Una piccola nazione, grande così

Tra i lettori in territorio italiano qualcuno ricorderà il “derby” del 16 di luglio in cui la Svizzera ha lasciato sconsolata il campo dopo aver incassato un netto 3-0 dall’Italia. Una partita deludente che ha suscitato tra i tifosi e la stampa aspre critiche nei confronti di giocatori, allenatore e staff tecnico della “Nati”. Ma da lì in poi è stato tutto un crescendo di impegno, risultati ed emozioni.

È stato un giugno di passione per i tifosi svizzeri: dopo un inizio di Europeo tutt’altro che esaltante, la Svizzera si è qualificata agli ottavi di finale vincendo contro la Turchia. Il proibitivo compito che è spettato alla Nati nella fase ad eliminazione era battere la Francia: una potenza del calcio e campionessa mondiale in carica. È stata probabilmente la partita più emozionale di sempre con la Svizzera presto in vantaggio (1-0 al 15mo minuto) per finire sotto 3 a 1 a soli 10 minuti al termine. Quando ormai tutti si erano rassegnati è arrivato l’uno-due svizzero che ha riportato il confronto in parità, ai supplementari e infine ai rigori. Il portiere e capitano della nazionale – e per molti l’idolo della squadra – Yann Sommer ha parato il rigore decisivo contro Mbappé, siglando un successo inatteso, che vale bene una pagina di storia.

Chi di rigore punisce di rigore perisce
Il primo quarto di finale della Svizzera dal 1954 ha visto la nazionale opporsi alla Spagna. Una partita giocato ad alto livello. Gli iberici sono stati portati fino ai rigori prima di, questa volta, uscire sconfitti da questo particolare esercizio. I giocatori sono però stati accolti in Svizzera con molto entusiasmo. Nel frattempo l’allenatore della nazionale Petkovic ha scelto di allenare il Bordeaux. Il nuovo volto alla guida della “Nati” è Murat Yakin. Lo vedremo all’opera l’anno prossimo quando in cartellone ci sono i mondiali.

È iniziato male l’Europeo della Svizzera: titoli critici dopo la sconfitta con l’Italia

Un’immagine dei molti caroselli in tutte le città dopo la vittoria con la Francia. Qui la Langstrasse a Zurigo.

Per i nostri colori, storiche anche le Olimpiadi a Tokio

A poche settimane dalle emozioni calcistiche, le Olimpiadi – anch’esse come gli Europei posticipati l’anno scorso a causa del COVID – hanno regalato soddisfazioni elvetiche ben oltre le più rosee aspettative. «Tokyo 2020» è un passaggio epocale nello sport svizzero: 13 medaglie e 24mo posto nel medagliere. Era dal 1952 che la Svizzera non figurava così bene alle Olimpiadi estive.

A farla da padrone sono state soprattutto le donne che hanno conquistato 10 delle 13 (!) medaglie svizzere. Molte di loro, in giovane età, saranno presenti anche a Parigi 2024: l’orizzonte per lo sport elvetico è promettente. È questo il risultato di un impegno a più livelli e un generale miglioramento delle condizioni quadro per le donne nello sport di alto livello. Secondo Ralph Stöckli, capo delegazione di Swiss Olympic il risultato è rappresentativo anche dell’ottimo lavoro fatto dalle federazioni sportive e del fatto che l’afflusso di fondi nello sport d’élite sta aumentando. Al contempo l’ex bobbista invita alla modestia: «Sono necessari ulteriori sforzi per assicurare che il successo registrato in Giappone sia sostenibile a lungo termine», afferma. Particolarmente prestigiosi sono i risultati in due degli sport di punta dei giochi olimpici: atletica e nuoto. Con Kambundji e Del Ponte hanno raggiunto la finale dei 100 metri ben due donne. E gli exploit e la potenza di Jérémy Desplanches e Noè Ponti in piscina sono qualcosa che, prima di Tokyo, tra gli svizzeri non si era mai visto.

Tripletta storica: nella mountain bike (Cross Country) le elvetiche Neff, Frei e Indergand hanno occupato tutti i gradini del podio!