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Uno sciopero di dimensioni storiche

    Il 14 giugno si è tenuto in Svizzera il secondo sciopero delle donne, per rivendicare salario, tempo e rispetto.

    Le rivendicazioni
    Le rivendicazioni concrete dell’Unione sindacale svizzera – promotrice della giornata del 14 giugno – si declinano in tre tronconi. Da una parte è stato messo l’accento su una rivalutazione finanziaria e sociale del lavoro delle donne, con analisi salariali, controlli e sanzioni, ma anche la conclusione di contratti collettivi in settori con una forte presenza femminile. Sotto questo cappello si chiedono anche salari minimi di 4000 franchi per tutti e il riconoscimento dei lavori nell’economia domestica ai sensi della legge sul lavoro.
    Il secondo filone di rivendicazioni riguardava il tempo e il denaro per il lavoro di cura, eliminando il lavoro su chiamata o limitando il lavoro a tempo pieno a 30-35 ore. Proprio per quanto riguarda il settore delle cure si chiedono da tempo più investimenti dello Stato, un congedo paternità di 8 settimane e di almeno 18 settimane per le neomamme (oggi è di 14).
    Il terzo gruppo di richieste riguardava invece il rispetto al posto di lavoro, in particolare in relazione al tema del sessismo. Tra le misure concrete rivendicate vi è una protezione estesa contro il licenziamento in caso di maternità, una tolleranza zero in casi di violenza sulle donne nonché diverse misure di prevenzione di molestie mobbing.

    Ampio dibattito sulla condizione delle donne in Svizzera
    Lo sciopero è stato colto dai media, dalla politica – il Consiglio nazionale ha interrotto i suoi dibattiti per poco meno di mezz’ora per permettere alle donne di partecipare alcuni attimi allo sciopero – e dall’opinione pubblica per fare il punto sulla situazione sulla condizione femminile in Svizzera. In questo contesto si sono scontrate opinioni secondo le quali la discriminazione delle donne in Svizzera è inferiore rispetto ad altri paesi e avrebbe fatto ampi passi in avanti. Soprattutto in relazione ai dati sulla discriminazione salariale le posizioni sono diametralmente opposte. Per alcuni il divario stimato di circa il 7% non è reale poiché non considera una serie di elementi – ad esempio le interruzioni dell’attività lavorativa delle donne – che porterebbero questo divario a percentuali ben inferiori.
    Un sondaggio effettuato da Tamedia alla vigilia dello sciopero ha comunque attestato che la giornata otteneva il consenso del 63,5% delle persone intervistate: la quota di uomini si attestava al 57%, mentre 7 donne su 10 si sono dette favorevoli allo sciopero. I contrari erano il 34,5% della popolazione interrogata e hanno trovato una maggioranza negli ambienti di destra.