Chi sta creando gli odierni brani musicali, l’essere umano oppure l’AI? Ne parliamo con Bruno Marro
Lugano – Incontriamo Bruno Marro, musicista, compositore, scrittore. Con il progetto musicale animato, tenero e commovente, "Heart to Heart" – vedibile sul web – coinvolge il pubblico nei suoi concerti su temi che riguardano il futuro dell’umanità. Ha lavorato nel mondo della moda, ha composto musiche per cartoni animati e sottofondi per servizi e trasmissioni televisive di Rai e Mediaset. Ha collaborato con molti artisti internazionali, soprattutto statunitensi e ha prodotto tutti i suoi dischi cantando e suonando la chitarra, il suo strumento preferito. Accenniamo con lui il tema della musica che cambia, riflesso della società odierna: tecnologica e dalle mode più audaci. Ma partiamo dai suoi divertenti trascorsi in Svizzera… «Al di là del fascino delle gite milanesi fuori porta – racconta – e del visitare i paesini elvetici tutti “verdi” e perfettamente curati, all’epoca lavoravo con un mio amico in una società di produzione televisiva a Milano grazie alla quale abbiamo collaborato spesso con la Tv Svizzera».
Ricordi del periodo svizzero?
«Molti divertenti aneddoti privati. Le dico solo che la mia prima moglie aveva dei parenti a Langnau, nel Canton Berna. Durante il fidanzamento mi propose una visita da certi suoi parenti. Allora non avevo idea di che posto fosse “Langnau im Emmental” e soprattutto chi fossero i parenti di mia moglie. Mi ricordo l’arrivo in questo paesino anonimo per me, tutto perfetto, senza una sbavatura. Quando siamo all’ingresso della villa dello zio, comincio a capire che non eravamo proprio in un posto qualunque. Alla villa ci ricevono con tutti gli onori e a tavola, per il pranzo con camerieri e affini. Solo dopo qualche ora mi viene svelato l’arcano. Lo zio era il socio-proprietario della fabbrica di Emmental Svizzero. Fabbrica che ovviamente sono andato a visitare nel pomeriggio. Meno male che, durante il pranzo, non avevo mai fatto battute sulla Svizzera, le mucche e il formaggio».
Nello svolgimento del suo lavoro tra Italia, Usa e Svizzera che differenze ha trovato?
«Non credo che esistano grandi differenze tra musicisti di qualunque paese. Il talento, la bravura restano uguali. L’unica cosa che si può dire è che, a seconda del posto dove sei nato, vieni influenzato culturalmente e storicamente dalle tradizioni musicali del posto. Noi Italiani, siamo tradizionalmente influenzati dalle grandi opere liriche e dai grandi compositori come Verdi, Mascagni, Puccini, Rossini, e così via. Quindi generalmente tendiamo a scrivere armonie e melodie molto “ariose” e di grande respiro. La musica country americana per esempio è ovviamente influenzata dalle zone rurali dell’America, con influssi dovuti alle comunità scozzesi, irlandesi e così via. La musica Svizzera ha sicuramente le radici nella sua storia, anche se, negli anni, un po’ tutti i paesi qui in Europa sono stati influenzati dal rock e blues americano e inglese, che negli anni ’60 e ’70 ha invaso il continente».
Molti cantanti nascono dai talent show, in Svizzera c’è The Voice of Switzerland, in Italia c’è X Factor… questi format hanno aiutato tanti giovani ma non tutti ne parlano bene, perché?
«Sono abbastanza contrario ai Talent di qualsiasi forma e genere. Quasi tutti sono pilotati e sono davvero pochi gli artisti usciti da quegli show, che sono riusciti a costruirsi una carriera duratura. Una volta la professione si costruiva nelle cantine, nei garage della tua città, suonando in festival con poche persone o in club con tanto di quel fumo e rumore che la musica faceva fatica a farsi notare. Però è proprio da quel percorso che sono nate le grandi stelle della musica internazionale che si sono costruite una lunga carriera. Oggi i tempi sono cambiati e la velocità con la quale si consuma un brano musicale è tale che non hai tempo di ascoltarlo due volte alla radio che è già vecchio. Che dire, io non amo le cose che nascono dal nulla e nel nulla scompaiono dopo poco».
Il diavolo “in-veste” la musica, poiché va di moda in ogni occasione, dal Gottardo ai Giochi olimpici. La stampa del settore musicale ha riportato molti casi di cantanti celebri che si ispirano a questa figura. Cosa ci può dire in merito a questa tendenza?
«La contrapposizione tra il bene e il male, con i “simpatizzanti di satana” a livello di testi, c’è sempre stata. Mentre i Beatles parlavano di fratellanza, amore e rivolte giovanili espresse con capelli lunghi e stivali in contrapposizione al British style delle vecchie generazioni, i Rolling Stone già parlavano di “Sympathy for the devil”, “Satisfaction”. Oggi abbiamo Taylor Swift, che è una brava professionista, ma non è un caso che sia assurta a icona mondiale, perché incarna perfettamente il senso e la cultura americana di questo periodo. Anche il movimento Lgbtq influenza musica e società».
Secondo lei queste mode passeranno o si affrancheranno nella nostra cultura occidentale?
«Non saprei, chi può dirlo? Oggi siamo in un momento di grandi cambiamenti e non sempre in bene. Purtroppo, da che il pianeta esiste, siamo soggetti ad ere che trasformano sia geologicamente che morfologicamente la terra e i suoi abitanti. Io dico sempre che questa generazione è stata molto fortunata, perché poteva capitare durante la II Guerra Mondiale, o durante l’era dei dinosauri. Oggi vediamo una potente presa di posizione del movimento gay e lesbo, che cerca di far valere i propri diritti, anche quelli di avere una famiglia. A questo proposito ho trovato meravigliosa la risposta di Domenico Dolce che, con Stefano Gabbana, ha dato vita ad uno dei più prestigiosi marchi della moda italiana: “Sono gay, non posso avere un figlio. Credo che non si possa avere tutto dalla vita, se non c’è vuol dire che non ci deve essere. È anche bello privarsi di qualcosa. La vita ha un suo percorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. E una di queste è la famiglia”. I diritti legittimi, quelli che non sfociano nelle perversioni sataniche ci sono sempre stati, dai tempi della Motown verso la fine degli anni ’50, dove quel tipo di musica “nera” esprimeva la voglia di affermarsi di una categoria di persone oppresse da sempre: i neri. Non dobbiamo dimenticare il contesto americano e ricordare che Jesse Owens, benché vincitore di 4 medaglie d’oro ai giochi olimpici di Berlino nel 1936, in pieno Terzo Reich e sotto gli occhi di Hitler, al rientro in America, nelle feste in suo onore, non poteva entrare dalla porta principale ma veniva fatto entrare dalla porta di servizio, perché a un nero non era permesso accedere dallo stesso ingresso dei bianchi».
Oltre alle mode, c’è il fattore “Intelligenza Artificiale”: come ha cambiato di fatto la musica? Softwar, tools, app sono a disposizione di ogni musicista. È vero che da oggi in poi non sarà più possibile sapere se un brano musicale sia stato scritto da un essere umano o dall’AI?
«Sull’AI sono categorico: non mi interessa. Se non parti da una base di creatività, se non hai doti musicali, puoi costruire con l’AI tutta la musica che vuoi, ma niente a che fare con l’attimo creativo, che arriva dall’animo e dal cuore. Sono un fruitore di plug-in e tools o software musicali, che hanno sicuramente agevolato il lavoro del musicista e ampliato gli orizzonti, ma la scrittura di una buona canzone, arriva dal profondo di noi. Può essere migliorata dai nuovi “strumenti” che sono oggi a disposizione, ma nessuno di loro, potrà mai sostituire l’attimo creativo. Le canzoni “suonate” sono fatte anche di attimi sbagliati, magari impercettibili, di note ritardate, ma tutto questo concorre a far si che il brano sia umano. Non so se in un futuro distingueremo un brano fatto con l’AI da uno fatto da un buon musicista. Di certo l’AI non potrà sostituire le nostre emozioni».
Avendo orecchio, senza conoscere la musica, con l’AI potrei produrre e vendere miei brani musicali?
«Lo stanno già facendo in molti, soprattutto nel rap e qui da noi in Europa. E molti di loro, anche senza bisogno di avere orecchio…».
Dunque, quando oggi ascoltiamo musica non possiamo più sapere “chi” l’abbia creata, nonostante vi sia apposta una firma umana.
«Speriamo di non arrivare a quel livello, ma che ci sia sempre un tratto che distingue il suono della chitarra di Jeff Beck o Mark Knopfler, da quello generato dalla AI…».
Insomma, tra mode estreme e tecnologia, come immagina il futuro?
«Molto difficile da dire. Musica, cinema e spettacoli, sono cambiati moltissimo negli ultimi 10 anni. Possiamo immaginare cosa succederà tra 50 anni? Le nuove tecnologie apriranno nuove frontiere ma la creatività, le buone idee, resteranno le uniche cose che potranno fare la differenza. L’importante è continuare a fare buona musica. Musica che colpisca al cuore, che ti faccia anche solo per un attimo appartenere ad un mondo pieno di emozioni. Ci sarà sempre più tecnologia è vero, ma i Beatles non avevano nessuna tecnologia, eppure le loro canzoni, ancora oggi ci riempiono di emozioni. Charlie Chaplin non aveva nessuna tecnologia eppure i suoi film ci trascinano ancora oggi in mondi fantastici. Dovunque la musica andrà, la cosa importante è che ti colpisca sempre senza farti male, lasciandoti affogare in un mare di sentimenti e ti apra la mente in modo tale da poter riconoscere l’inganno e saperlo combattere».
Annamaria Lorefice
Vedibile sul web e nel sito brunomarro.com, il progetto musicale animato, tenero e commovente, "Heart to Heart" vuole coinvolgere il pubblico, come fa l’Autore anche nei suoi concerti e nelle web-trasmissioni, su temi scottanti che riguardano il futuro dell’umanità. Marro ha scritto le musiche e tutti i testi e curato la regia, i disegni sono di Andrea Biscalchini, la produzione è di Roberto da Pozzo.
Bruno Marro, è nato il 5 marzo 1956 a Torino. Musicista, compositore, scrittore, ha composto musiche per cartoni animati e sottofondi per servizi e trasmissioni televisive di Rai e Mediaset. Ha collaborato con molti artisti internazionali e ha prodotto tutti i suoi dischi cantando e suonando la chitarra che è il suo strumento preferito. Stabilitosi a Milano negli anni '80, ha lavorato in Virgin Record e nel settore della moda scrivendo musica e producendo clip promozionali. Scrive per il blog Newsacademy.it per il quale conduce web-trasmissioni su temi di geopolitica.
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