“L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è”
Milano rende omaggio ad un genio del ‘900 con la mostra “Paul Klee. Alle origini dell’arte” ospitata al Museo delle Culture via Tortona 56, fino al prossimo 3 marzo 2019.
Figlio di un violinista tedesco e di una soprano svizzera, Klee nasce a Berna il 18 dicembre 1879 e in gioventù si dedica con uguale passione e talento alla musica (violinista nell’Orchestra di Berna), alla poesia, alla letteratura e al disegno, con una particolare predisposizione per la caricatura e la satira politica.
Nel 1911 si unisce al Der Blaue Reiter, organizzazione di artisti fondata a Monaco di Baviera da Wassily Kandinsky e dal pittore tedesco Franz Marc, scoprendo l’affascinante teoria dell’arte astratta come espressione spirituale. Successivamente verrà influenzato dal cubismo, da qui l’uso di lettere dell’alfabeto, ideogrammi, rune e di altri segni simbolici nelle sue opere.
Dal 1920 al 1931 insegna teoria della forma e del colore al Bauhaus a Weimar, in Germania, e spiega ai suoi studenti come semplici costruzioni lineari e motivi geometrici possano essere usati per costruire complesse composizioni simboliche: “Prendete una linea e portatela a fare una passeggiata” è il suo motto!
Sono anni di grande entusiasmo e produttività e le sue ricerche sia sul piano teorico che su quello pratico confluiscono in alcune fondamentali pubblicazioni, rese oggi disponibili on line dal Zentrum Paul Klee di Berna e che rappresentano una ricchissima e sempre originale rete di connessioni fra arte, filosofia e scienza. Artista poliedrico e tra i più innovativi dello scorso secolo, Klee é ritenuto appunto un grande teorico: “l’importanza di Paul Klee per la concezione artistica del Novecento é pari a quella che avuto Leonardo da Vinci nel suo “De Pictura” nel Quattrocento. In mezzo non c’è nessun altro che eguagli una tale grandezza”, come sostiene il prof. Giuseppe Di Giacomo, ordinario di Estetica dell’Università La Sapienza di Roma.
Con l’ascesa di Hitler al potere Klee non può più rimanere in Germania e si trasferisce in Svizzera, poiché il führer – amante dell’arte classica – scredita e anzi perseguita tutto ciò che non risponde ai valori della propaganda nazista, tra cui anche la pittura di Klee, o di Picasso, che definisce “arte degenerata” tanto che nel 1933 impone la chiusura del Baushaus.
Nel 1935 gli viene purtroppo diagnosticata una malattia incurabile che lo porta alla morte il 29 giugno 1940 a Locarno.
“Paul Klee. Alle origini dell’arte” gode dell’eccellente curatela di Michele Dandini e Raffaella Resch e indaga la personalissima visione dell’artista del fenomeno del Primitivismo che si sviluppa nell’Europa degli inizi del XXº secolo sull’onda del colonialismo. Questa corrente influenza l’immaginario di molti autori delle avanguardie storiche, come Jean-Jacques Rousseau, Picasso, Gauguin, Modigliani fino a Margherita Sarfatti (di cui un’interessantissima esposizione é visitabile presso il Museo del ‘900 fino al 24 febbraio 2019) che rimangono ammaliati dallo stile di vita primordiale, che segue ritmi e pulsioni non artefatte dalle costrizioni della cosiddetta civiltà.
Le opere esposte in mostra rimandano appunto al legame di Klee con le culture primitive dell’Egitto dei Faraoni, dell’arte dell’Alto Medioevo, dell’arte africana, oceaniana e precolombiana, ma ciò che maggiormente attrae e ispira l’artista é l’arte paleocristiana italiana. Le sculture paleocristiane nella Chiesa di San Giovanni in Laterano a Roma sono per il giovane Klee e per l’amico Hermann Haller una scoperta estremamente affascinante che fanno durante il loro viaggio in Italia tra il 1901 e il 1902. Klee descrive con infantile eccitazione tutto ciò vede nei suoi Diari – anch’essi parte dell’esposizione – e nelle lettere a Lili Stumpf, che diventerà sua moglie qualche anno più tardi.
Grazie anche alla proficua collaborazione con il Consolato Generale di Svizzera a Milano sono presenti in mostra un centinaio di opere provenienti da importanti musei svizzeri e collezioni private messe a confronto con maschere e tessuti provenienti dalla collezione permanente del Mudec.
Delle cinque sezioni tematiche di cui é composta l’esposizione, la prima racconta molte delle sue caricature del ciclo Inventionem. In questo genere forse Klee dà il meglio di sé per esprimere la sua vena satirica e tragicomica con cui “commenta” i costumi sociali del suo tempo, come recita ad esempio il sottotitolo dell’acquaforte “la Vergine sognante” del 1903: “La ragazza mostra con un certo orgoglio di essere vergine senza apparire per ciò particolarmente felice”.
La seconda sezione è invece dedicata al Klee illustratore cosmico. Sono di questo periodo i bellissimi acquarelli e disegni che “sembrano voler spiegare le leggi del divenire universale da punti di vista semplicemente non umani”, come afferma la curatrice. Klee teorizza in questa fase che l’arte nasce da una religione che si avvale di simboli e riti condivisi.
Nella terza sezione è esposta una significativa produzione di segni, simboli, ideogrammi e alfabeti che si trasformano in figure animali, umane o vegetali. Filmati storici molto rari, documenti e fotografie arricchiscono la mostra in queste prime tre sezioni.
La quarta sezione si concentra da un lato sulla parte etnografica, prendendo a prestito ad esempio la maschera del Gabon e altri oggetti delle raccolte extraeuropee del Mudec e dall’altra sull’arte dell’infanzia, due temi di grande ispirazione per il Maestro. Una sala accoglie appunto “La lanterna magica”, una sorta di proiettore interattivo che anima le marionette del teatro dei burattini inventato, tra il 1916 e il 1925, per il figlio Felix. I pupazzi semplici ed eleganti sono realizzati con i materiali più disparati: un guscio di noce, un pennello da barba, un osso di bue, prese elettriche, mentre per il boccascena sono state impiegate vecchie cornici.
Policromie e astrazione é il titolo dell’ultima sezione che raccoglie alcuni dei suoi lavori più famosi e qualche opera mai esposta prima in Italia come “La roccia artificiale” del 1927. Klee tra il 1935 e il 1940 abbandona le miniature e comincia a produrre opere eseguite ad acquarello di grande formato, riproducendo disegni geometrici spesso colorati.
Una mostra raffinata e giocosa insomma, che ci riporta un po’ bambini e se vi ho incuriosito e volete saperne di più non avete che da unirvi alla visita guidata che la Società Svizzera di Milano organizzerà il prossimo 18 febbraio, scrivendo a societa.svizzera@fastwebnet.it.
Antonella Amodio
Società Svizzera di Milano
Vergine (sognante) Acquaforte 1903.