“Tutti abbiamo bisogno di radici e di un’identità”

Intervista della Gazzetta ad Ignazio Cassis, Consigliere federale a capo del Dipartimento degli affari esteri

Consigliere federale Ignazio Cassis, come sta vivendo il suo compito di Consigliere federale di lingua italiana?
Con molta riconoscenza per l’opportunità che mi è stata data di entrare in Governo e di riportarvi, dopo un ventennio di assenza, la Svizzera di lingua italiana. Nella funzione di Consigliere federale ogni giorno è una nuova sfida. Il sistema svizzero è al contempo incredibilmente stabile ma anche complesso, un po’ come il meccanismo di un orologio… svizzero. Dal 1848 ad oggi il funzionamento del Governo elvetico è sempre rimasto lo stesso. A cambiare sono, di tanto in tanto, i singoli ministri. Ognuno dei 7 consiglieri federali è un settimo di “Primo ministro” e nella stanza dei bottoni è rappresentato l’intero spettro politico, dalla sinistra alla destra. Ognuno di noi dirige il proprio Dipartimento ma interviene anche nei dossier degli altri. È un grande privilegio poter leggere il nostro Paese da quest’osservatorio.

Lei ha sempre affermato che la Svizzera ha bisogno che nella stanza dei bottoni ci sia una figura che parli e pensi in italiano. Per quale ragione?
La mescolanza linguistica è mescolanza culturale. L’approccio ai problemi varia secondo le sensibilità e i valori legati a una cultura specifica. La pluralità delle idee nasce da questa mescolanza. Sono persuaso, indipendentemente dalla mia persona, che la presenza delle principali culture svizzere nell’esecutivo federale sia un grande vantaggio. Migliora l’articolazione della discussione e porta a risultati maggiormente rappresentativi dell’intero Paese, capaci quindi di raccogliere un più ampio consenso – indispensabile in una democrazia diretta. Infine, ritenuto che le tre culture principali sono anche quelle dei Paesi che ci circondano, possiamo più facilmente dialogare con i Paesi confinanti.

Da sempre dipendente da buoni contatti con l’estero, la Svizzera ha aperto molti fronti nella politica estera. Ma l’impressione è che gli altri Stati siano sempre più ostici nelle trattative e meno predisposti a concedere buone condizioni alla Svizzera. Stiamo perdendo amici a livello internazionale?
La Svizzera gode tuttora di un’ottima reputazione sul piano internazionale. È considerata un partner solido e affidabile. Alcune nostre caratteristiche – come la cultura democratica e il sistema di formazione professionale – destano molto interesse. La nostra politica estera – basata sui principi di neutralità e solidarietà – ci permette di giocare un ruolo apprezzato anche in contesti difficili: penso per esempio ai diversi mandati di protezione che la Svizzera svolge tra Paesi in conflitto. Ma non possiamo dormire sugli allori. Come i rapporti tra persone, anche quelli tra Paesi - soprattutto con quelli più vicini - vanno curati. Il nostro ruolo nel continente europeo e in particolare la nostra relazione con l’UE evolvono continuamente. La politica estera serve a far valere nel miglior modo possibile gli interessi – siano essi di tipo economico o umanitario – del nostro Paese e dei suoi abitanti. In ultima istanza lavoriamo per un mondo stabile, pacifico e prospero.

A capo del Dipartimento degli esteri sul suo tavolo vi sono anche i temi da risolvere tra la Svizzera e l’Italia. Quali sono i nodi centrali da sciogliere e come si spiega che alcuni temi non si sbloccano?
Innanzitutto non dobbiamo mai dimenticare la ricchezza dei nostri legami con l’Italia: rapporti economici, culturali, scientifici e umani ci legano da sempre. Basti pensare che in Svizzera vivono 320‘000 cittadini italiani, la più grande comunità straniera nel paese. Oppure che dopo la Germania e gli Stati Uniti d’America, l’Italia è il nostro terzo più importante partner economico: la sola Lombardia ha la stessa importanza di tutta la Cina! I nodi da sciogliere vanno contestualizzati in questo quadro globalmente positivo. Si tratta soprattutto di nodi legati alla crisi economica italiana, che ha messo sotto pressione il mercato del lavoro ticinese, perché il nostro territorio è geograficamente immerso nel Nord Italia.
Nel 2015 la Svizzera ha trovato una soluzione con l’Italia per quanto riguarda la fiscalità dei lavoratori frontalieri: ma l’accordo siglato attende tuttora la firma del Governo italiano, malgrado numerosi incontri e tanta buona volontà. Come si spiega? In buona parte con i molti cambiamenti politici avvenuti in Italia. L’assetto politico è stato nuovamente modificato dalle recenti elezioni europee, perciò torneremo alla carica. Intanto cerchiamo però anche soluzioni alternative sul piano tecnico.

La Gazzetta Svizzera si rivolge agli Svizzeri all’estero, una comunità importante che vive tradizioni svizzere in tutto il mondo. Perché questa comunità dovrebbe anche interessarsi alla politica elvetica?
Perché la Svizzera è anche loro, e perché giustamente si attendono che funzioni bene quando ne hanno bisogno. Penso ai vari servizi, come quelli consolari, che eroghiamo all’estero. E poi perché ognuno di noi necessita di radici e di un’identità. Il mio messaggio è quindi: “Siate portatori di Svizzera in Italia, e di Italia in Svizzera!”.

Economicamente per la Svizzera la Lombardia ha la stessa importanza della Cina

Intervista: Gazzetta svizzera

Biografia:

1961, nasce il 13 aprile. Nel 1992 si sposa con Paola Rodoni.

1998, consegue l’abilitazione quale medico FMH in medicina interna e prevenzione

1996-2008,
svolge la funzione di medico cantonale

2007,
subentra alla carica di Consigliere nazionale per il PLR e viene confermato in elezione lo stesso anno. Nei suoi 9 anni da Consigliere nazionale è tra le altre cose membro della Commissione sanità e socialità, Presidente della Delegazione AELS/UE, Copresidente del gruppo Italianità, vicepresidente dei gruppi parlamentari Svizzera – Polonia e Svizzera – Israele

2017,
il 20 settembre viene eletto alla carica di Consigliere federale con 125 voti ed assume la direzione del Dipartimento federale degli affari esteri. Succede a Didier Burkhalter. Dal 1999 la Svizzera italiana non era più rappresentata in Consiglio federale.