L’uomo bianco Enzo Braschi
È “bisonte che corre” guardando alle stelle
Lugano – “Di terra e di luce” è un affascinante romanzo, istruttivo e profondo, da portare con sé anche in vacanza e goderlo con calma… Una sensibile narrazione sul mistero dell’esistenza.
Ce ne parla Enzo Braschi, autore di questo libro e di tante altre opere sui nativi americani, dei quali divenne amico fino ad essere nominato da un capo indiano come “Bisonte che corre”.
Braschi, conosciuto anche nella Svizzera italiana per le sue conferenze sui nativi e sulla realtà extra terrestre, ha avuto una vita interessante, caratterizzata da un repentino cambiamento di rotta avvenuto nel 1996 tra i lakota Miniconju della Riserva di Cheyenne River in Sud Dakota.
Così, dalla notorietà televisiva italiana degli anni ‘80 – con il suo personaggio comico “il paninaro”, i cui motti diventarono il tormentone nazionale dei giovani - si ritrovò studioso dell’America profonda e del suo popolo primigenio, gli indiani, oltre che divenire ricercatore in campo ufologico, tema diventato caldo in quest’ultimo anno per le dichiarazioni ufficiali del governo Usa. Ha svolto conferenze su questi temi anche per il CUSI, il Centro ufologico della Svizzera italiana.
In questi ultimi anni si stanno diffondendo velocemente, quasi a livello di massa, concetti quali quarta e quinta dimensione, corridoi spazio-temporali, visite aliene con relativi contattati e contattisti… è questo il nuovo futuro?
«Non so se stiamo progredendo verso un nuovo futuro. Molto più probabilmente credo sia giunto il tempo in cui si debba cominciare a dare risposte a tante domande. Il fisico Michio Kaku ipotizza tre tipi di civiltà: La civiltà di tipo 1 riesce a controllare le risorse energetiche dell’intero pianeta, nonché il tempo atmosferico, e prevenire i terremoti, penetrare fino nelle profondità della crosta terrestre e gestire le materie prime degli oceani. Pertanto ha anche completato l’esplorazione del proprio sistema solare. La civiltà di tipo 2 può gestire l’energia solare sfruttandola a livello minerario, il che le consente di risolvere ogni tipo di fabbisogno energetico. Questa civiltà ha già cominciato la colonizzazione dei sistemi solari locali. La civiltà di tipo 3 può controllare l’energia di un’intera galassia servendosi appieno delle equazioni di Einstein, ed è in grado di potere manipolare lo spazio-tempo…».
A che punto è la nostra civiltà?
«La nostra civiltà potrebbe essere definita di tipo 0, dipendendo ancora dall’energia dei combustibili fossili, come il petrolio e il carbone, nonché dalla forza-lavoro umana. C’è da fare ancora tanta di strada mi pare».
Su questa terra… che tipo di ospiti siamo?
«Ospiti…o parassiti e distruttori? Dovremmo essere ospiti e considerarci figli di Madre Terra, reggere cioè lo scettro che ci consenta di essere protettori della Creazione; ma per quanto vedo e per quello che mi insegna la Storia, sembra che siamo la seconda e terza opzione: parassiti e coscienziosi programmatori e distruttori della vita del pianeta in tutte le sue splendide forme».
In “Di terra e di luce” il protagonista, un bianco, è insieme a due sciamani che lei ha realmente conosciuto. Chi erano?
«Le figure dei due medicine men – o Uomini Sacri secondo la cultura dei Nativi – sono ispirate a due Nativi amici miei. La storia di James Winslow, il protagonista del libro, ha luogo negli Stati del Sud Dakota, Colorado, Wyoming, New Mexico e Arizona, dove sono stato anni fa e i cui luoghi, che sono teatro della mia narrazione, descrivo accuratamente. C’è molto della tradizione e del sapere dei Nativi americani all’interno del romanzo, conoscenze che mi sono state trasmesse da vecchi indiani che ancora ne conservano la memoria. Il mio è un libro on the road ma anche di apprendimento, se volete».
Qual è la differenza che più ti ha colpito tra noi e il popolo degli americani?
«Noi uomini bianchi siamo logico-analitici, i Nativi americani, olistico-sintetici. Noi separiamo: buono-cattivo, maschio-femmina, di sinistra o di destra… invece loro dicono buono e cattivo, maschio e femmina, di sinistra e di destra. La logica divide e crea dei contrari, degli opposti, ma per altri la cosa può essere ben diversa. La verità è relativa, non assoluta. Il quadro non lo si guarda solo a due centimetri dal naso per leggerne le pennellate, ma anche a distanza per vederlo in tutta la sua totalità. Si inganna chi vede due cose laddove in realtà ve n’è una sola».
Sembra improbabile fare nostro l’insegnamento spirituale dei Nativi, ad esempio sul legame con la terra…
«In questo senso Madre Terra è una, indivisibile e alla quale apparteniamo tutti e di cui nessuno può esserne padrone, di nessuna parte, neppure della più piccola. “Non si vende la terra sulla quale il popolo cammina”, soleva dire Tashunka Witko, Cavallo Pazzo».
Come sei arrivato ai Nativi americani?
«Da bambino… mi portavano al cinema a vedere i film western: piangevo ogni volta che le Giacche Blu ammazzavano un indiano, ed ero contento quando Custer se ne andava... dove meritava, poi nel 1996 li ho conosciuti di persona».
Alcuni aneddoti, fondamentali per la tua vita interiore, con i Nativi.
«Ne avrei da raccontare parecchi. Alla mia prima Danza del Sole, quando il leader spirituale della cerimonia mi chiese che lavoro facessi, risposi con un certo imbarazzo che facevo l’attore, per la precisione il comico. Lui mi chiese di farlo ridere. Così gli tradussi su due piedi un monologo che avevo recitato a Drive In. L’uomo rise di gusto e mi disse. “Sei bravo! Mi hai molto divertito. Sei un medico. Quando la gente ride si dimentica dei suoi dolori. Siamo colleghi. Abbracciamoci.” In un’altra occasione, a proposito dei cosiddetti “alieni”, mi fu chiesto con meraviglia se nel nostro mondo si dovessero fare conferenze per dire che esistono “altri” e non solo noi. I Nativi li chiamano “Popoli delle stelle” e affermano che sono i nostri antenati, i nostri antichi padri. I Lakota Sioux in proposito affermano che Donna Bisonte Bianco – la donna che portò loro la Sacra Pipa con la quale pregare il Grande Spirito – veniva dalle Pleiadi, alle quali si sentono strettamente imparentati. I Cherokee affermano di essere stati portati quaggiù dalle Pleiadi 250.000 anni fa. Ma altri, come ad esempio i Navajo, parlano del “Piccolo Popolo”, o del “Popolo delle Formiche” o di “Donna Ragno”, altro messia donna al tempo in cui emersero dal Terzo Mondo, un mondo sotterraneo, al Quarto Mondo, il mondo in superficie. Ora, peraltro, a partire dal 2012, abbiamo cominciato a vivere nel Quinto Mondo».
So che i nativi le hanno offerto il peyote a fini cerimoniali, perché si è rifiutato di fare questa esperienza?
«Da un leader Comanche mi fu proposto di partecipare al pasto sacrale con il peyote. È una pianta psicotropa, e non una droga come si vuol far credere, dato che non crea dipendenza ma il cui abuso o uso, senza conoscenza, sconsiglio vivamente. I Nativi sanno usarla e affermano che ti “ricolloca” nel mondo reale, ove “i colori e le forme ti appaiono per come appena sbozzati dalle mani del Creatore”. L’avrei fatto, esclusivamente sotto la guida del mio amico Comanche, ovviamente, ma avrei dovuto fermarmi una settimana in più e avevo il volo di ritorno in Italia due giorni dopo. Sto parlando di una ventina di anni fa. Peccato. So che sarebbe stato un “viaggio” molto importante».
Del mondo alieno cosa hai compreso?
«Sono appassionato fin da ragazzo di altri mondi, l’inconosciuto, gli “altri”, visto che non siamo soli e trovo singolare che vi sia ancora chi lo creda. Difficile dire cosa possa avere compreso del mondo alieno. Noi terrestri siamo alieni per gli “alieni”. Questo, tanto per cominciare, mi pare un buon punto di partenza, un assunto che ci consentirebbe di vedere le cose da più punti di vista, come le debite domande che ci dovremmo porre. Credo che loro, gli “alieni” stiano attendendo da tanto tempo che noi impariamo ad avere l’umiltà di porle certe domande».
Nei tuoi libri e nel tuo reale pensiero, c’è speranza per l’umanità?
«Sono molto combattuto tra nutrire speranze per un reale cambiamento in meglio per l’umanità e un triste fallimento di ogni aspettativa. Sto vivendo in assenza di futuro, neanche più alla giornata, bensì al minuto, e apprezzo lo scorrere e la rappresentazione della vita in ogni più piccola sfumatura. È un bel pianeta il nostro, triste vederlo andare in malora e un giorno lasciarlo. Ma so che vi sono mille e mille altri Soli e pianeti di una bellezza incommensurabile lassù, e mille e mille altre facce e sorrisi che vorrei vedere, e mani che vorrei stringere. C’è uno spazio senza fine e un’eternità per farlo. La vita è. Ovunque. E ovunque è meravigliosa».
Annamaria Lorefice
lorefice.annamaria@gmail.com
Nel libro “Di terra e di luce” (Verdechiaro Edizioni) Wanbli Cante e Rain Cloud sono i due sciamani che accompagneranno il protagonista, un uomo bianco, alla scoperta di sé stesso nel magico ambiente naturale della profonda America.
Enzo Braschi, laureato in filosofia con una tesi sulla spiritualità dei Nativi americani delle Grandi Pianure, attore televisivo e cinematografico, è stato un protagonista della nuova comicità televisiva inaugurata nel 1984 dalla storica trasmissione Drive In in Italia. Dalla notorietà televisiva, dopo una repentina svolta esistenziale, è divenuto un noto scrittore e conferenziere, amico e studioso dei nativi americani oltre che ricercatore in campo ufologico.