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Roberto Gassmann, un cognome impegnativo e una vita in perfetto connubio tra Italia e Svizzera
Lugano – Conosciamo Roberto Gassmann, svizzero di seconda generazione, e ci facciamo raccontare frammenti di una storia famigliare iniziata nei primi del ‘900 da suo nonno Emil che – un po’ per scommessa ma soprattutto per il puro piacere del viaggiare – da Zurigo raggiunse a piedi il capoluogo meneghino… Iniziamo con il cognome “Gassmann” che in Italia è portato da poche famiglie stanziate a Nord.
Può dirci qualche curiosità in merito?
«È di origine tedesca, abbastanza comune nella Germania del sud, nella Svizzera tedesca, in particolar modo nella città di Zurigo. Un cognome che in Italia mi hanno “storpiato” in tutti i modi, ma che in realtà si scrive rigorosamente con due esse e due enne, In origine significa Gasse cioè viuzza e Mann, uomo. È inteso, nel 1400, come “capo-quartiere” che in caso di invasioni organizzava un piccolo esercito, insomma un capitano di ventura per il quale abbiamo anche uno stemma di famiglia».
Immagino che abbiate fatto ricerche araldiche, qual è il suo più lontano antenato?
«Un certo Leopold Florian Gassmann, compositore di corte a Vienna. Fu il predecessore di Antonio Salieri, sostituito poi da Mozart nella ben nota vicenda di rivalità descritta anche nel cinema. Tuttavia, il nostro cognome in Italia non sarebbe conosciuto se non fosse per il grande Vittorio Gassman (l’attore eliminò la seconda enne ndr.)».
Chissà quante volte le avranno chiesto: “è parente?”.
«Succedeva sempre! Gassman era popolarissimo a teatro, nel cinema, in Tv e portare questo cognome non è stato semplice per me, da timido ragazzino quale ero. Quando mi chiedevano le generalità tutti si voltavano a guardarmi e io arrossivo mentre rispondevo alla consueta domanda con un repentino “no!”. Per un certo periodo mi sono presentato con il cognome di mia madre per evitare quella ripetitiva curiosità».
Chi fu il primo Gassmann suo famigliare a venire in Italia, e perché?
«La mia discendenza è dal Canton Zurigo, siamo attinenti di Oberglatt, dove nacque mio nonno Emil alla fine del 1800. Amava viaggiare e così, anche un po’ per scommessa, con un suo amico arrivò a piedi da Zurigo a Milano, in una estate. Bisogna pensare Milano ai primi del ‘900, era una città molto più piccola e socievole dove, tra le altre cose, mio nonno scoprì l’esistenza delle banane».
Davvero?
«Per strano che possa sembrare, a quel tempo le banane non è che fossero conosciute da tutti e quando le portò come dono a sua madre ad Oberglatt, lei gliele tirò dietro poiché, chiuse nello zaino e dopo il lungo viaggio, erano marcite… Comunque sia, lui si era tanto innamorato della città di Milano che vi si trasferì. Quando scoppiò la prima guerra mondiale la Confederazione elvetica lo richiamò».
Questo avvenne malgrado la Svizzera fosse neutrale?
«Sì, vennero richiamati tutti coloro che avevan svolto il servizio reclute, perciò rientrò nella La Suisse armée, come ci raccontò varie volte, trascorrendo quattro anni sul Gottardo nella compagnia Mitrailleur. Questi giovani uomini in uniforme, durante le libere uscite non potevano fare altro che scendere a valle nel paese più vicino che era Airolo, in Alta Leventina, dove c’è l’imbocco dell’odierno tunnel del Gottardo. Nel paese strinse un’amicizia molto forte con la famiglia Ramelli proprietaria di un albergo. L’amicizia tra i Gassmann e i Ramelli dura da oltre 100 anni continuando, da quattro generazioni, tra figli e nipoti delle rispettive famiglie».
Una rara e bella vicenda umana.
«È vero, tanto che io sono cresciuto anche un po’ ad Airolo, i miei nonni e i miei genitori sono sepolti nel cimitero locale, e anche se siamo originari di Oberglatt una parte del nostro cuore sente di appartenere ad Airolo, dove continuo a soggiornare con la mia famiglia».
Finita la guerra ’15-’18, Emil Gassmann torna a Milano?
«Sì, intende vivere nella città che ama, è assunto al Consolato svizzero, frequenta gli svizzeri di Milano e infine diventerà procuratore generale presso l'azienda svizzera Pellis Spa. Agli inizi, prende una camera in affitto presso una famiglia, come si usava allora, e si innamora della figlia dei proprietari, mia nonna Maria. Mio padre Walter è stato il loro primo figlio a nascere a Milano, prima generazione del mio ceppo Gassmann in Italia».
Non avete mai pensato di tornare in Svizzera?
«Mio padre si sentiva molto svizzero, perciò da giovane si trasferì nel Giura francese e poi per quattro anni in centro a Lugano. Aveva studiato architettura, disegnava palazzi. Però, al termine della seconda guerra mondiale a Milano fervono i lavori della ricostruzione e c’era molta richiesta di geometri e architetti, per questo lasciò l’amata svizzera e tornò in Italia dove, incontrò Wanda mia madre, nacqui io e ci fermammo definitivamente in Italia».
Crescendo, le piaceva Milano?
«Molto, per un ragazzo una grande città è sempre interessante. Sono stato alla Scuola svizzera di via Appiani e in seguito, benché sarei potuto entrare subito nell’azienda di famiglia dato che mia madre aveva una florida attività commerciale nella profumeria, ho voluto studiare chimica trovando lavoro nel mondo della gomma e divenendo key account manager della Oldrati Guarnizioni Industriali SpA nella bergamasca».
Si può dire che la sua vita si è realizzata in un perfetto connubio tra Italia e Svizzera?
«Sì, perché sono orgoglioso di essere milanese e al contempo mi sento ticinese e zurighese. Ho imparato da ragazzino ad apprezzare la raclette, il rösti, il pane zopf che si fa in casa la domenica e le altre specialità svizzere. Posso dire che, vista la vicinanza geografica, da sempre vivo felicemente con il piede in due scarpe tra Svizzera e Italia. Cosa volere di più?».
Annamaria Lorefice
Roberto Gassmann con il figlio Walter. Il padre di Roberto, l'architetto Walter Gassman fu anche pittore e scrittore, suo il romanzo "Un tango a Lugano" pubblicato solo in Svizzera da Edizioni Virgilio.
Emil Gassmann, classe 1892, intorno al 1911 compì per diletto un viaggio a piedi da Zurigo fino a Milano dove si stabilì più tardi definitivamente
Stemma araldico della famiglia Gassmann.