È tutta da rifare in Svizzera la previdenza per la vecchiaia

Legge e finanziamento respinti dal popolo e dai cantoni

L’intensa campagna pro e contro, ma già il risultato molto risicato in Parlamento (con l’indigesto aumento di 70 franchi delle rendite AVS) lasciavano presagire un voto molto tirato sui due temi che concernevano la riforma delle pensioni in Svizzera.

E così è stato: la legge federale sulla riforma della previdenza per la vecchiaia (Previdenza 2020) è stata bocciata dal 52,7% dei votanti. Più risicato invece il voto sul finanziamento supplementare dell’AVS mediante l’aumento dell’IVA, sul quale i votanti si sono praticamente spaccati in due. La maggioranza dei voti contrari è stata infatti solo di 2’357 voti (su 1’257’032). Tuttavia anche una leggera maggioranza dei sì non sarebbe stata sufficiente per due motivi: da un lato il Consiglio federale, in perfetta logica, aveva accoppiato il voto sul finanziamento dell’AVS a quello sulla riforma della Legge sulla previdenza vecchiaia e dall’altro una netta maggioranza di cantoni sono stati contrari. Trattandosi di una modifica della Costituzione (i tassi dell’IVA sono infatti contenuti nella Costituzione federale), la maggioranza dei cantoni sarebbe stata necessaria. Però soltanto 10 cantoni hanno approvato la riforma, mentre 16 l’hanno respinta.

I motivi per opporsi alla riforma erano parecchi: dall’aumento dell’età di pensionamento delle donne, al già citato aumento delle rendite AVS che avrebbe accompagnato la diminuzione delle rendite delle casse pensioni (ma non tutte), dovuta a sua volta alla riduzione del tasso di conversione del capitale di vecchiaia in rendita, a parecchi altri motivi minori che possono aver scontentato i pensionati attuali e quelli futuri.
Sul piano puramente politico va anche rilevata una strana spaccatura all’interno delle grandi aree di pensiero. Per esempio i liberali radicali contrari, ma l’UDC favorevole. A sinistra i socialdemocratici (forse più a sostegno del loro ministro, responsabile della riforma, che per convinzione) favorevoli, ma tutta una serie di gruppi e partiti di sinistra contrari (dai i Verdi ai comunisti e via dicendo).

Che cosa succederà?
Il consigliere federale Alain Berset (nella foto) aveva già detto che in ogni caso la discussione sarebbe continuata. La riforma avrebbe infatti permesso di risanare l’AVS per un decennio, ma già dal 2027 sarebbero ricomparse le cifre rosse. “Ora occorre invece tornare alla casella di partenza”, ha detto il ministro, “fondando le discussioni su basi nuove”.
La casella di partenza si situa nel 1997 – 1998, quando è andata in porto l’ultima riforma della previdenza vecchiaia. In seguito non c’è più stato nulla da fare: tentativi di rivedere il sistema sono falliti nel 2004 e nel 2010 e da ultimo ieri.

Il consigliere federale ha ammesso la complessità del progetto: “Per la gente non era facile avere la visione d’insieme”. Tuttavia ha difeso l’idea di riformare contemporaneamente primo e secondo pilastro: “È l’unico modo per poter garantire complessivamente il livello attuale delle rendite, che è sempre stato l’obiettivo prioritario del Governo”.
Difficile dedurre da questo voto diversi atteggiamenti regionali. Per lo più si può vedere che i no provengono soprattutto dalla campagna, mentre i sì dalle città. Tra i cantoni si sono distinti il Ticino, con due sì (53,9% e 55,2%), il Giura (56,8% e 57,8%), ma anche Basilea-Città (55,0% e 56,6%) e Friburgo (54,1% e 56,1%). Tra i no prevalgono Svitto (64,3% e 52,2%), Glarona (63,0% e 61,3%), Appenzello interno (68,3% e 62,7%), ma anche San Gallo (59,2% e 56,5%). In ogni caso i consensi raccolti dalla proposta di aumento dell’IVA per il finanziamento dell’AVS potrebbe confermare che questa è una via da seguire.

Sì alla sicurezza alimentare
Senza storia invece il decreto sulla sicurezza alimentare, approvato dal 78,7% dei votanti e da tutti i cantoni. Il tema è sempre di grande attualità. Anche se a breve termine non cambierà nulla, il sì popolare sarà una indicazione politica importante per futuri adeguamenti delle leggi nel settore. La partecipazione al voto è stata del 46,8%, leggermente superiore a quella di altre votazioni popolari. L’importanza del tema per il futuro di tutti i cittadini avrebbe dovuto scomodare qualche cittadino in più, tanto più che il voto per corrispondenza è ormai generalizzato. Anche questo è un segno preoccupante per la democrazia diretta.

I. B.