Golfo sono ottimi clienti. Essi soggiornano in media cinque notti e generano una buona cifra d’affari.» Secondo lui, le agenzie di viaggio di questi paesi prendono molto sul serio le discussioni sul proibizionismo di indossare il velo. Anche gli albergatori hanno comunicato che la clientela europea è piuttosto a disagio in presenza di donne integralmente velate, ad esempio nella sala della colazione. Nella regione di Interlaken, i clienti provenienti dai paesi del Golfo e degli Emirati arabi uniti hanno generato lo scorso anno 92000 pernottamenti, ossia l’8,6% di tutti i pernottamenti. Anche qui, questa cifra è in calo. Nel 2015, questa clientela generava ancora 120000 pernottamenti, ossia una quota totale del 13,1%.

Gli esperti di turismo non prendono posizione sul divieto di dissimulare il viso. L’organizzazione turistica di Interlaken (TOI) dichiara di essere politicamente e confessionalmente neutra. «Ciò significa anche che non distinguiamo i nostri clienti in funzione della loro razza e della loro religione. A Interlaken, tutti i turisti sono benvenuti», nota Christoph Leibundgut, portavoce del TOI. A ciò va aggiunto il fatto che a seguito degli effetti devastanti della pandemia di coronavirus sul turismo, il problema del velo integrale sembra piuttosto secondario in questo momento.

Giorgio Ghiringhelli, intanto, può gioire. Il ticinese è partito tutto da solo, ma grazie a mezzi democratici ha già innescato un'intensa discussione a livello federale - indipendentemente dall'esito della votazione di marzo.

Gerhard Lob è giornalista
indipendente in ticino

A Ginevra, una turista con il velo nelle vicinanze di un gruppo folcloristico svizzero: è questo il genere di incontri che il comitato di Egerkingen vuole vietare. Foto Keystone (2015)

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