Qualche danno alla pittura gialla delle autopostali svizzere

Autopostale Svizzera SA era una azienda modello prima dello scandalo dei sussidi abusivi

L’Autopostale svizzera SA era un’impresa modello prima dello scandalo dei sussidi. E l’affare non è terminato. Come si è giunti a tanto?
L’autopostale attraversa i colli, raggiunge le valli e i villaggi più discosti. Va laddove il panettiere, il macellaio, i commerci di prossimità e perfino la posta non sono più presenti. Ma perfino quando circolano raramente, i bus fanno parte del servizio di base in Svizzera. L’automobile gialla è il simbolo del servizio pubblico. Fa da tramite tra città e villaggi e garantisce in una certa maniera la coesione nazionale.

Ma da qualche tempo alcune graffiature hanno rovinato la pittura gialla della loro carrozzeria. Gli autisti non devono soltanto spiegare ai passeggeri dove salire o scendere, ma perché per anni il loro datore di lavoro ha illegalmente ottenuto sovvenzioni. Per mezzo di astuzie contabili, Autopostale SA ha sistematicamente deviato fondi, in modo che le linee di bus sussidiate sono apparse meno redditizie di quanto non lo fossero in realtà.

Risultato: Confederazione e cantoni hanno pagato durante quasi dieci anni, dal 2007 al 2015, sussidi troppo alti. 92 milioni di franchi di troppo sono stati versati secondo i calcoli dell’Ufficio federale dei trasporti. Quest’ultimo ha già chiesto la restituzione di una parte di questa somma, ossia 13,7 milioni, in occasione di una correzione precedente. Autopostale vuole pure rimborsare la somma restante.
Ma l’importo potrebbe aumentare. Secondo l’Ufficio federale dei trasporti, Autopostale avrebbe pure percepito sussidi troppo alti dopo il 2015 e fino ad oggi.

Soltanto la maniera di procedere è cambiata. Nel 2016 la Posta è diventata una struttura di holding, le cui unità avrebbero fatturato annualmente delle prestazioni a prezzi eccessivi, critica l’ufficio federale. Si tratta unicamente di ottenere sovvenzioni per mezzo di un falso?
È quanto devono appurare gli esami in corso. Una frase che la Posta ripete attualmente continuamente. Gli esami devono dimostrare se la direttrice generale della Posta Susanne Ruoff che ha rassegnato le dimissioni in giugno e i suoi predecessori, sapevano quanto stava avvenendo ma hanno lasciato fare, mentre i sussidi in misura di milioni venivano percepiti illegalmente. Se il direttore di Autopostale licenziato è servito da capro espiatorio. E infine perché tutto questo è capitato. Il motivo è infatti un mistero.

In fin dei conti, Autopostale ha ingannato i suoi propri proprietari. I fondi percepiti illecitamente sono rimasti nell’azienda. Allora perché? Ci si può immaginare che i migliori risultati siano serviti a versare premio leggermente più elevati ad alcuni quadri dirigenti.

Tuttavia la doppia funzione di impresa potrebbe costituire la vera ragione. Autopostale circola di villaggio in villaggio e a questo titolo riceve sovvenzioni, ma Autopostale porta anche gruppi di turisti in Borgogna o in Piemonte, gestisce reti di bus in Francia e investe in PubliBike, la locazione di biciclette. E per questo l’impresa non riceve nessun sussidio. Qui l’obiettivo non è di servire i villaggi, ma di fare profitti.

Il direttore di Autopostale ha in effetti parlato di conflitto di obiettivi. È necessario che il servizio da un villaggio all’altro sia il più economico possibile per non attingere inutilmente nella tasca dei contribuenti? O bisogna utilizzare i fondi pubblici, laddove non fa veramente male per potersi sviluppare e investire alfine di raggiungere gli obiettivi di utili fissati all’interno? La risposta è chiara. Per massimizzare gli utili, bisogna minimizzare le sovvenzioni. Ora, l’esistenza tra mandato di prestazioni pubblico e orientamento del mercato, ossia la prossimità organizzativa di queste parti completamente opposte, avrebbe tutte le ragioni per lasciare perplessi.

Yvonne Debrunner
Redattrice Tamedia

Lo scandalo ha prodotto una crepa nella storia brillante dell’Autopostale. La direttrice generale Susanne Ruoff ne ha tratto le conseguenze e ha dimissionato in giugno.

Lo scandalo ha prodotto una crepa nella storia brillante dell’Autopostale.
La direttrice generale Susanne Ruoff ne ha tratto le conseguenze e ha dimissionato in giugno.