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La neve dei tempi passati

    La neve diventa un bene prezioso.

    La neve diventa sempre più rara nell’Altipiano svizzero e sulle Alpi. A causa del riscaldamento climatico, lo splendore bianco è spesso presente solo in altitudine.

    Lo «snowfarming» è la nuova formula magica nelle stazioni di sport invernali. Uno dei pionieri è Davos, che già da dieci anni conserva durante l’estate delle riserve di neve dell’inverno precedente sotto una spessa coltre di segatura di legno. È così possibile preparare già in autunno una pista di sci di fondo lunga 4 chilometri, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche. La produzione di neve artificiale richiederebbe infatti temperature basse e tempi abbastanza lunghi.

    Grazie allo «snowfarming», si è potuta preparare per la prima volta lo scorso mese di ottobre una pista di sci nel paesaggio autunnale ancora verde. Sulla Tschentenalp al disopra di Adelboden, i gatti delle nevi hanno “raccolto” 24 000 metri cubi di neve naturale per formare un deposito di otto metri di altezza alla fine della stagione invernale. Nel corso dell’estate, la collina di neve è stata ricoperta da pannelli termici isolanti e da teloni. Benché il 30% del volume si sia sciolto a causa del calore estivo, sei mesi dopo, la neve rimanente era sufficiente per la preparazione di una pista di 500 metri di lunghezza, 40 metri di larghezza e circa 80 centimetri di spessore. Dietro questo progetto pilota, costato 250’000 franchi, c’è un’associazione regionale che vuole offrire agli sciatori locali un’alternativa all’allenamento sulle piste da sci dei ghiacciai, piuttosto discoste.
    Finora sono stati realizzati dei progetti di «snowfarming» in una decina di destinazioni svizzere, ha indicato l’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe (SLF). Oltre a Davos e Adelboden, la conservazione estiva della neve è particolarmente frequente nelle stazioni sciistiche dei ghiacciai in alta quota, come Saas Fee, Gemsstock, Piz Corvatsch o Diavolezza. Un’inchiesta del SLF concernente un centinaio di stazioni sciistiche nelle Alpi germanofone e in Scandinavia mostra un crescente interesse per questa tecnica: quasi la metà delle risposte a proposito della costituzione di riserve di neve sono state positive. Sebbene questo metodo di stoccaggio non sostituisca l’innevamento su grandi superfici, esso compensa i brevi periodi di innevamento che precedono l’inverno, quando fa ancora troppo caldo per far funzionare i cannoni per l’innevamento.

    L’isoterma di zero gradi si alza sempre di più
    Con il riscaldamento climatico, le temperature medie invernali continuano ad aumentare– secondo gli ultimi scenari climatici CH2018 per la Svizzera da 2,0 a 3,5 gradi Celsius. Gli scienziati si attendono entro il 2060 che l’isoterma di zero gradi passi in inverno dagli attuali 850 metri a 1500 metri di altitudine. Senza misure di protezione del clima, entro la fine del XXI secolo l’isoterma di zero gradi potrebbe perfino raggiungere in inverno i 1900 metri d’altezza, vale a dire fino alla cima della Tschentenalp.

    Ad altitudini inferiori agli 800 metri, gli inverni poco innevati non sono più un’eccezione. Dal 1970, il numero di giornate di innevamento a questa altitudine si è dimezzato. Ma la mancanza di neve si estende sempre di più ad altitudini più elevate: entro la metà del secolo, la copertura di neve al disotto dei 1000 metri dovrebbe diminuire di circa la metà – entro la fine del secolo, questo calo raggiungerà probabilmente l’80%. In seguito, le piogge potrebbero anche sostituire la neve, ciò che potrebbe provocare delle inondazioni. Un’aria più calda può assorbire più acqua. Se il riscaldamento del pianeta non viene rallentato, gli acquazzoni invernali potrebbero, secondo le previsioni, essere dal 10 al 20 per cento più forti entro la fine del secolo.

    I ghiacciai mancano di «alimentazione»
    Secondo gli scenari climatici, la maggior parte delle località alpine dovrà attendersi una diminuzione delle precipitazioni nevose, in particolare in primavera. Le quantità ridotte di neve sono fatali per i ghiacciai: essi sono sempre meno «alimentati». Inoltre, la mancanza di una copertura di neve protettrice accelera lo scioglimento della massa di ghiaccio. Dopo il 1850, i ghiacciai alpini hanno perso circa il 60% del loro volume. Solo nel corso degli ultimi dieci anni è stato perso un quinto della massa di ghiaccio, malgrado lo scorso inverno 2017/18 venga ricordato in molti luoghi come quello con più neve degli ultimi 20 anni. Tuttavia, durante i mesi caldi e secchi di aprile e maggio, la spessa coltre di neve si è sciolta rapidamente. A ciò va aggiunta un’estate 2018 estremamente secca. Dall’inizio della misurazione 81 anni fa sul Weissfluhjoch, a 2540 metri, non vi è mai stata così poca neve fresca come durante l’estate dell’anno scorso.

    La neve artificiale ha bisogno di molta acqua
    La siccità ha inoltre un impatto sulla gestione dell’acqua nelle stazioni sciistiche. Questo perché la produzione di neve artificiale richiede molta acqua. A Davos, ad esempio, circa un quinto del consumo annuale di acqua del comune è utilizzata per la fabbricazione della neve. E i cannoni per l’innevamento funzionano proprio nel momento in cui i livelli dell’acqua dei ruscelli e dei fiumi sono già bassi. In questi ultimi anni, i gestori di piste hanno sempre più spesso costruito dei laghi artificiali da utilizzare quali riserve idriche. Tuttavia, soltanto due stazioni sciistiche su tre innevate artificialmente dispongono di un lago come riserva. Senza riserva idrica locale e con il tempo sempre più secco, l’innevamento diventa sempre più difficile: se l’acqua è prelevata da un corso d’acqua, una quantità minima di acqua residua deve essere garantita. Di fronte all’aggravarsi della siccità, questo porta ad obiettivi contraddittori.

    Pascale Josi, giovane studentessa, ha intervistato 120 responsabili di stazioni sciistiche svizzere sul loro utilizzo dell’acqua. La sua conclusione: in una stazione sciistica su quattro, si riconosce un «potenziale di conflitto» tra la gestione dell’acqua e l’innevamento artificiale. La ricercatrice ha pure chiesto ai gestori delle stazioni sciistiche da dove proviene l’acqua utilizzata per fabbricare la neve artificiale: il 34% ricava l’acqua dai ruscelli e dai fiumi, il 30% da fonti di acqua potabile, il 21% dalle sorgenti e il 15% dai laghi naturali.

    La ricercatrice nota che l’acqua potrebbe rarefarsi, in particolare dopo periodi di siccità come quelli degli ultimi anni, soprattutto nelle vallate alpine con poche precipitazioni. Tuttavia, a livello nazionale, la produzione di neve artificiale non sembra direttamente minacciata: le Alpi sono tutt’oggi considerate il «castello d’acqua dell’Europa».

    Theodora Peter
    GIORNALISTA INDIPENDENTE A BERNA (SPRACHKRAFT.CH)

    Sciare alla fine dell’autunno sulla Tschentenalp – sulla neve dell’anno passato: la pista è fatta di neve dell’inverno precedente, che è stata conservata durante l’estate.
    (Photo Keystone)

    Sguardo sulla meteo del futuro

    Gli “scenari climatici CH2018” pubblicati in novembre mostrano come il cambiamento climatico cambierà la Svizzera nei prossimi decenni. Dopo il 2007 e il 2011, si tratta del terzo rapporto redatto dai climatologi di Meteo Svizzera, dell’ETH di Zurigo e dell’Università di Berna su richiesta del Consiglio federale. Sono ora disponibili per la prima volta dati quantitativi, ad esempio sul volume delle precipitazioni da prevedere in caso di forti piogge.

    Il rapporto è collegato in rete ad un atlas Web e ad ampie basi di dati per ogni regione.

    https://www.nccs.admin.ch/nccs/fr/home/changement-climatique-et-impacts/scenarios-climatiques-suisses.html