Commozione, Coraggio e Contagio: Tre parole per descrivere l’incontro con Giuseppina Antognini

Una filantropa svizzera a Milano

Milan col coeur in man: chi non conosce questo famoso detto meneghino? La storia di Milano vanta sin dal medioevo molti grandi e piccoli benefattori impegnati in ambito artistico, culturale e sociale. Personaggi illuminati - ma ora anche imprese e associazioni meritevoli - che mossi dal bene comune aiutano a diffondere un esemplare comportamento civico contribuendo, in poche parole, a far grande questa città. Una  Milano solidale, in tempi recentissimi, ha risposto generosamente all’appello del Sindaco Sala volto alla costituzione di un fondo di mutuo soccorso, a tutela di coloro che avevano perso il lavoro a causa della pandemia.

La novità è che oggi il capoluogo lombardo può contare su una nuova mecenate: Giuseppina Antognini, ticinese di nascita e milanese di adozione, alla quale la Società Svizzera di Milano, rappresentata dal suo Presidente Markus Wiget, ha dedicato una serata che si può definire semplicemente “indimenticabile”.

Circa 75 tra soci e alcuni amici provenienti dalla Svizzera, hanno partecipato all’incontro-dialogo, tra il giornalista e psicologo Marco Garzonio e la nostra ospite, dal  titolo “Una filantropa svizzera a Milano: Giuseppina Antognini” che si è aperto con un caloroso benvenuto e un ringraziamento a coloro che lo hanno reso possibile da parte del suo promotore Alberto Fossati, vicepresidente della Società Svizzera e Consigliere della Fondazione Pasquinelli.

Un saluto visibilmente emozionato è stato quello della Console generale di Svizzera, Sabrina Dallafior, che ha sottolineato come questa iniziativa sia in linea con la campagna social #DonneFrauenDamesDunnes, promossa dal Consolato, che ha messo al centro le donne svizzere e i loro talenti.

Storia di una Fondazione - dal Canton Ticino a Milano
Che la signora Antognini sia veramente una donna straordinaria, un talento per capacità imprenditoriali, ma soprattutto un esempio da imitare è stato subito chiaro a tutti dopo la visione del documentario a cura della RSI Radiotelevisione Svizzera, realizzato e presentato da Nicoletta Gemnetti. L’autrice racconta le radici ticinesi della benefattrice attraverso immagini suggestive della Val di Blenio, dove si trova la casa della famiglia di origine; valle sempre viva nel suo cuore: “amo questo paese, amo le piante e l’aria che si respira” afferma. Poco più che ventenne si trasferisce a Milano dove incontra Francesco Pasquinelli, un imprenditore milanese ma anche un musicista e appassionato di arte, passione che coltiverà fino alla fine dei suoi giorni. Francesco la assume come segretaria e qui ha inizio la loro storia, fatta di grande affetto e solidarietà, che finirà nel 2011 con la morte del compagno.

Negli anni la collezione di Francesco Pasquinelli si arricchisce con capolavori della pittura del ‘900 e quando la signora Pina eredita tutto il patrimonio artistico decide subito di realizzare il sogno che il marito aveva sin dagli anni ‘70: costituire una Fondazione per rendere disponibili le opere d’arte a favore della città che gli ha dato tanto. La Fondazione che crea però non ha solo l’obiettivo di rendere fruibili i quadri, bensì ha un importante focus sociale e culturale indirizzato principalmente ai giovani e agli anziani.

La Fondazione Pasquinelli diventa quindi la sua mission: “il senso che mi ha dato questo nuovo percorso della mia vita è infinito, non ha davvero confini a livello di soddisfazione, conoscenze stimolanti. Sono felice di quello che faccio!” dice con un grande sorriso.

Ciò che immediatamente colpisce chi l’ascolta è la sua modestia, la sua reticenza a volersi ritagliare uno spazio da protagonista e soprattutto il totale disinteresse per i tanti complimenti che riceve, in perfetta sintonia con lo spirito ambrosiano che all’apparire preferisce il fare. E questo aspetto del suo carattere ci fa ben comprendere l’essenza della sua Fondazione. Il tema della restituzione, ci ricorda Garzonio, è di grandissima attualità e di scarsissima pratica, l’idea cioè che l’aver ricevuto qualcosa di cui si ha goduto comporta necessariamente un dare: “donare la vita di nuovo, come ricambio per la vita ricevuta”.

Il Progetto Arengario
Con la semplicità e la determinazione che la contraddistinguono, la signora Pina ha l’audace idea di andare nel 2019 dal Sindaco Sala ad offrirgli un importante aiuto economico per la costruzione del “contenitore” delle opere d’arte che desidera donare: il Secondo Arengario, uno spazio museale che possa connettersi al percorso del Primo Arengario, che compone l’attuale Museo del Novecento.  “Era assurdo che non si attuasse questa soluzione! Due palazzi gemelli non enormi, anzi piuttosto piccoli, possono e devono diventare il museo più importante del mondo sul Futurismo. Se lo costruite,  poi vi darò anche dei quadri da metterci...”

Ci è sembrato proprio di vederla la faccia del Sindaco a questa dichiarazione!

Il Progetto prende piede. E avviene il miracolo: il Comune di Milano, quest’anno, in occasione del decimo anniversario del Museo del Novecento, annuncia di voler procedere all’ampliamento del Museo, creando un unico grande complesso dedicato alle arti moderne e contemporanee, il cui standard, per collezioni, spazi espositivi e servizi, lo collochi tra le principali realtà museali italiane e straniere. Promuove quindi un concorso internazionale di progettazione, dal titolo “Novecentopiùcento”, che prevede appunto l’unione dei due arengari e lo sviluppo di servizi aggiuntivi come un auditorium, un laboratorio di conservazione, una caffetteria e un bookshop. La signora Pina ce l’ha fatta!

Il Secondo Arengario è un'opera necessaria che riqualifica l’approccio di una città come Milano all’arte moderna e contemporanea, ma che soprattutto fa capire che se Milano oggi é quella grande città internazionale e capace di innovazione costante lo è soprattutto grazie all’arte, ed inoltre come afferma Garzonio: “senza quella specifica stagione di arte del futurismo, del realismo magico ecc., Milano non avrebbe avuto in sé quegli anticorpi per resistere al fascismo, per nutrire quelle forze positive e innovatrici come la resistenza, la liberazione, la costituzione, la repubblica”. Alcune di questi importanti capolavori donati da Pina sono visibili già oggi al Museo!

Il Progetto della Fondazione
La Fondazione Pasquinelli rivolge la sua attenzione a tre differenti ambiti: arte visiva, musica e interventi sociali.

Per l’area musicale, sostiene il progetto del Maestro Claudio Abbado che intende avviare in Italia il Sistema delle orchestre giovanili infantili. Un progetto che ha origine in Venezuela nel 1975, El Sistema, su idea e realizzazione del Maestro Josè Antonio Abreu, con l’obiettivo di offrire una formazione musicale collettiva a bambini e ragazzi che vivono in contesti ad alto rischio. Pina non esita un istante e sposa l’iniziativa sviluppata dall’Associazione SONG che costituisce la Pasquinelli Young Orchestra, rendendo disponibili gli spazi della sede di corso Magenta per gli uffici del Sistema, per il deposito degli strumenti e per le prove dei giovani musicisti, ma anche sostenendo economicamente i concerti. Grazie al “Sistema” lombardo, oltre 1000 giovani hanno avuto la possibilità di avvicinarsi alla musica gratuitamente.

Un altro progetto della Fondazione, ed esempio di mecenatismo illuminato guidato dall’idea di condividere la bellezza, è il progetto “L’ Arte in una stanza”. Si tratta di sette esposizioni, allestite nel palazzo di corso Magenta, che presentano un vero tesoro - solo per citare alcuni esempi: Vlaminck, Picasso, Morandi, Braque, Boccioni, Kandinsky, Balla - ad un pubblico sempre più vasto, compreso quello dei numerosissimi bambini (oltre 8000 fino ad oggi) delle scuole elementari che, tramite la sezione Didattica, seguono un percorso di educazione culturale attraverso l’arte figurativa, visitando le mostre e partecipando ai laboratori in sede, con l’obiettivo di stimolare in loro il senso del bello e apprezzare l’arte giocando.

Più recentemente, sempre nella sede della Fondazione, è stato aperto uno sportello di ascolto e sostegno a favore degli anziani e dei loro familiari per venire incontro alle necessità quotidiane più diversificate.

Insomma, Giuseppina Antognini e la sua Fondazione sono impegnate su molti fronti: dall’arte, alla musica, al sociale. Lo spirito filantropico coltivato da sempre da tutti i membri della sua famiglia di origine, si inserisce perfettamente nella migliore tradizione storica di mecenatismo della città di Milano e, anzi, diviene incentivo per altre iniziative filantropiche da far sorgere in città. “La semina ha già fruttato: Don Giacomo Rossi, figlio di Laura Mattioli una delle più grandi collezioniste italiane, ha già disposto un comodato d’uso gratuito di 26 opere futuriste al Museo del ‘900! E la decisione l’ha presa proprio in seguito alla mia”, dice soddisfatta.

Raramente si incontra una donna così. L’incontro si chiude con un lungo applauso e con l’omaggio ai presenti, grazie alla Fondazione La Residenza, del volume di Marco Garzonio “La città che sale”

Dal fondo della sala Meili si alza un ultimo intervento di una timida signora che dice: “Questa serata mi ha commossa e mi ha dato un'ispirazione; mi sento più tranquilla perché adesso so a chi mi posso rivolgere….” .

Antonella Amodio
Società Svizzera di Milano

De Chirico La sala d'Apollo 1920

da sinistra: Alberto Fossati, Sabrina Dallafior, Pina Antognini, Marco Garzonio, Nicoletta Gemnetti

Pina Antognini e Boccioni Crepuscolo 1909

Savinio Jour de reception 1930 ca