Dopo qualche storpiatura una visione completa della storia originale
Un nuovo volto per la nostra tradizione: “HEIDI” regia di Alain Gsponer
Un film strabiliante che riprende la storia di Heidi, rinnovando questa figura reinterpretata (e talvolta anche storpiata) nel corso del tempo. Dopo il film della Disney, il cartone animato giapponese e altri film, ecco che la casa produttrice “Zodiac Pictures” (in collaborazione con “Claussen+Putzfilmproduktion”) ripropone nel 2015 il racconto di Heidi, diventata oramai simbolo della Svizzera accanto a orologi, cioccolata e formaggio.
Heidi è un personaggio tratto dall’omonimo libro scritto da Johanna Spyri nel 1880. Per quanto la storia di questa bambina sia famosa in Svizzera, all’estero, ma soprattutto in Italia, viene comunemente ricordata come quella a cui le “caprette fanno ciao“ come dice il testo della canzone dell’Anime.
Il regista offre al pubblico una visione completa della storia originale. Ripercorriamone in breve la trama:
Adelheid, conosciuta come Heidi, piccola orfana di entrambi i genitori, viene affidata, in attesa di un’altra sistemazione, all’ombroso nonno “Alpöhi” che vive sulle Alpi. L’innocenza e l’entusiasmo della nipotina “sciolgono il cuore di ghiaccio” del vecchio nonno che si affeziona alla piccolina. Non è però il solo, anche Peter, il pastore delle caprette, instaura un forte legame con la nuova amica. La vita di Heidi subisce però un brutale cambiamento: il trasferimento a Francoforte presso una famiglia benestante per fare compagnia a Klara, che, dopo la morte della madre, non era più uscita di casa a causa di una malattia alle gambe e di un padre estremamente protettivo. Dopo disperati tentativi della signorina Rottermeier di insegnare alla “piccola selvaggia” le buone maniere, oltre che a leggere e a scrivere, Heidi si ammala di “nostalgia” e, grazie alla Signora Sesemann, nonna di Klara, le viene concesso di tornare a casa. L’amica di Francoforte la va a trovare in Svizzera dove, grazie all’aiuto di Heidi, del nonno e a quello indiretto di Peter, riesce a tornare, dopo tanto tempo, a camminare.
Leggendo il libro o sentendo il racconto, ciascuno di noi si sarà immaginato il panorama delle montagne e i volti dei personaggi; ciascuno di noi avrà sentito l’eco delle campanelline al collo delle caprette tintinnare nelle orecchie; ciascuno di noi si sarà ricordato dell’incredibile profumo dei prati fioriti e del fuoco nel caminetto. Ed ecco qua che tutto ciò si realizza in una serie di immagini, di fotogrammi accostati: un flusso di sensazioni. Sembra quasi di immergersi nella propria immaginazione e a chi non conosce la storia viene data la possibilità di vivere a pieno questo romanzo.
I paesaggi ritraggono le montagne grigionesi, con viste mozzafiato, gli attori parlano il dialetto cantonale e gli arredamenti seguono fedelmente la tradizione del luogo. Il film si attiene, per quanto possibile, alla storia originale senza discostarsene eccessivamente. Presenta, infatti, le difficoltà della società della fine del XIX secolo, il contrasto tra città e campagna e inoltre, con attenta sensibilità, in una delle scene iniziali, mette in risalto la problematica dell’abbandono infantile e del peso che gravava sulle famiglie che avevano “troppe bocche da sfamare”. Un aspetto che può essere considerato molto attuale in alcune società odierne. Il film sviluppa scene molto toccanti, come i conflitti interiori di una bambina di otto anni, o commoventi, come gli incontri con il nonno e con gli amici dopo lunghi periodi di separazione. L’affetto dei personaggi per Heidi non può che influenzare anche il pubblico a cui non resta che affezionarsi alla piccola eroina. L’attenta cura dei dettagli non ha certo impedito al regista di mantenere un quadro generale solido e ben strutturato (perfetto equilibrio tra le due parti del film diviso tra una fase in montagna e una in città). Gli attori hanno egregiamente interpretato il loro ruolo; i due bambini, con maturità, hanno svolto un eccellente lavoro. In questo caso infatti non si trattava “solo” di recitazione, ma anche di “entrare in contatto con la terra”: correre a piedi scalzi nell’erba e nel fango, pascolare le caprette e saperle gestire (Peter, Quirin Agrippi, ha dovuto prendere lezioni ed allenarsi per poterlo fare), sdraiarsi accanto agli animali, e altro ancora. Heidi, Anuk Steffen, con il suo sorriso sincero ha affascinato il pubblico, accompagnata dai due amici Peter, e Klara, Isabelle Ottmann. Per non parlare di Bruno Ganz, il nonno, già conosciuto a livello mondiale per il ruolo di Hitler che ha interpretato nel film “La caduta”, rafforza tutto il film rendendo vivo il personaggio e dosando perfettamente l’aspetto austero e commovente di quest’uomo.
In conclusione ci sembra di poter affermare che la storia di Heidi ha qualcosa di magico che, sia come romanzo che nella sua versione cinematografica, continua ad affascinare, stupire ed emozionare sia per la particolarità dei suoi protagonisti che per la sua ambientazione.
Si rimane catturati per 107 minuti consecutivi, tra risate e lacrime immersi nel “meraviglioso mondo” di Heidi.
Livia Coli
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