Al di là della combattuta votazione sul canone radio-televisivo
Non possiamo ancora conoscere il risultato dell votazione popolare: quindi è ancora difficile dire se l’iniziativa “No Billag” rimarrà senza conseguenze o avrà l’effetto di una vera bomba nucleare nei media. La forma abbreviata del titolo dell’iniziativa è stata accuratamente scelta: la Billag, che riscuote il canone radiotelevisivo, suscita simpatia nella popolazione almeno pari a quella del fisco! Ma non era la società Billag ad essere interessata dall’iniziativa popolare: ciò che vi è in gioco è né più né meno il futuro del paesaggio mediatico svizzero.
Giornalismo tradizionale in crisi
Questo dibattito sulla radio pubblica è sorto nel momento in cui i media svizzeri sono già messi a dura prova. Pressione dei costi, concorrenza con Internet e crollo delle entrate pubblicitarie: la stampa deve reinventarsi. Secondo Silke Adam, “il giornalismo tradizionale conosce una crisi profonda”.
Internet offre un’abbondanza di informazioni finora mai eguagliata, ma manca spesso di una visione globale e di uno sguardo critico sulle fonti. Ognuno può trovare sullo schermo ciò che gli interessa. Ma gli utenti di Internet corrono il rischio di perdersi nel loro microcosmo leggendo solo delle informazioni che scelgono proprio perché queste confermano la loro opinione. Questa situazione mette in pericolo il discorso democratico. Molte persone pensano che in un’epoca contrassegnata da una marea di informazioni che possono essere manipolate dai fake-news, si abbia bisogno di un’autorità di regolazione e di una gerarchizzazione verso il pubblico e non verso coloro che hanno il potere. Giornalisti indipendenti e ben formati potrebbero svolgere questo ruolo di regolazione, fornendo articoli di fondo, interviste, riflessioni nonché dibattiti condotti pubblicamente e in tutta trasparenza. Silke Adam ricorda che è indispensabile in una democrazia diretta proporre discussioni di questo tipo offrendo una visione generale.
Tuttavia, di fronte a Internet, i media tradizionali sono in una posizione di disagio. I fondi pubblicitari alimentano ampiamente i socialmedia e le piattaforme gestite da algoritmi come Google e Facebook. “La pubblicità quale principale fonte di reddito degli editori abbandona il giornalismo. Oggi, è difficile rifinanziare prestazioni giornalistiche”, spiega Silke Adam. Parallelamente, i media si battono anche contro la cultura della gratuità ancorata presso gli utenti.
Le grandi case editrici stravolgono il mondo della stampa
Anche se in Svizzera vi è sempre un gran numero di giornali, la diversità della stampa diminuisce e la concentrazione si accentua rapidamente. I tre principali editori svizzeri controllano oggi oltre l’80% del mercato svizzero tedesco: Tamedia detiene il Tages-Anzeiger, il Bund, la Berner Zeitung, la Sonntags Zeitung, il gratuito 20 Minuti e diversi altri giornali; Ringier possiede il Blick, il Sonntags Blick, la Schweizer Illustrierte nonché altre testate e stazioni radiofoniche; per quanto concerne il gruppo NZZ, esso controlla la Neue Zürcher Zeitung, la NZZ am Sonntag, la Luzerner Zeitung, il St. Galler Tagblatt e alcune stazioni radiofoniche.
Attualmente, Tamedia intraprende dei cambiamenti particolarmente sorprendenti. Questo conglomerato ha il tasso di penetrazione più grande della Svizzera. Con “20 Minuti”, il quotidiano gratuito dei pendolari, esso possiede il giornale più letto della Svizzera, la cui versione cartacea raggiunge da sola due milioni di lettori al giorno. Questo successo attira naturalmente la pubblicità. L’impresa realizza così degli utili importanti con il commercio d’indirizzi e le posizioni di mercato su Internet come la piattaforma di vendita Ricardo o i siti d’annunci Homegate e Immostreet. Nel 2016, Tamedia ha generato un utile di 122 milioni di franchi, ossia più di qualsiasi altro gruppo mediatico.
Mentre alcune attività di Tamedia sono estremamente lucrative, il settore dei quotidiani tradizionali va male. Questo gruppo, noto per tendere al massimo profitto, non investe quasi più nel giornalismo. Invece di iniettare gli utili in progetti mediatici innovativi, esso non smette, da 20 anni, di sopprimere posti di lavoro per far fronte alla diminuzione degli abbonamenti e delle entrate pubblicitarie. Questo ha condotto alla forma di concentrazione della stampa interna più spettacolare mai vista. I 14 titoli di Tamedia esistono certo ancora, ma la politica nazionale, l’attualità estera, l’economia, la cultura, la società, i temi di fondo, le scienze e lo sport sono riuniti in due redazioni centrali, una nella Svizzera tedesca e l’altra nella Svizzera romanda, che impongono ai loro giornali la stessa impaginazione predefinita. I quotidiani bernesi di Tamedia ne subiscono in pieno le conseguenze: il Bund e la Berner Zeitung che avevano finora dei profili molto specifici si differenziano unicamente per le loro pagine locali.
Un miliardario avido di potere
A favore di questa evoluzione, un multimiliardario occupa un posto sempre più grande nei media svizzeri: si tratta dell’imprenditore, veterano dell’UDC, ed ex consigliere federale Christoph Blocher. L’anno scorso, ha fatto man bassa dell’editore Zehnder. Zehnder? Questo editore quasi sconosciuto è tuttavia potente, con le sue 38 testate e quasi 800’000 lettori. Questi settimanali sono soprattutto diffusi nella Svizzera orientale, da Zurigo ai Grigioni, m a anche nelle regioni di Lucerna, Zugo, Entlebuch, Emmental, Berna, Alta Argovia e Argovia. Christoph Blocher acquisisce così non solo dei giornali, ma anche una rete di distribuzione che può se necessario essere utilizzata a scopi politici.
Già molto tempo fa Christoph Blocher aveva avviato la costruzione del suo impero mediatico. Egli possiede la propria catena televisiva Teleblocher e controlla la Basler Zeitung da anni. Ha tentato e tenta regolarmente con vari mezzi di mettere la mano su grandi editori e giornali, come la Neue Zürcher Zeitung e il tabloid Blick.
Si stanno tuttavia presentando nuovi approcci di rinnovamento del paesaggio mediatico svizzero, degli approcci per così dire venuti “dal basso” che tentano di dare nuovi slanci al giornalismo svizzero: i media interamente digitali. Oltre ai siti relativamente piccoli come Infosperber e Journal 21, Republik è appena stato lanciato con grandi ambizioni e belle parole: “Il giornalismo è figlio dell’illuminismo. Egli ha lo scopo di criticare il potere. Per questo il giornalismo dev’essere più che un’attività come un’altra in seno a un gruppo”. Republik vuole essere una rivista digitale indipendente che pone l’accento sulla gerarchizzazione delle informazioni e delle ricerche approfondite. Esso conta di finanziarsi unicamente grazie agli annunci e ai suoi lettori. L’abbonamento annuale costa almeno 240 franchxi.
Il suo lancio ha avuto un eco spettacolare grazie a un finanziamento di partecipazione organizzato nell’aprile 2017. Mai in precedenza un’azione di crowfunding per un progetto mediatico aveva registrato un simile successo. I fondatori di Republik volevano raccogliere 750’000 franchi in un mese. Essi hanno avuto la sorpresa di raccogliere 1,8 milioni di franchi nelle prime 24 ore, ancor prima dell’apparizione del primo articolo.
“Il quarto potere” arriva al cinema
Per il realizzatore bernese Dieter Fahrer, questo entusiasmo mostra che il bisogno d’informazione, di gerarchizzazione delle informazioni e di giornalismo esiste ancora. Egli si è interessato per tre anni ai media svizzeri e ha realizzato un documento intitolato “Die Vierte Gewalt” (il quarto potere) che è uscito nelle sale a metà febbraio. Questo film presenta dei giornalisti nel loro lavoro quotidiano, li interroga sulle possibilità e i limiti del loro mestiere, sui cambiamenti folgoranti nell’economia dell’attenzione e le ripercussioni sull’opinione pubblica e il discorso democratico. Dieter Fahrer sarebbe felice che questo documentario contribuisca a far prendere coscienza alla gente che un giornalismo di qualità richiede tempo e denaro.
Il fatto che si girino film sulla questione dei media sottolinea l’urgenza e l’importanza di questo tema. Per la prima volta, il dibattito sui media non è più astratto, ma diventa qualcosa di concreto che non lascia indifferente nessuno: ci si è potuti pronunciare alle urne per lo smantellamento della radio e della televisione svizzera, oppure impegnarsi per il mantenimento della SSR. Molti vedranno nel loro giornale prediletto come si manifesta lo smantellamento della stampa, in particolare attraverso un’uniformazione maggiore.
“In una democrazia, l’informazione dev’essere accessibile a un vasto pubblico”, come ha scritto la specialista dei media Silke Adam sulla piattaforma d’informazione Infosperber. “Le persone diplomate avranno sempre accesso all’informazione, ma occorre vegliare a mantenere la soglia d’accesso all’informazione relativamente bassa”. Silke Adam non possiede una soluzione miracolosa per fronteggiare le attuali sfide della stampa: “Ma ritengo che non si possa fare a meno del servizio pubblico. Uno studio recente mostra che nei paesi in cui i media sono finanziati dal mercato, la differenza tra l’informazione delle persone più e meno formate è più importante rispetto ai paesi che dispongono di un sistema mediatico sovvenzionato da una tassa.”
Media interamente finanziati dal mercato o un servizio pubblico?
Il dibattito sul futuro della radio e della televisione pubbliche non è mai stato così aspro. La soppressione del canone radiotelevisivo, come chiedeva l’iniziativa No Billag, diminuirebbe del 75% i redditi dei diffusori di programmi radiotelevisivi concessionari. Sul loro sito Web, gli iniziativisti argomentano che l’obbligo di pagare delle tasse per la radio e la televisione limiti la libertà di scelta di ogni individuo. Ogni persona deve poter decidere il modo con cui desidera spendere del denaro duramente guadagnato. Per questo i sostenitori di No Billag volevano porre fine al “quasi-monopolio” della SSR e sostituirlo con una concorrenza tra i media.
Gli iniziativisti auspicavano un paesaggio mediatico che “obbedisca ad una pura logica di mercato”, scriveva il Consiglio federale nel suo messaggio sull’iniziativa popolare. Esso poneva in guardia contro la scomparsa di offerte comparabili e di qualità in tutte le regioni linguistiche.
Jürg Müller, Revue Suisse
Redazione
I gruppi AZ Medien e NZZ fusionano le loro testate regionali
La notizia ci è giunta all’ultimo minuto. AZ Medien e il gruppo mediatico NZZ hanno annunciato di voler raggruppare le loro testate regionali e creare una società che riunirà sotto uno stesso tetto 20 giornali in 13 cantoni. I due gruppi intendono fare della nuova società il numero uno del mercato nella Svizzera tedesca. E se si considera l’insieme dei titoli regionali dei due editori, essi coprono effettivamente una gran parte della Svizzera tedesca, dalla sua parte orientale fino a Soletta, passando per la Svizzera centrale. La fusione deve ancora essere approvata dalla Commissione della concorrenza.
Questo studio cesserà ben presto di emettere? Era uno dei timori suscitati dall’iniziativa “No Billag”.
In questi ultimi anni, Tamedia ha soppresso molti impieghi, provocando ondate di proteste, come quella del 2016 tra i membri della redazione del giornale “24 Heures” a Losanna.
Photo Keystone
Christoph Blocher, associato della Basler Zeitung, ha pure acquisito l’anno scorso l’editore Zehnder e le sue 38 testate. (Nella foto: Blocher in un faccia a faccia con Susan Boos della WoZ).
La diversità della stampa in Svizzera diminuisce mentre la concentrazione nell’ambito di alcune case editrici si accelera.
Photo Keystone