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«L’e-voting e l’e-banking non sono paragonabili»

    Dalla scorsa estate, il progetto di voto elettronico in Svizzera è sospeso, ciò che ha deluso numerosi Svizzeri all’estero. Il cancelliere della Confederazione, Walter Thurnherr, ci parla della situazione, dei processi democratici e della sua convinzione che la sicurezza deve prevalere sulla velocità.

    Intervista: Marc Lettau, Susanne Wenger

    Revue Suisse: Signor Thurnherr, personalmente le è capitato di saltare una votazione?
    Walter Thurnherr: Per quel che posso ricordarmi non ho mai mancato un appuntamento, e voto sempre per corrispondenza, poiché ciò è rapido e molto pratico, tranne se si è ipovedenti o si vive all’estero.

    Se il tasso di partecipazione alle votazioni diminuisse di un terzo in Svizzera, ciò la preoccuperebbe?
    Il tasso di partecipazione si situa oggi già al disotto del 50%. Questo significa che circa un quarto della popolazione decide tutto. Trovo già questo preoccupante.

    Ma abbiamo osservato una netta diminuzione in occasione delle elezioni del Consiglio nazionale del 2019: in alcuni casi, l’affluenza alle urne degli elettori residenti all’estero è crollata.
    Ne conosciamo probabilmente la causa: la mancanza del canale di voto elettronico. Questo potrebbe cambiare di nuovo. Troverei più grave se i cittadini svizzeri non si interessassero più alle elezioni o alle votazioni.

    Questa mancanza temporanea del canale di voto elettronico fa in modo che presso la redazione della «Revue Suisse» riceviamo sempre più messaggi da parte degli Svizzeri all’estero che mostrano il loro disappunto. Comprende queste reazioni?
    Certamente. Soprattutto quelle delle persone che avevano in precedenza accesso al voto elettronico e vi erano abituate. È particolarmente frustrante per gli Svizzeri che effettuano un soggiorno limitato all’estero, poiché essi saranno direttamente interessati dalle decisioni prese al loro ritorno in Svizzera.

    Il voto elettronico è attualmente sospeso in Svizzera. Non è piuttosto clinicamente morto?
    Sospeso non significa necessariamente morto. Ma non significa nemmeno che saremo pronti a breve. Non si sa ancora cosa succederà. Questo dipende da molteplici fattori. I contrari al voto elettronico raccolgono firme con un’iniziativa popolare che chiede una moratoria. In Parlamento sono pendenti vari interventi. Nel frattempo vedremo se riusciremo a trovare un fornitore che propone un sistema sicuro.

    Lei è dunque ottimista?
    Sono soggetto a sbalzi d’umore (ride). Ancora quattro anni fa, il Consiglio degli Stati respingeva di misura una mozione che chiedeva che la Confederazione obbligasse i cantoni a proporre il voto elettronico prima delle elezioni del 2019. Dicevamo già allora che la sicurezza doveva prevalere sulla velocità e ricordavamo l’autonomia dei cantoni.
    In seguito, nell’ambito della consultazione sull’e-voting, quasi tutti i cantoni si sono dichiarati favorevoli, ma i partiti si sono in maggioranza pronunciati contro. Poi La Posta ha tentato di lanciare un sistema di e-voting totalmente affidabile. Ma si sono verificati diversi gravi errori che l’hanno indotta a ritirare momentaneamente il suo sistema. E l’opinione generale è cambiata.

    In che misura?
    Solo 15 anni fa, si pensava che Internet fosse un’ottima cosa per le democrazie e una pessima per le dittature. Oggi, si pensa piuttosto il contrario. Tutti questi elementi fanno in modo che oggi si consideri soprattutto che non bisogna fare non importa cosa. Ma sono sicuro che se due o tre cantoni possedessero un sistema totalmente affidabile, i cantoni vicini si chiederebbero immediatamente perché non introdurlo a loro volta. Molte cose hanno visto la luce in questo modo in Svizzera.

    I segnali che Berna invia sul voto elettronico sono contraddittori. Da una parte, lei, signor cancelliere federale, ha il compito di concepire una nuova fase di test del voto elettronico con i cantoni entro la fine dell’anno. Dall’altra, il Parlamento spinge sempre più verso l’abbandono dell’e-voting. Da cosa possono partire come presupposto i concittadini a Sydney o gli svizzeri a Ouagadougou?
    Se sono ben informati, gli svizzeri a Sydney e a Ouagadougou sanno come vanno le cose in questo paese. La Svizzera politica è una macchina di consultazione che a volte può incepparsi: può fare un passo avanti e poi due passi indietro. Le cose richiedono tempo. Non dimentichiamo che i dibattiti attorno al voto per corrispondenza, che è stato introdotto nel 1994 in tutta la Svizzera, sono iniziati negli anni ’30. Il canton Ticino l’ha introdotto solo pochi anni fa per i temi cantonali.

    L’estate scorsa, il Consiglio federale ha rinunciato a lanciare il voto elettronico in maniera generalizzata, e aspira ad una nuova fase di sperimentazione. Diversi cantoni hanno già effettuato dei test a partire dal 2004.
    Nella nuova fase di sperimentazione, vogliamo andare più lontano rispetto ad ora e testare un sistema totalmente affidabile. Ciò è indispensabile per l’utilizzo dell’e-voting su ampia scala. Ma il sistema della Posta presentava dei difetti. Nella nuova fase di sperimentazione annunciata, si tratterà di superare questi problemi. Ciò riflette la nostra politica: avanzare lentamente, ma in modo sicuro.

    L’e-voting è criticato soprattutto perché si teme per la sicurezza. Un sistema di voto elettronico sicuro è realizzabile?
    Non avremo mai una sicurezza al 100%. Ogni processo elettronico può essere piratato o subire dei danni. Ma costruiremo dighe di protezione così elevate che un hacker dovrebbe compiere sforzi colossali per abbatterle passando inosservato. L’obiettivo è quello di raggiungere la massima sicurezza possibile, come per le centrali nucleari e gli aerei. Le persone che chiedono una sicurezza assoluta non dovrebbero più salire su un aereo.

    Numerosi elettori della «Quinta Svizzera» non condividono questi timori in materia di sicurezza. Essi criticano il fatto che si dia fiducia all’e-banking e ai contatti elettronici con le autorità, e non al voto elettronico.
    Non si può fare un paragone. L’e-banking comporta relazioni individuali cliente-server, mentre nell’e-voting, è interessato tutto un sistema. I dati sarebbero indiscutibilmente più importanti. Anche il solo sospetto che i voti possano essere modificati non giova alla credibilità del sistema democratico. Per questo motivo poniamo requisiti di sicurezza molto più elevati sul voto elettronico rispetto a qualsiasi altro sistema elettronico. Questo non ci ha resi molto popolari presso i fornitori di sistemi di e-voting.

    Delle manipolazioni possono verificarsi anche nel voto per corrispondenza, molto diffuso. E diverse migliaia di schede di voto sono ogni volta invalidate poiché ad esempio la firma non corrisponde.
    Il paragone è leggermente fuorviante. Il voto per corrispondenza può essere oggetto di manipolazioni isolate, ma non di grande portata. Per il voto elettronico esiste il timore che si riesca ad introdursi nel server e a modificare tutto il risultato della votazione. I critici dell’e-voting chiedono giustamente che si rimanga prudenti quando sono in gioco i nostri processi democratici. Per questo dobbiamo spiegare ciò che facciamo per fare dell’e-voting un sistema il più possibile sicuro.

    Esistono altri mezzi rispetto all’e-voting per permettere agli Svizzeri all’estero di esercitare il diritto di voto che la legge attribuisce loro? Ad esempio l’invio elettronico dei documenti?
    Non penso che l’invio elettronico sia una buona idea. È certamente meno sicuro di un sistema di e-voting completamente verificabile. E aiuta solo quegli Svizzeri all’estero la cui posta è troppo lenta perché i documenti possano arrivare e tornare in tempo utile. L’e-voting non è unicamente destinato agli Svizzeri all’estero. 350 000 persone cieche e ipovedenti in Svizzera potrebbero finalmente beneficiare del segreto del loro voto e delle elezioni. L’invio elettronico dei documenti non è di alcuna utilità per loro.

    In questo caso, non si potrebbe da dove si vive, ad esempio all’ambasciata del paese nel quale si abita?
    Quando vivevo a Mosca, ho potuto consegnare la mia busta per il voto al corriere diplomatico. Tuttavia, se siete a casa vostra a Vladivostok o a Irkutsk, non è una buona idea, perché dovete recarvi a Mosca per ogni votazione. Ciò che viene talvolta proposto è che una persona di collegamento in Svizzera riceva a compili la scheda di voto del cittadino che vive all’estero secondo il suo desiderio. Ma gli Svizzeri all’estero auspicano veramente di rinunciare al segreto del voto? Naturalmente, siamo aperti ai miglioramenti. Cosi, abbiamo prolungato di una settimana il termine a partire dal quale i documenti possono essere inviati. E potrebbero nascere altre soluzioni se il voto elettronico dovesse essere messo da parte nell’ambito del dibattito democratico.

    La «Quinta Svizzera» non potrebbe avere un suo circondario elettorale separato?
    Per questo, bisognerebbe modificare la Costituzione. 760 000 Svizzeri vivono all’estero. Lanciate dunque un’iniziativa popolare se lo ritenete opportuno. Temo però che ciò non risolverà i problemi di distribuzione postale in alcuni Paesi.

    In sostanza, le critiche della Quinta Svizzera riguardano meno il canale elettronico che il senso d’ingiustizia. Nei giorni delle elezioni, sembrerebbe che non tutti gli Svizzeri dispongano di fatto degli stessi diritti.
    Capisco la frustrazione di chi vorrebbe avere voce in capitolo ma non può. Tuttavia, il voto per lettera è stato introdotto con la riserva che non vi è alcuna garanzia che i documenti vengano consegnati in tempo. Me lo ricordo bene perché una volta ero a capo del Servizio Svizzeri all’estero del Dipartimento federale degli affari esteri. Se la posta brasiliana distribuisce le buste di voto troppo tardi, non si può esigere di ripetere la votazione in Svizzera. L’atteggiamento della Svizzera è del resto tollerante a questo proposito. Gli Svizzeri conservano dei diritti politici anche se vivono all’estero da diverse generazioni. Bisognerebbe di tanto in tanto sottolinearlo.

    Walter Thurnherr dirige la Cancelleria federale dal 2016. È inoltre il principale responsabile delle elezioni e delle votazioni. Nato in Argovia, il fisico di formazione aveva in svolto varie funzioni in seno all’amministrazione federale nonché nel servizio diplomatico, con in particolare dei soggiorni a Mosca e a New York.

    Il parere di Walter Thurnherr rispetto al voto elettronico: «Sono soggetto a sbalzi d’umore.» Foto Danielle Liniger

    Walter Thurnherr: «Capisco la frustrazione di coloro che vorrebbero votare e non possono farlo.»

    Walter Thurnherr a colloquio con la «Revue»: «Non esisterà mai una sicurezza al 100%.»