Il ruolo delle città alpine, moltiplicatelo per 10

Di ghiacciai e formaggio, ma non solo. Il Congresso del Collegamento ha voluto illustrare e sensibilizzare anche sul ruolo delle “Città” alpine. Le virgolette sono d’obbligo, perché secondo la Convenzione delle Alpi, la definizione di città non si rifà a quella canonica del minimo di 100'000 abitanti, ma riguarda insediamenti minimi di 5’000 abitanti o 3’000 se non si trovano vicini ad una grande città.

Ne ha parlato alla platea Wolfger Mayrhofer vice segretario generale della Convenzione delle Alpi, illustrando come le città maggiori sorgano nella grandi vallate, come quella dell’Inn e ai margini dei confini alpini.

Il cambiamento climatico costituisce una minaccia per le città e i loro abitanti, ad esempio nel contesto dell’approvvigionamento idrico è particolarmente pressante. In questo contesto le città alpine occupano una posizione particolare perché non sono tra i principali fornitori di acqua né tra i maggiori consumatori. Diverse realtà soffrono già di carenza d’acqua o rischiano di soffrirne a breve. Questo concerne soprattutto città che fanno parte dei grandi agglomerati dove il settore agricolo nelle aree circostanti è un grande consumatore.

Tendenze rafforzate in quota

Mayrhofer spiega come la regione alpina sia esposta ad un aumento medio della temperatura superiore alla media europea, soprattutto nei territori italiani e francesi, ma anche in diverse città svizzere. In generale le aree sudoccidentali soffrono in modo sproporzionato di questo fenomeno. Sul lato economico la maggior parte delle città alpine mostrano trend positivi dell’occupazione, più critica un po’ nelle zone meridionali. Anche l’accessibilità riveste un ruolo significativo, con le città che giocano un ruolo nella messa a disposizione dei collegamenti. L’accessibilità mediante ferrovia è scarsa, soprattutto in Slovenia o Francia.

Un monito alla politica alpina: «contate più di quanto pensiate»

In un contesto di notevoli cambiamenti, Mayrhofer lancia un monito ai governanti della città alpine, indicando che esse svolgono funzioni centrali che vanno ben oltre le loro dimensioni. Nella lotta a questi cambiamenti la forza di una realtà alpina va moltiplicata per 10 rispetto ad una città al di fuori del perimetro montagnoso. Inoltre le città alpine collegano territori urbani e rurali e sono moltiplicatori nelle strategie di sviluppo regionale. Esse partono da una situazione già piuttosto favorevole poiché sono relativamente ricche, diversificate, in una posizione centrale in Europa e con potenzialità uniche.

Dunque, nel contesto montano le città alpine hanno una rilevanza simile a quella delle metropoli in altri territori dell’Europa. Sostenere è dunque fondamentale per uno sviluppo sostenibile. Questo vale anche per le politiche nazionali. Le città alpine possono rappresentare una chiave per tradurre efficacemente innovazioni economiche ed ecologiche in territori più grandi. Il campo su cui occorre investire rimane senz’altro quello della collaborazione transnazionale: questo, conclude il vicesegretario generale della Convenzione delle Alpi, andrebbe a beneficio di tutti.

Il perimetro della Convenzione delle Alpi comprende anche numerose “Città”, il cui ruolo è spesso sottovalutato

I relatori all’84° Congresso del Collegamento (da sinistra): Wolfger Mayrhofer vice segretario generale della Convenzione delle Alpi, Francesco Gubert, agronomo e dr. Christian Casarotto, glaciologo.

La Convenzione delle Alpi

La Convenzione delle Alpi è il primo trattato internazionale finalizzato allo sviluppo sostenibile di un’intera catena montuosa. Otto nazioni alpine (tra cui Svizzera e Italia) hanno siglato la convenzione, insieme all’UE. Lo Sviluppo sostenibile delle Alpi riguarda i tre pilastri della sostenibilità. La convenzione è composta da 1 convenzione quadro e 8 protocolli. Gli obblighi nei protocolli sono giuridicamente vincolanti. I temi sono la gestione dell’acqua, il turismo sostenibile, la qualità dell’aria, i cambiamenti demografici e, appunto, le città alpine.