Residenza fiscale ed attività professionale in Svizzera
Caro Avvocato,
la leggo sempre con grande interesse ed attenzione, grato dei numerosi e validi consigli che dispensa sempre alla nostra comunità svizzera in Italia.
Questa volta mi sono deciso a scriverle io per chiederle un aiuto che riguarda la mia attività professionale. Non so se potrà interessare anche altri compatrioti ma ritengo di sì. Mi spiego meglio. Sono svizzero residente in Italia ove svolgo la libera professione di designer. Mia moglie ed i miei due figli minori sono doppi-cittadini italo-svizzeri. Dopo lunghe e reiterate riflessioni avremmo deciso di trasferirci tutti in Svizzera, ove mia moglie avrebbe anche già trovato un impiego ben retribuito come medico e anche per i miei figli abbiamo visto delle ottime scuole. Si tratterebbe dunque di un trasferimento effettivo, non fittizio. L’unica particolarità è che io manterrei qui in Italia il mio studio, almeno per i primi tempi, e farei il “pendolare”, essendo la mia attività già avviata e la sede nota ai clienti, ed anche perché lo studio è per me fonte di ispirazione.
Ho però letto recentemente che il Fisco italiano può avanzare comunque pretese anche in caso di residenza effettiva di tutta la famiglia in Svizzera. Le sembra possibile? Lei cosa dice, corro qualche rischio concreto o posso stare tranquillo?
Un grazie anticipato se potrà dare risposta su queste pagine.
L. L. (Verona)
Risposta
Caro Lettore,
grazie dei complimenti, fa sempre piacere un riconoscimento per la nostra Rubrica Legale, che pubblichiamo con spirito di servizio ogni mese ed a volte con notevoli “salti mortali” per gli impegni che si accavallano (come ben sa il nostro redattore Ignazio Bonoli che a sua volta è costretto a varie “acrobazie” e che ringrazio).
Ciò detto, occupiamoci subito del Suo problema che è abbastanza articolato, come Lei stesso avrà intuito, anche se non ci ha fornito tutti gli elementi per una compiuta valutazione.
Come abbiamo più volte scritto, infatti, di norma sono tenute al pagamento in Italia delle imposte sui redditi, ovunque prodotti, tutte le persone residenti sul territorio dello Stato per più di 183 giorni all’anno – ovvero quelle non residenti limitatamente ai redditi prodotti nello Stato.
La residenza fiscale. Requisiti
Orbene, intanto, non ci ha riferito se Lei manterrà la residenza anagrafica in Italia o meno (anche in dipendenza della Sua attività lavorativa).
L’iscrizione nell’anagrafe del Comune italiano, infatti, è già di per sé un criterio – seppure formale – di assoggettabilità alle imposte in Italia (e si discute addirittura se esso ammetta la prova contraria o meno).
In caso negativo, si può fare ricorso ai criteri fattuali della residenza effettiva o del domicilio in Italia per stabilire la potestà impositiva dello Stato.
Ora, Lei ci scrive che si trasferirà realmente con tutta la famiglia in Svizzera, ed essendo Lei solo cittadino Svizzero non soggiace all’inversione dell’onere della prova del cittadino italiano (o del doppio cittadino italo-svizzero) che risiede in un Paese a fiscalità privilegiata come la Confederazione Elvetica.
Sua moglie invece sì, ma dovrà iscriversi all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) e supponendo che lavorerà in una struttura ospedaliera non sarà difficile dimostrare che non è stato superato il limite temporale suddetto.
Ciò significa che – quantomeno per Lei – sarà semmai lo Stato italiano a dover provare la sussistenza dell’elemento che giustifica l’imposizione fiscale.
Sicuramente il fatto che tutto il nucleo famigliare si trovi in Svizzera può essere utile a dimostrare l’effettività della residenza in Svizzera ed anche il domicilio, se inteso come centro dei Suoi affetti o delle Sue relazioni personali.
E tuttavia, il tallone d’Achille è dato proprio dallo studio e dalla Sua attività di designer svolta in Italia.
Da un lato, infatti, dovrà essere molto cauto a non superare i 183 giorni all’anno in Italia (e non so se ciò le sarà concretamente possibile) per evitare che si possa considerare Sua dimora abituale e dunque residenza.
Dall’altro lato, invece, sembra proprio che la sede principale dei Suoi affari ed interessi economici sia in Italia , così concretando un domicilio nel territorio dello Stato.
La giurisprudenza
Le segnalo in proposito una recentissima pronuncia in sede cautelare della Cassazione Penale, Sez. III, n. 13114 del 21.3.2018 a seguito di un sequestro penale a carico di un soggetto residente proprio in Svizzera per un’ipotesi di reato di omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs. 74/2000).
Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto che le indagini avessero consentito di stabilire “in fatto” la residenza fiscale italiana dell’indagato sulla scorta dei seguenti elementi:
a) dimora stabilmente, in conformità alla nozione civilistica di residenza, in Italia, dove è sito lo studio professionale;
b) è titolare di plurimi conti correnti in proprio o tramite le società nelle quali è cointeressato;
c) utilizza frequentemente in territorio italiano le carte di credito;
d) percorre frequentemente la rete autostradale italiana.
Naturalmente, si tratta di una pronuncia resa in fase cautelare e non ci sono noti tutti gli elementi in fatto. Magari poi verranno fornite le prove idonee a sovvertire tale decisione.
Ci sia, però, consentito esprimere già ora qualche perplessità in astratto, almeno con riferimento ad alcuni degli indici utilizzati dalla Suprema Corte.
1) La titolarità di “plurimi” conti correnti, in proprio o tramite le società nelle quali il soggetto è interessato, è rilevante ma andrebbe verificato se il soggetto aveva plurimi conti correnti anche in Svizzera ed in altri Paesi nei quali operava, essendo i conti correnti italiani magari legati all’operatività, e non significativi in termini relativi;
2) l’utilizzo “frequente” di carte di credito in Italia, inoltre, pare un’affermazione un po’ generica, e anche qui mancano sia un termine di comparazione rispetto all’utilizzo in Svizzera e ad alti Paesi, sia un riferimento qualitativo e quantitativo alle spese;
3) infine, anche la percorrenza della rete autostradale italiana, di nuovo asseritamente “frequente”, è un dato generico e non univoco.
Si tratta, comunque, di elementi dai quali non si potrà prescindere nella pianificazione – anche fiscale – del suo futuro. È, infatti, evidente in questo caso che ciò che risulta tracciabile viene usato contro il contribuente.
Conclusioni
Per quel che la interessa, decisivo mi pare invece il riferimento allo studio professionale. Sotto questo profilo è indubbio che il rischio nel suo caso sia estremamente elevato. Soprattutto perché, se anche la Sua clientela e l’operatività fossero prevalentemente confinate nel territorio italiano, il fisco italiano avrebbe argomenti ulteriori per sostenere che Lei è soggetto passivo di imposta in Italia. E se a ciò aggiungiamo che il fattore di rischio è non solo puramente tributario ma investe anche la responsabilità penale, il miglior consiglio che Le posso dare è di rivolgersi ad un consulente fiscale esperto che potrà analizzare la Sua specifica situazione, suggerendole poi la soluzione più corretta per le Sue esigenze, prima di decidere. La prudenza, come si dice, non è mai troppa. Un cordiale saluto a Lei ed a tutti i nostri Lettori.
Avvocato Markus W. Wiget