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Le Guardie Svizzere: coraggio e fedeltà

    Da oltre cinquecento anni la Guardia Svizzera protegge il Papa: la più piccola armata del mondo al servizio dello stato più piccolo del mondo.

    È un sodalizio che ha origini antiche poiché sin dalla fine del XIII secolo i soldati svizzeri godono in tutta Europa di fama di combattenti straordinari. Sanno destreggiarsi abilmente con l’alabarda e la picca: armi lunghe e pesanti che si impugnano con entrambe le mani e sono abili tiratori con la balestra, resa celebre grazie alle gesta del leggendario eroe elvetico, Guglielmo Tell [1]. La forza militare svizzera che é praticamente invincibile, fino alla terribile battaglia di Marignano nel 1515, diviene ben presto cruciale nei giochi di potere europei. Dopo Marignano, il nostro Paese inizia a coltivare una politica di indipendenza e neutralità che la contraddistinguerà nei secoli a venire.

    Il primo ad arruolare mercenari svizzeri per la propria difesa è Luigi XI di Francia: nel 1480 seleziona 100 guardie del corpo, noti come i Cent Suisses, impegnati dal 1494 fino al 1559 nelle otto “orrende” [2] battaglie per la conquista d’Italia, fino alla pace di Cateau Cambresis. In Vaticano, la protezione personale del papa da parte delle Guardie Svizzere è sancita da due importanti momenti storici: il 22 gennaio 1506 e il 6 maggio 1527.

    La prima ricorrenza segna la nascita ufficiale dell’esercito svizzero su impulso del “papa guerriero”, Giulio II, desideroso di trasformare lo stato pontificio in una potente monarchia temporale al pari degli emergenti stati nazionali europei. Il 22 gennaio 1506, dopo un estenuante viaggio a piedi di sei mesi attraverso le Alpi, il comandante Kaspar von Silenen e 150 soldati elvetici arrivano a Roma per rimanere.

    Il 6 maggio 1527 inizia il famigerato Sacco di Roma: un attacco furioso e senza precedenti che si protrae per nove mesi da parte dei Lanzichenecchi, le forze militari dell’imperatore Carlo V. Un numero impressionante di romani sono vittime delle armi e della pandemia di peste, molte chiese e conventi vengono profanati e tra questi vi sono la Basilica di San Pietro e la Cappella Sistina [3] trasformate addirittura in una stalla! Mentre la città è barbaramente saccheggiata, quarantadue guardie svizzere, guidate dal vice comandante Herkules Gödli, portano in salvo papa Clemente VII attraverso il corridoio segreto sopra le mura vaticane che collega San Pietro a Castel Sant’Angelo. In Vaticano, il comandante Kaspar Roïst e altre 147 guardie respingono a costo della propria vita le truppe imperiali. L’episodio di estremo coraggio e fedeltà al papa viene ricordato e commemorato ogni anno con la cerimonia del giuramento delle nuove guardie pontificie. Simbolo della lenta di rinascita di Roma dopo il devastante saccheggio subito è il dipinto del Giudizio Universale ad opera di Michelangelo, posto sopra l’altare della Cappella Sistina.

    Il Giuramento delle Guardie Svizzere
    La mattina del 6 maggio il papa celebra la messa e una corona di fiori viene depositata alla memoria delle guardie morte per difendere papa Clemente VII. Una breve fanfara dà inizio alla cerimonia alle 5 del pomeriggio e, nel Cortile di San Damaso, tra il palazzo Apostolico e la Cappella Sistina, un piccolo plotone marcia, in silenzio, seguito dalle reclute che indossano alabarde e costumi di foggia rinascimentale. Il momento è solenne: una alla volta le reclute con la bandiera nella mano sinistra alzano tre dita della mano destra, in omaggio alla Santissima Trinità, e pronunciano il giuramento:

    “… giuro di servire, lealmente, e onorevolmente il sommo pontefice e i suoi legittimi successori, come pure di dedicarmi a loro con tutte le forze, sacrificando, ove occorra, anche la vita per la loro difesa...”

    Alla cerimonia sono naturalmente presenti i familiari, ma anche cardinali e alti dignitari vaticani, oltre a una rappresentanza del governo italiano e ufficiali militari di diverse nazionalità, tutti schierati nelle loro belle uniformi ricche di medaglie. L’emozione si respira nell’aria e si dipana pian piano al ritmo dell’inno svizzero e di quello del Vaticano, che chiudono l’evento.

    Il 4 gennaio di quest’anno, 15 reclute hanno iniziato l’addestramento con un corso di formazione di due mesi. Sono ventenni svizzeri che spesso non sono mai stati al di fuori del proprio cantone, ma che buttano il cuore oltre l’ostacolo e si arruolano. Oggi sono 135 i soldati al servizio del papa che grazie ad una vincente campagna di informazione e promozione contano ben 25 unità in più rispetto a tre anni fa. “E’ un risultato davvero inaspettato! Siamo contenti e orgogliosi di avere raggiunto questo obiettivo così rapidamente che ci fa iniziare l’anno più forti e con piena fiducia. L’essere presenti su Facebook e Instagram ci permette di rimanere in contatto soprattutto con i giovani e ci aiuterà ad aumentare il nostro raggio di influenza, mettendoci anche a confronto con le altre Guardie del mondo” ha dichiarato il Vice Caporale David Meier, social media manager del Corpo.

    L’orgoglio e il senso di appartenenza al Corpo è raccontato nel suggestivo video che vale più di mille parole e che trovate sul sito di Gazzetta Svizzera.

    Le Guardie Svizzere oggi
    Ovunqui pernotti il Papa lì sono presenti le guardie: la moderna guardia veglia sempre sull’incolumità del Santo Padre ed è equipaggiata sia con armi tradizionali che con moderne armi da fuoco. Apprendere tecniche di sicurezza sempre più sofisticate e saper valutare rapidamente tutti i rischi è oggigiorno basilare per poter prevenire possibili attacchi in Vaticano, ma soprattutto da quando i papi – a cominciare da papa Giovanni Paolo II – ricercano sempre più il contatto fisico con la gente. E’ stato l’assalto di Ali Agcsa a papa Giovanni Paolo II nel 1981 e più recentemente il riaccendersi del clima di terrorismo che ha portato la Guardia Svizzera anche a potenziare l’addestramento e a rendere sempre più performante l’equipaggiamento. In particolare, l’elmo metallico forgiato a mano e pesante quasi due chili, a corredo dell’affascinante armatura medioevale, é stato sostituito nel 2019 da un nuovo casco high tech. Quest’ultimo pesa solo 570 grammi ed è molto facile da trasportare e anche più economico, in quanto è realizzato in plastica con una stampante 3D, da una azienda svizzera.

    Non ricoprono quindi solo un mero ruolo cerimoniale, quello delle grandi occasioni per intenderci, ma i selezionatissimi militari presidiano con grande professionalità, giorno e notte, gli ingressi della Città del Vaticano. Ragazzi orgogliosi del proprio lavoro che li porta a sacrificare due o più anni della loro vita, a posticipare di alcuni anni il matrimonio e espletare lunghi e solitari turni di guardia.

    Ma come si entra a far parte di questo prestigioso Corpo?

    I criteri per l’ammissione sono pochi ma ferrei: la cittadinanza svizzera, un’altezza minima di 1,74, l’ottenimento della maturità o diploma di apprendistato, la conclusione della scuola reclute, la religione cattolica e una reputazione impeccabile.

    A fronte di sparute voci che considerano il reggimento anacronistico e “fuori moda”, ci sono moltissimi simpatizzanti che commentano con entusiasmo le pagine social della Guardia Svizzera. “I nostri follower, racconta il Vice caporale Meier, sono ragazzi che ci scrivono da tutto il mondo, curiosi di conoscere la nostra storia, ricca di avvenimenti unici. Spesso insistono per entrare nel Corpo, anche se, lo ribadiamo, una delle condizioni imprescindibili è l’essere cittadino svizzero e aver svolto il servizio militare. Ciò che davvero ci interessa è proprio invitare i giovani svizzeri a diventare parte di questa nostra storia e a condividere i nostri valori a fianco del sommo pontefice”.

    I curiosi dei social media, e non solo, sono in particolare attratti dall’uniforme di gala! Ne era ben consapevole papa Benedetto XVI che rivolgendosi alle guardie dichiarava: “Le vostre storiche uniformi parlano a pellegrini e turisti di ogni parte del mondo di qualcosa che malgrado tutto non muta, parlano cioè del vostro impegno di servire Dio servendo il servo dei suoi servi”.

    Sembra che l’origine dei particolari abiti sia riconducibile ad un disegno di Raffaello, che riuscì attraverso i suoi dipinti a influenzare la moda del tempo. Ma Fu papa Leone X a scegliere il colore delle divise ispirandosi alla sua casata, quella dei Medici: rosso, giallo e blu . Nelle occasioni importanti, a Natale e a Pasqua le guardie indossano sopra la divisa di gala la corazza del XVII° secolo, con guanti e colletto bianchi. Gli alabardieri hanno un casco color argento con una piuma rossa, mentre la piuma degli ufficiali è viola scuro. Il Comandante e il Sergente Maggiore sfoggiano invece una piuma bianca. Sui lati del casco è impressa la quercia dei Della Rovere, la famiglia di Papa Giulio II, fondatore della Guardia.

    [1]  Uno storico veneziano del tempo scriveva: “Helvetii ceteros perterrentes quales leones inter lupos” (gli Svizzeri terrorizzano gli altri, come leoni in mezzo ai lupi).

    [2]  È Niccolò Macchiavelli che definì orrende le otto guerre d’Italia con cui le grandi potenze europee cercarono di impadronirsi della penisola italiana.

    [3]  Papa Giulio II, nipote di papa Sisto IV e già fondatore dei Musei Vaticani, aveva affidato a Michelangelo Buonarroti gli affreschi della Cappella Sistina nel 1508 e conclusi nel 1511. Successivamente papa Paolo III commissionò a Michelangelo il dipinto del Giudizio Universale.

    Per conoscere più da vicino le Guardie abbiamo fatto alcune domande a l’alabardiere Joshua Lunghi, 23 anni, originario di ArbedoCastione nel Canton Ticino.

    Le Guardie Svizzere suscitano da sempre nella collettività curiosità e ammirazione. Vorrei sapere cosa ti ha spinto a candidarti?
    Sin da piccolo sognavo di poter entrare nel Corpo della Guardia Svizzera Pontificia. All’età di 4/5 anni vidi una udienza in Piazza San Pietro, presieduta da papa Giovanni Paolo II e la mia attenzione cadde su dei ragazzi che indossavano un’uniforme molto particolare: è stato come un colpo di fulmine! Chiesi subito chi fossero e cosa facessero quelle persone e credo che in quel momento presi la decisione: dissi agli altri, ma soprattutto a me stesso:“da grande voglio essere una Guardia del Papa”.

    Cosa significa per te essere una guardia e cosa ti aspetti da questa esperienza?
    È un'esperienza e anche un’avventura più unica che rara e ciò che mi aspetto è la mia crescita come persona e come cristiano. Sono davvero molto motivato e contento di vivere in un ambiente internazionale come il Vaticano, di conoscere altri militari come me e imparare un lavoro così importante. Reputo un onore mettere la mia vita a servizio per la protezione del Santo Padre!

    Cosa fai nel tempo libero? Chi frequenti?
    Come gli altri ragazzi della mia età, durante il tempo libero ascolto musica e esco con i miei camerati e amici. Con il passare del tempo ho legato con alcuni dei nostri colleghi della Gendarmeria Vaticana e anche con qualche dipendente. Mi piace passeggiare per la bellissima città di Roma e nei suoi dintorni. Certo con la pandemia tutto è diventato un po’ limitante e la possibilità di fare nuove conoscenze si è ridotta di molto, comunque Roma è una città dove non ci si annoia mai.

    Come vivi le regole militari?
    Le regole sono fatte per stabilire un ordine. Prima di entrare nella Guardia Svizzera Pontificia ero un sottufficiale dell’esercito Svizzero e quindi avevo già familiarizzato con la vita militare. Abbiamo turni di servizio 24 ore su 24, la giornata inizia alle 8 di mattina con tre ore di servizi, poi si cambia postazione per altre tre ore fino alle 14. A volte capita di ricominciare il turno alle 17 per altre tre ore o di fare turni notturni che durano quattro ore. Insomma può essere molto impegnativo...

    E il matrimonio...
    Anche qui c’è una regola: prima di poterci sposare dobbiamo aver compiuto minimo 5 anni di servizio e avere 25 anni. E’ una regola ma anche una prova, perché se si sa aspettare la ricompensa sarà maggiore a livello personale. E’ vero, l’attesa è lunga, ma in 5 anni possono cambiare tante cose, a volte bisogna solo stringere i denti.

    Hai nostalgia della famiglia o della fidanzata?
    Mi manca la mia famiglia, è normale, ma come ho anticipato prima bisogna solo stringere i denti e non vedere questa mancanza come un ostacolo ma come uno stimolo. Mi manca casa mia, mi manca il paesaggio che il mio paese offriva ogni giorno, ma anche qui in Vaticano mi sento a casa, come in una grande famiglia. Sinceramente non sento quel bisogno di dover tornare a casa. Gli ottimi rapporti con i camerati e i superiori mi fanno sentire a casa e la famiglia nonostante sia lontana è sempre pronta a dare una mano nel momento del bisogno. Per quanto riguarda la fidanzata sono fortunato perché la mia ragazza abita a Roma!

    Come hai vissuto i mesi di lockdown in un Vaticano completamente vuoto?
    Il lockdown è stato devastante per tutti. Una guardia finito il servizio vorrebbe andare a bere una birra con i colleghi ma ovviamente non era - e non è - ancora possibile. Tutti i lockdown che si sono succeduti in questi mesi hanno pesato negativamente sulla nostra motivazione: ci hanno davvero messo in ginocchio. Abbiamo tuttavia continuato il servizio regolarmente nonostante Basilica e la Piazza San Pietro fossero deserte, era davvero una visione irreale…. Voglio solo sperare di rivedere presto la gente che affolla la piazza e guarda verso il balcone del papa.

    Che sogni hai per il futuro?
    Sogni tanti, ma veramente tanti! Quello che posso già anticipare è che non intendo fermarmi ai 26 mesi di servizio obbligatorio, poi il resto si vedrà.

    Antonella Amodio
    SOCIETÀ SVIZZERA DI MILANO

    Joshua Lunghi, Alabardiere della Guardia Svizzera