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“Decreto-crescita” e benefici fiscali

    Tornare in Italia dalla Svizzera può essere conveniente

    Caro Avvocato,
    sono svizzero, e vivo in Italia. Sono tanti anni che la seguo sulla Gazzetta Svizzera e trovo che i suoi articoli siano sempre molto utili e chiari.
    Le scrivo per una questione non mia ma che riguarda mio figlio. Mio figlio è invece un doppio cittadino italo-svizzero ed attualmente vive in Svizzera, dove ha studiato e lavora oramai da vari anni. Non ha famiglia anche se da un po’ di tempo frequenta una ragazza italiana e sempre più spesso accenna al fatto di poter ritornare in Italia. Mio figlio ha anche avuto delle proposte lavorative in Italia sia come lavoratore dipendente, sia come consulente lavoratore autonomo.
    Tuttavia, è sempre rimasto scettico sulla possibilità di tornare a lavorare in Italia anche per motivi fiscali. Ora ho letto sulla stampa di tutta una serie di misure che sarebbero dirette a favorire il rimpatrio in Italia di lavoratori all’estero, proprio con importanti incentivi fiscali.
    Mia moglie ed io siamo naturalmente orgogliosi della carriera che lui ha fatto in Svizzera ma saremmo ancor più felici se fosse più vicino a noi e mettesse su finalmente famiglia. Le chiedo, quindi, se è vero e se questi incentivi possono riguardare anche chi si trova nella stessa posizione di mio figlio.
    R.S. (Milano)


    Caro Lettore,
    grazie dei complimenti e della Sua assiduità nel seguirci sulla Gazzetta Svizzera.
    Il suo caso è sicuramente interessante e per nulla isolato. Esso riguarda il noto fenomeno dei cosiddetti “cervelli in fuga”, e cioè la costante migrazione di ragazzi talentuosi che dall’Italia sono costretti a cercare fortuna all’estero, dove poi spesso la trovano anche.
    La tendenza, purtroppo per l’Italia (ma per fortuna dei giovani), è in costante aumento. Ora il Governo italiano vuole dare una decisa sterzata con una serie di misure volte ad invertire questo trend. Le notizie quindi che Lei ha letto sono sicuramente fondate. Va detto però per completezza che non si tratta di una novità assoluta, poiché già in passato l’Italia era intervenuta in tal senso, ma ora sembra che gli interventi siano ancora più radicali.
    Naturalmente le situazioni individuali possono essere molto diverse e la Sua lettera non ci fornisce alcuni dati (ad esempio da quanti anni Suo figlio vive all’estero) ma cercheremo comunque di dare un quadro generale.

    “Legge Controesodo” del 2010 e D.lgs “Impatriati” del 2015
    Come dicevo, l’Italia già con D.L. n.78/2010 (art. 44 Incentivi per i rientri in Italia di ricercatori all’estero) aveva previsto norme volte a favorire il rimpatrio in Italia, soprattutto di professionisti ed accademici, con diversi benefici fiscali.
    Veniva infatti escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente e autonomo il 90% degli emolumenti percepiti da docenti e ricercatori che
    a) fossero stabilmente residenti all’estero ed ivi impiegati per almeno due anni continuativi
    b) venivano a svolgere l’attività in Italia acquisendo qui la residenza.
    Nel 2015 poi fu introdotta con il D.lgs. n. 147/2015 una ulteriore norma (art. 16 Regime speciale per lavoratori impatriati) in base alla quale i redditi di lavoro dipendente, prodotti in Italia, da lavoratori che trasferivano qui la loro residenza, concorrevano alla formazione del reddito complessivo solo limitatamente al 70% del loro ammontare in presenza selle seguenti condizioni:
    a) non essere stati residenti in Italia nei cinque periodi d’imposta precedenti al trasferimento con l’impegno a rimanere in Italia per almeno due anni;
    b) il datore di lavoro doveva essere un’impresa residente in Italia o società direttamente o indirettamente controllanti o controllate;
    c) l’attività lavorativa era prestata prevalentemente in Italia;
    d) i lavoratori dovevano ricoprire ruoli direttivi ovvero essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specificazione (come da apposito decreto del MEF);
    Tuttavia al fine di poter godere delle suddette agevolazioni era necessariamente richiesta anche l’iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero). In difetto, il beneficio non veniva accordato.

    “Decreto Crescita” del 2019
    Successivamente sono intervenute alcune lievi modifiche. Ora però il recentissimo Decreto-Legge n. 34/2019, cosiddetto “Decreto-Crescita” (art. 5 Rientro dei cervelli, sì il titolo della norma è proprio questo) amplia la portata di queste misure, sia dal punto di vista soggettivo, sia da quello dei benefici. In particolare, sotto il primo profilo vengono oggi ricompresi tra i possibili beneficiari anche gli imprenditori e tutti i lavoratori, dall’altro lato i benefici possono arrivare ad una riduzione dell’imponibile fiscale fino al 90% su più anni.
    Infatti per i lavoratori impatriati la categoria dei benefici è stata estesa anche ai redditi assimilati a lavoro dipendente ed ai redditi di lavoro autonomo purchè prodotti in Italia, i quali concorrono ora alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% del loro ammontare. Le condizioni, inoltre, si sono ridotte solo alle due seguenti:
    a) non essere stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il rimpatrio e l’obbligo di mantenere la residenza in Italia per due anni;
    b) l’attività deve essere prestata prevalentemente nel territorio italiano.
    Ma non basta. Come dicevamo i benefici sono stati estesi sia ai lavoratori impatriati sia ai docenti e ricercatori all’estero, anche se già rientrati in Italia entro il 31.12.2018. Inoltre, la misura agevolativa può trovare applicazione anche alle persone fisiche che si trovano nelle condizioni suddette e che avviano un’attività d’impresa a partire dal 1° gennaio 2020. La durata e la misura dei benefici è anche dipendente dalla presenza di eventuali figli minorenni a carico, oltre che in base alla categoria di appartenenza.
    Infine, altro elemento di grande importanza, è decaduto il requisito dell’iscrizione all’AIRE. Infatti, la recente norma prevede che i cittadini italiani non iscritti all’AIRE e rientrati in Italia, dal 1° gennaio 2020 possono accedere ai benefici fiscali, purché precedentemente residenti in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni per almeno due anni (come avevamo accennato nello scorso numero della Gazzetta).
    È così venuta meno, se non altro ai presenti fini, la presunzione di residenza in Italia per i soggetti che, pur effettivamente residenti all’estero, ed ivi regolarmente registrati, avessero omesso, anche solo per dimenticanza, di cancellarsi dal loro comune italiano di origine, per iscriversi all’AIRE.
    Venendo, in conclusione, al Suo caso concreto, mi pare di poter dire che, se Suo figlio intendesse realmente tornare a vivere in Italia, potrebbe rientrare nella categoria dei beneficiari descritti. Presumo ragionevolmente che siano più di due anni che Suo figlio risieda all’estero se, come Lei scrive, ha studiato e oggi lavora in Svizzera.
    Non so se Suo figlio si sia mai iscritto all’AIRE ma aggiungo che un eventuale mancata iscrizione non sarebbe ostativa alla luce del “Decreto-Crescita”, in quanto pacificamente tra Svizzera e Italia è in vigore la Convenzione contro le doppie imposizioni del 1976.
    Per prudenza, tuttavia, bisognerà attendere la conversione definitiva in legge perché la disciplina diventi definitiva, e per verificare che non vengano apportate modifiche rilevanti. È probabile che alla data di pubblicazione di questa Rubrica legale ciò sarà avvenuto. Magari ne riparleremo dopo le ferie. Nel complesso si tratta di provvedimenti da valutare positivamente. Se poi avranno successo ce lo dirà solo il futuro, o magari Suo figlio.
    Con l’occasione auguro a Lei e a tutti i nostri Lettori una buona e riposante estate.
    (Avv. Markus W. Wiget)