Valore svizzero minato nelle sue fondamenta: il Credit Suisse è colato a picco

Poco più di 20 anni dopo la Swissair, la Svizzera perde un altro pezzo della sua identità creduta inscalfibile. A metà marzo si rende necessario il salvataggio da parte di UBS, in accordo con il Consiglio federale e la Banca Nazionale. I mercati si rasserenano, la politica federale no.

Per chi aveva il coraggio di confrontarsi da vicino con l’andamento della seconda banca più importante della Svizzera, da qualche mese l’eventualità di un fallimento di Credit Suisse non era più così tabu. Eppure, il 19 marzo, al momento del fatto compiuto e della fine certa della storia del Credit Suisse, la Svizzera è stata nuovamente minata nelle sue fondamenta. Dopo il fallimento di Swissair all’inizio del millennio, una seconda istituzione creduta infallibile ha ceduto dopo una serie di scandali ed errori.

Cronologia di un fallimento

Dopo aver superato meglio rispetto ad UBS la crisi finanziaria 2008-2010, ed essere stata al centro di molte lodi per come ha attraversato questi anni difficili, i problemi di Credit Suisse iniziano poco prima della pandemia di Covid. Nel febbraio 2020 l’allora CEO Tidjane Thiam è obbligato a dimettersi a causa di uno scandalo riguardante l'assunzione da parte della banca di detective privati per spiare un ex dirigente. Un anno dopo, la banca viene multata per 475 milioni di dollari per il suo ruolo in uno scandalo di corruzione in Mozambico. Nel gennaio 2022 il presidente del gruppo, Antonio Horta-Osorio, è obbligato a dimettersi dopo aver violato le regole di confinamento legate al Covid-19 per aver assistito al torneo di tennis di Wimbledon, mentre in febbraio un informatore consegna ai media i dati di 18'000 clienti della banca (“Suisse secrets"). Nel giugno dell’anno scorso Credit Suisse diventa la prima banca elvetica a essere condannata penalmente per riciclaggio di denaro in Svizzera, in relazione a un'organizzazione di traffico di droga dell’est Europa. A questo fa seguito la sostituzione del CEO. In ottobre 2022 la situazione inizia a farsi critica e la banca annuncia il taglio di 9'000 posti di lavoro e un aumento di capitale di 4 miliardi di franchi. Ma è l’inizio della fine. L’anno si chiude con una perdita di 7,3 miliardi di franchi, ma soprattutto con una perdita di credibilità irrecuperabile: numerosi clienti prelevano i propri depositi, la fuga di liquidità diventa pesante. Il 15 marzo 2023, la situazione precipita e il prezzo delle azioni del Credit Suisse crolla di un altro 25%, per la prima volta a meno di 1.65 franchi. 16 anni fa, nel 2007 il suo valore era più di 90 franchi.

Il 19 marzo di quest’anno UBS, la principale banca svizzera, annuncia l'intenzione di acquisire Credit Suisse. A questo punto vengono integrati in quella che è una soluzione d’urgenza anche il Consiglio federale e la Banca Nazionale Svizzera, i quali comunicano congiuntamente che UBS acquisisce il Credit Suisse per 3 miliardi di franchi svizzeri.

Il ruolo della Confederazione

L’acquisto di UBS è condizionato ad una serie di crediti della mano pubblica,109 miliardi di franchi per la precisione: 100 miliardi erogati dalla Banca nazionale svizzera (BNS) al CS sotto forma di prestito coperto da garanzia federale, nonché una garanzia di 9 miliardi della Confederazione a UBS per ridurre i rischi derivanti dall'acquisizione di alcune attività potenzialmente in perdita. Questi crediti sono stati concessi dal Consiglio federale in virtù di un diritto d’urgenza.

Il Parlamento ha indetto una sessione straordinaria tenutasi la settimana dopo Pasqua. Durante questa il Consiglio nazionale ha bocciato i crediti d'impegno di 109 miliardi malgrado il Consiglio degli Stati li avesse approvati. La sessione è stata utilizzata dal mondo politico per palesare la propria delusione, sia nei confronti della gestione di Credit Suisse, ma anche per non aver saputo trarre le conclusioni dal quasi-fallimento UBS durante la crisi subprime del 2008. La legislazione che ha fatto seguito volta a ridurre il rischio sistemico delle banche e dunque permettere loro di fallire (“too big to fail”) ha chiaramente fallito. Tuttavia, malgrado la bocciatura politica, le garanzie saranno concesse alle due banche in virtù del diritto a cui ha fatto capo il Consiglio federale. Subito dopo il salvataggio, i mercati azionari e obbligazionari hanno reagito positivamente e si sono calmati dopo momenti turbolenti. Che la calma torni tra gli ambienti politici e la popolazione così in fretta è più difficile.

Angelo Geninazzi

 

Ormai parte della storia svizzera: il Credit Suisse

Dal 2007 al 2023 il prezzo di un’azione di Credit Suisse si è ridotto da oltre CHF 90.- a 1,65.

Anche la Banca Nazionale Svizzera, integrata nella soluzione per “salvare” il Credit Suisse