Un 2023 politicamente decisivo: i grandi temi politici che attendono gli svizzeri (all’estero)

Come ogni anno, Gazzetta prova ad anticipare alcune delle tematiche che verosimilmente caratterizzeranno i titoli dell’attualità politica svizzera. L’anno da poco cominciato promette molto: tante sfide, varie votazioni e un appuntamento elettorale in autunno.

Iniziamo dalla domanda che contraddistinguerà il dibattito politico del 2023. Il grande appuntamento dell'anno politico 2023, le elezioni federali del 22 ottobre, confermeranno “l’onda verde” che, iniziata in occasione delle elezioni nazionali 2019, da qualche anno sta spostando gli equilibri elettorali anche nei cantoni? Secondo il primo barometro elettorale della SRG, la stabilità dei vari partiti non dovrebbe subire contraccolpi in questo periodo di crisi. Ma questo non sorprende. Anche in tempi di “grandi cambiamenti”, in Svizzera si parla di pochi punti percentuali guadagnati o persi dai partiti. Secondo il sondaggio possono dormire sonni un po’ più tranquilli i Verdi liberali e il Partito liberale radicale (PLR), mentre i Verdi potrebbero perdere qualche seggio sotto la cupola di Palazzo federale.

Chi siederà per i prossimi 4 anni sotto la cupola federale? Lo decide il popolo il 22 ottobre 2023.

Il clima resta una preoccupazione

Le attuali letture dei politologi sembrerebbero quindi indicare che l’onda verde stia perdendo un po’ di slancio: non così la preoccupazione della popolazione in relazione alla crisi climatica. In questo contesto susciterà sicuramente interesse l’impostazione che il nuovo responsabile del dossier a livello federale – il Consigliere federale Albert Rösti, capo del Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni (DATEC) – vorrà dare. Quale esponente dell’Unione Democratica di Centro – che aveva lanciato con successo nel 2021 il referendum contro la nuova legge sul CO2 – verosimilmente modificherà alcuni paradigmi che la socialista Simonetta Sommaruga aveva stabilito nella lotta a favore della protezione dell’ambiente. Sebbene gli ambienti verdi e di sinistra siano preoccupati, Rösti difficilmente potrà fare ciò che vuole e dovrà trovare un'intesa con gli altri membri del Consiglio federale. Resta comunque il fatto che la carne al fuoco in tema di protezione del clima è ancora molta e il margine di manovra nel dipartimento non è differente. Sulla scena internazionale Albert Rösti dovrà difendere l'impegno della Svizzera ad abbandonare i combustibili fossili.

E l’energia atomica? Il popolo ne ha previsto l’abbandono dopo Fukushima 2011. Vi sarà un ritorno di… fiamma di questa tecnologia?

Il tema sempreverde: le relazioni con l’Unione Europea

Sono ormai anni che la politica estera della Confederazione, di principio dinamica e proattiva con tutte le regioni del mondo, resta impigliata nel dossier europeo. Su questo punto Ignazio Cassis, il ticinese alla guida del Dipartimento degli affari esteri, non ha fatto grandi passi dalla sua entrata in carica nel 2017. Da qualche tempo la via scelta dal Consiglio federale prevede l'"approccio a pacchetto", un'opportunità secondo la Confederazione per risolvere il futuro degli accordi bilaterali su base settoriale, cioè di volta in volta. Dopo l’abbandono delle trattative nel 2021 sull’accordo quadro istituzionale, Berna e Bruxelles si sono temporaneamente allontanate. Nel frattempo si sono svolti con una delegazione della Commissione europea una serie di colloqui esplorativi con l’obiettivo di preparare un nuovo round di negoziati entro la metà del 2024, quando la Commissione europea sarà rinnovata. I punti su cui le due parti continuano a divergere nei loro punti di vista sono però questioni istituzionali fondamentali, come la risoluzione delle controversie, gli aiuti di Stato, la tutela dei salari e la libera circolazione delle persone.

In termini di politica estera generale, l'immagine della Svizzera all'estero è senz’altro ancora positiva, anche se temi come la neutralità, vengono viepiù considerati critici all'estero. Far capire il ruolo e la neutralità della Svizzera sarà una delle sfide anche in seno al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, dove la nostra nazione siederà per la prima volta dal 2023. Un'altra sarà quello di portare avanti una diplomazia di successo in questo organismo, che è regolarmente bloccato dai veti di Russia e Cina.

La relazione con l’UE: un tema sempreverde con pochi passi avanti. Vi sarà una svolta nel 2023?

L’Ucraina, la crisi energetica e le sfide di una (forse) recessione?

La guerra in Ucraina ha portato una nuova dinamica nelle relazioni tra Stati e nello spostamento di equilibri. Anche in termini di migrazione; nel solo mese di settembre, la Svizzera ha registrato 2'700 domande d'asilo, il numero mensile più alto dalla crisi dei rifugiati africani del 2015/16. Con oltre 70'000 persone rifugiate provenienti dall'Ucraina che hanno richiesto lo status di protezione S entro la fine del 2022, il sistema svizzero d'accoglienza raggiunge i suoi limiti. L’economia ha giocato un suo ruolo, cercando di integrare una parte dei rifugiati grazie a regole di integrazione facilitate.

L’instabilità politica si ripercuote però su tutta l’economia mondiale, attualmente sull’orlo di una recessione. L’economia svizzera, di principio è particolarmente resistente anche in fase di crisi e turbolenze. Tuttavia, essendo strettamente interconnessa con il resto del mondo, un’eventuale recessione si rifletterebbe sull’industria d’esportazione elvetica. In generale, anche senza questi fattori “esterni”, le imprese svizzere sono confrontate ad un franco forte (nel corso del mese di novembre questo ha raggiunto il suo massimo storico), e una forte carenza di manodopera specializzata.

I conti pubblici: un tema anche in Svizzera?

L’andamento economico si riflette, come ovunque, direttamente sui conti pubblici. Per Karin Keller Sutter, la nuova responsabile delle finanze, resterà una sfida stabilizzare i conti pubblici, reduci dalla pandemia che ne ha limitato le entrate e aumentato massicciamente le uscite. Attualmente sono in discussione politica numerosi progetti, ancora non finanziati, ad esempio l'idea di un nuovo contributo federale per l'assistenza all'infanzia, la tassazione individuale o nuovi sussidi al trasporto merci. Ma, a causa (o grazie) al freno dell’indebitamento nel bilancio attuale non c'è margine per nuovi compiti. E proprio questo freno all’indebitamento torna nel dibattito politico ogni volta che il bilancio federale non è sufficiente per tutto ciò che si vorrebbe. Difficilmente ci saranno però maggioranze per abolire uno strumento che dalla fine degli anni ‘90 ha garantito alla Confederazione finanze in equilibrio, contrariamente alla maggior parte degli Stati europei. Oggi però, il tema dei conti pubblici è scritto in grassetto anche in Svizzera, soprattutto dopo che la Banca Nazionale Svizzera ha registrato forti perdite nel 2022 e non verserà dunque gli “abituali” contributi a Confederazione e cantoni.

Un punto centrale per mantenere i conti in equilibrio e non perdere sostanza fiscale resta la riforma fiscale che le nuove regole dell’OCSE impongono. L’applicazione della riforma fiscale decisa dall'OCSE è inevitabile. Con essa, le grandi aziende attive a livello internazionale saranno assoggettate ad un’aliquota minima del 15%. Il Consiglio federale e il Parlamento non vogliono rinunciare alle nuove entrate fiscali e vogliono quindi applicare velocemente e a livello nazionale per tutti i Cantoni l’imposizione minima dell’OCSE. Infatti, se la Svizzera non recepisse la riforma fiscale, altri paesi potrebbero chiamare alla cassa le aziende attive sul suolo elvetico. Importanti entrate fiscali andrebbero perse, facendo fuggire all’estero milioni. Dal momento che la riforma impone una modifica della Costituzione scatta il referendum obbligatorio. La popolazione sarà chiamata a votare su questo oggetto nel corso del mese di giugno.

Angelo Geninazzi

I conti floridi della Confederazione appartengono al passato? No, il freno all’indebitamento fissa regole strette, ma è necessario fissare priorità.