Fine della tassazione di redditi in Italia?
Gentile Avvocato,
Le scrivo per una situazione fiscale personale in quanto ho letto un suo articolo online in cui affrontava proprio problematiche di fiscalità Italia-Svizzera.
Il mio caso è il seguente. Sono un doppio-cittadino italo-svizzero e risiedo in Svizzera già da alcuni anni. Lavoro come dipendente in un’azienda sempre in Svizzera che consente lo smart-working al 60%, per cui non ho l’obbligo di presenza ma devo andare in ufficio solo in determinati momenti.
Mi reco in Italia occasionalmente, soprattutto per ragioni affettive e sentimentali, o per trascorrere qualche periodo di vacanza ed i week-end in estate.
Ora Le chiedo se secondo Lei corro il rischio di essere tassato in Italia in qualche modo?
Grazie anticipate per la sua risposta.
(L.C. – Svizzera)
Gentile Lettore,
molte grazie per la Sua richiesta, alla quale diamo volentieri riscontro in questo numero non solo per la sua importanza ma anche per la sua tempestività.
Essa, infatti, contiene ben due elementi di grande novità ed attualità. Il primo riguarda, come già intuibile dal titolo, la cancellazione della Svizzera dalla black-list italiana sui paradisi fiscali, ed il secondo il telelavoro, che ha visto una notevole diffusione a vari livelli dopo la pandemia.
Cercheremo di trattarli entrambi nello spazio che ci è concesso per rispondere, anche se non diffusamente, data l’ampiezza dei temi e le loro implicazioni. Vediamo meglio.
La Svizzera e la black-list
La Sua situazione di doppio-nazionale con la cittadinanza anche italiana effettivamente la espone ad un rischio fiscale per via della Sua residenza svizzera, e dunque la Sua preoccupazione è giustificata. Tale rischio, tuttavia, risulta oggi mitigato, come spiegherò meglio.
Il principio cardine italiano dell’imposizione tributaria (art. 3 TUIR) è costituito dal fatto che il soggetto residente fiscalmente in Italia vede assoggettato qui il suo reddito, ovunque esso sia prodotto, anche se fuori dai confini nazionali (worldwide taxation principle).
Come ben noto a chi ci ha seguito sulla Gazzetta Svizzera in tutti questi anni, la residenza fiscale si determina in funzione della sussistenza di precisi requisiti stabiliti dall’art. 2, comma 2 TUIR (residenza anagrafica, domicilio o residenza civilistica, per la maggior parte del periodo d’imposta) la prova dei quali è onere che grava sulla pubblica amministrazione – con una significativa eccezione, però.
Il comma 2-bis del medesimo articolo, infatti, prevedeva fino ad oggi, che i cittadini italiani (o doppi-nazionali con cittadinanza anche italiana) residenti in un paese a fiscalità privilegiata (c.d. paradisi fiscali) si presumessero residenti in Italia, salvo prova contraria – e dunque con un’inversione dell’onere della prova posta a carico del contribuente.
Tali paesi erano elencati in un risalente Decreto Ministeriale del 4.5.1999 (!) che comprendeva anche la Svizzera. Nella pratica, dunque, in questi casi si prescindeva anche dall’iscrizione all’AIRE, dal possesso di un permesso di residenza, soggiorno o dimora o dal fatto di aver versato le imposte nell’altro paese.
In passato abbiamo spesso denunciato l’ingiustificata inclusione della Confederazione Elvetica nella black-list italiana, soprattutto dopo l’adeguamento avvenuto agli standard internazionali e l’introduzione attuale dello scambio di informazioni fiscali da parte della Svizzera.
Ed in effetti la stessa Roadmap del 2015 siglata da Italia e Svizzera in occasione della Voluntary Disclosure contemplava tale esclusione della Svizzera. Ciononostante, la circostanza non si era mai avverata.
Ebbene, è notizia di questi giorni che, finalmente, la Svizzera è uscita dalla black-list italiana dei paradisi fiscali. In data 20.4.2023, dopo lunghe e faticose trattative, i due paesi hanno sottoscritto a Roma un accordo importante in tal senso.
Ciò non significa, però, che siano venuti meno uno status o i criteri determinanti la residenza fiscale in Italia, ma semplicemente che non varrà più l’inversione dell’onere della prova sul contribuente, e dunque la posizione di soggetti nella Sua stessa situazione è assai più agevolata, restando in capo allo Stato l’obbligo di provare volta per volta che la residenza è fittizia.
Con riferimento specifico al Suo caso, mi pare di poter dire che il rapporto di lavoro dipendente in Svizzera, unitamente ad altri eventuali elementi, siano rassicuranti della Sua residenza effettiva in Svizzera e della Sua posizione fiscale all’estero e consentano una chiara ripartizione del potere impositivo tra Italia e Svizzera. A nulla rileva lo smart-working nella fattispecie, sempre che avvenga nel luogo di residenza, e non in Italia.
Tutto quanto sopra, infatti, salvo che l’Agenzia delle Entrate non possa dimostrare il contrario, e cioè che Lei trascorra in realtà la maggior parte del periodo impositivo in Italia, per stare con i suoi cari o per altre ragioni. E ciò ci conduce alla seconda parte del quesito.
Lo smart-working ed il fisco
Il tema del telelavoro ha anch’esso rilevanti implicazioni fiscali, proprio e soprattutto con riferimento alla residenza fiscale dei soggetti, i quali possono svolgere la loro attività lavorativa in qualsiasi parte del mondo non rilevando più il luogo fisico della prestazione.
Anche a tal proposito ha provveduto a fornire utili chiarimenti la firma dell’intesa politica dei cui sopra tra Italia e Svizzera, la quale ha prorogato sino al 30.6.2023 il regime impositivo transitorio del telelavoro per i lavoratori frontalieri.
Come forse non tutti sanno, l’Italia e Svizzera non hanno sottoscritto solo un nuovo accordo sui lavoratori frontalieri nel dicembre 2020 (che la Svizzera ha già approvato nel 2022 mentre l’Italia non l’ha ancora ratificato), sostitutivo di quello del 1974 di cui magari parleremo in uno dei prossimi numeri.
In realtà, nel giugno 2020 Italia e Svizzera, sempre nell’alveo della Convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizioni e nel contesto pandemico, hanno concluso un accordo amichevole (c.d. Accordo Covid-19) a carattere derogatorio in base al quale, in via eccezionale e provvisoria:
- i giorni lavorati nello Stato di residenza per un datore di lavoro nell’altro Stato sono considerati giorni di lavoro nello Stato in cui la persona avrebbe lavorato e percepito la remunerazione, per tutte le persone fisiche che svolgono abitualmente un’attività lavorativa dipendente;
- i lavoratori che hanno trascorso più giorni consecutivi nell’altro Stato contraente per svolgere l’attività di lavoro dipendente per un datore di lavoro situato nello Stato contraente senza rientrare nello Stato di residenza, sono considerati frontalieri ai sensi dell’Accordo del 1979.
Tutto ciò prescindendo dall’esistenza o meno di misure restrittive alla circolazione delle persone in Italia o Svizzera.
L’Accordo è poi stato già rinnovato nel dicembre 2022, e ora di nuovo.
Venendo anche qui al Suo problema specifico, non è dato comprendere se Lei è un frontaliere o meno, anche se dal tenore della Sua lettera tenderei ad escluderlo. Tuttavia l’Accordo Covid-19 del 2020, siglato per far fronte alle obiettive difficoltà del periodo, pur restando eccezionale e provvisorio, non è limitato ai soli lavoratori frontalieri, come visto.
In tal caso, se Lei svolge le Sue prestazioni lavorative in smart-working in qualsiasi posto della Svizzera non sorge alcun problema in ordine alla Sua posizione fiscale.
Viceversa, se Lei approfitta del telelavoro per recarsi in Italia dai suoi affetti, la circostanza potrà essere indifferente per il Suo datore di lavoro ma non per il fisco italiano, quantomeno dopo il 30.06.2023. Essa, infatti, potrebbe risultare pericolosa perché offrirebbe più occasioni per dimostrare la Sua presenza nel territorio italiano, e con essa anche la possibilità di un accertamento della residenza fiscale in Italia secondo i principi ordinari e generali italiani, e quelli della Convenzione italo-elvetica.
Sotto questo altro profilo, abbiamo già più volte analizzato la giurisprudenza italiana e gli orientamenti interpretativi dal fisco italiano in materia.
Purtroppo la lettera non ci fornisce altri elementi di fatto sui Suoi affetti o su altri interessi in Italia ai fini della valutazione del domicilio, né sul datore di lavoro. Va comunque ricordato, da un lato, che in casi dubbi può operare la Convenzione italo-svizzera contro la doppia imposizione del 9.3.1976 per dirimerli, dall’altro lato, però, che spesso la presenza della propria famiglia può costituire un dato rilevante per ricavarne la residenza fiscale in Italia.
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Conclusione
Alla luce di quanto sin qui esposto, risulta evidente come Lei possa, seppur con le cautele indicate, tranquillamente lavorare in Svizzera e visitare i Suoi cari o passare occasionalmente le vacanze in Italia.
Il rischio sussiste in caso di permanenza prolungata oltre i 183 giorni all’anno (184 negli anni bisestili), e sempre che questa sia dimostrabile dal fisco italiano, non essendo più operante la presunzione relativa di residenza in Italia per i cittadini italiani in Svizzera, ovvero trascorrere altri periodi in Italia con il telelavoro, soprattutto dopo il 30.6.2023.
Va comunque detto, per completezza e scrupolo, che le novità da noi citate necessiteranno di un formale recepimento normativo per essere operanti e occorrerà verificarne il contenuto concreto.
La ringrazio, dunque, di avermi consentito di affrontare l’argomento e di parlare di queste novità, e spero sinceramente di essere stato utile a Lei ed ai nostri Lettori. Un cordiale saluto a tutti,
Avv. Markus Wiget