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Lo spirito e le profezie di Ida Hofmann: è possibile vivere fuori dagli schemi?

    Molti i significati attuali nel modello di vita alternativo sul Monte Verità che fece scandalo agli inizi del Novecento. Ne parla un libro appena uscito

    Ascona - Nella massa, in ogni epoca, si distingue sempre una nicchia di persone positivamente differente da tutti gli altri, in grado – consapevolmente o meno – di indicare strade diverse e migliori da seguire. Ostacolate, schernite e ritenute utopiche, esse, in circostanze favorevoli, si rivelano possibili e praticabili.

    Nel 1900, un gruppo di spiriti liberi, composto da idealisti, artisti, vegetariani e anarchici provenienti da vari Paesi europei, sceglie un colle svizzero del Lago Maggiore per realizzare il sogno vivere senza condizionamenti esterni e in modo più salubre per la psiche e il corpo.

    Il colle, situato sopra la bella cittadina di Ascona, si chiamava Monte Monescia che il gruppo ribattezzò Monte Verità.

    Ida Hofmann – una fondatrice di questa comunità insieme alla sorella Jenny, al compagno Henri Oedenkoven e ai fratelli Gräser – ci ha lasciato una importante testimonianza di cosa furono–- tra vicende tribolate e risvolti ironici e gioiosi – i primi anni di quella entusiasmante esperienza.

    Il fortissimo e sincero ideale di allora, dopo 123 anni, permea le odierne attività del Monte Verità, visitato da moltissime persone provenienti anche dall’Italia.

    «Desidero raccontare – scrive – la vita di alcune persone che, pur essendo cresciute in un tessuto sociale basato per lo più su egoismo e lusso, su apparenza e inganni, sono approdate attraverso malattie del corpo o dell’anima a una nuova consapevolezza e hanno compiuto una svolta per dare alla loro vita un orientamento più sano e naturale. Verità e libertà nel pensiero e nell’azione dovrebbero accompagnare d’ora in avanti ogni loro aspirazione come le più preziose stelle polari».

    Nel suo pamphlet “Monte Verità – Verità senza poesia” in libreria appena uscito per la Edizioni Casagrande, Ida Hofmann narra di questa “squadra” di utopisti alle prese con un singolare cantiere dove si intendeva costruire un po’ di mondo migliore.

    Ella chiarisce la motivazione per creare un’isola felice dove abitare, pensare, fare arte, coltivare i prodotti della terra, accogliere liberi pensatori, ospitare in un sanatorio e applicare la Naturoterapia a chi desiderasse cure alternative alla medicina classica: «All’interno delle strutture sociali vigenti, che soffocano ogni sentimento e piegano al servizio dei potenti la forza e le predisposizioni naturali degli individui, è impossibile per questi ultimi raggiungere la libertà. Tale impresa dovrebbe quindi essere tentata su un nuovo terreno, su un appezzamento da acquistare proprio a tal fine».

    Il suo compagno venticinquenne Henri, benché figlio di un magnate belga, era  profondamente contrario al capitalismo, agognava da tempo quel progetto e trovò in Ida la compagna di vita perfetta: lui ci mise il cuore e il capitale, lei la mente organizzativa e partecipò anche alla parte economica. Subito si formò un piccolo gruppo di amici con gli stessi ideali e pronti a cambiare vita. Separatamente, da Monaco si avviarono a cercare un grande terreno verso i laghi a Sud della Svizzera.

    Ida e la sua amica Lotte (altra idealista di famiglia benestante e tradizionalista) avevano girovagato sul confine italo-svizzero, dal Comasco al Malcantone. Lungo il loro tranquillo procedere attirarono l’attenzione di tutti a causa dell’abbigliamento informale, la pettinatura sciolta, l’essere prive di capello e di calzature.

    Subirono con fiera pazienza la curiosità della gente e l’arroganza delle autorità.

    A Porto Ceresio, sulla sponda italica del Lago di Lugano, solo l’intervento di una postina che si trovò lì per caso scongiurò l’arresto delle due!

    In merito ai pregiudizi dovuti all’aspetto esteriore, Ida Hofmann scrive: «… non posso esimermi dal notare quanti criminali pericolosissimi per la comunità si muovano in società in abiti eleganti (…) e di fronte a queste mere apparenze le autorità non richiedano mai di vedere i loro “documenti” né li privino della libertà».

    Raggiunsero Locarno, finalmente percependo un ambiente più congeniale, e dove si era già trovata l’area giusta per il loro progetto, sopra Ascona.

    Su quel colle assolato, con sublime vista sul Lago Maggiore, partirono da zero con la loro nuova vita: «Grazie all’adesione di spiriti affini e al loro sostegno, talvolta anche economico, sarebbero sorte una o più colonie dove il terreno sarebbe stato condiviso, ma sarebbe restato in vigore il diritto di proprietà privata, fondato sui bisogni individuali e sulla produzione il più possibile autonoma di alimenti e oggetti d’uso quotidiano». Nei loro obiettivi c’era la costruzione di scuole, ove non si inculcassero programmi prestabiliti ma, invece, far affiorare talenti e spirito critico, e poi mulini, fabbriche tessili: «.. non allo scopo – però – di accumulare capitali e vivere nel lusso».

    Molte le difficoltà dovute a questioni personali, diversità di intenti e caratteriali, la cui descrizione è assai efficace nelle analisi “psicologiche” dei vari personaggi.

    Tra alti e bassi e tra entusiasmi ed inesperienza, si costruirono le prime capanne fino ad ottenere in un primo tempo, cinque abitazioni e una stanza di lettura. Soci di levatura e altri con fini poco elevati si alternarono nei primi 2 anni. I benestanti non erano avvezzi al lavoro, si dovette ricorrere alla manodopera locale.

    C’era chi si allontanava, e chi fu allontanato per conclamati difetti di pigrizia, fanatismo o un atteggiamento di anarchia fuorviata. Tuttavia, sempre nuovi soggetti si candidavano per fa parte del Monte Verità. E sempre più affluivano ospiti e visitatori a vario titolo: capitalisti, intellettuali, grandi nomi della cultura internazionale, artisti, naturopati e medici.

    Alcuni, dalla mente chiusa, giungevano per mero sfizio di curiosità e per contrastare caparbiamente quei principi, tutti di pari importanza, manifestati sul Monte Verità tra cui: libertà dai dogmi sociali e religiosi, femminismo, veganesimo e le unioni libere tra coppie: «L’amore era per noi l’unione tra due esseri che si realizza “liberamente” in natura e per questo rifiutavamo sia la benedizione della Chiesa sia il riconoscimento dello Stato». Uno scandalo sociale che portò pure a un grave sdegno da parte dei genitori di Ida e Henri.

    I medici avveduti sperimentarono su loro stessi il sanatorio, le cure naturali, il cibo vegano crudo, il nudismo, l’elioterapia, la calma indotta dall’osservazione della natura…

    Chiunque veniva accolto: «Un nuovo ospite trascorse con noi l’intero inverno: si trattava di un uomo di ottantotto anni che per la prima volta in vita sua cercò con successo di vivere e mangiare seguendo i principi del vegetabilismo (stile di vita e cibo vegetale ndr.)».

    Giornalisti prevenuti personalmente o “spinti” a raccontare le attività della comune attraverso gli occhiali del pregiudizio, facevano da megafono a quanti non sopportavano tanta libertà. Alla comune ci si vestiva con pochi indumenti ariosi in estate e, per chi voleva, anche in inverno, ma si poteva anche stare nudi a lavorare, leggere e giocare beneficiando del terapeutico sole e della benefica, profumata aria pura: una vera e propria cura medica naturale a tutti gli effetti. Ma allora, come oggi, la gente non si scandalizzava di tante abitudini e azioni dannose per l’essere umano (come le interminabili ore di lavoro in schiavitù nelle fabbriche e nei campi, dove lavoravano anche i ragazzini), bensì di un corpo nudo per fini curativi che circolava nell’ambito di una proprietà privata quale era il Monte Verità.

    Quello di Ida Hofmann è un libro attualissimo, ricco di riflessioni pratiche e profetiche, di una idealista con i piedi per terra, che conforta e dona speranza, sicuramente da leggere e approfondire ma anche da regalare.

    Sul web i nostri lettori troveranno tutte le informazioni per una visita al luogo descritto.

    Annamaria Lorefice

    Ida Hofmann nata in Germania nel 1864, fu pianista e insegnante di musica. Abitò 20 anni in Ticino, morì a San Paolo nel nel 1926.
    Cofondatrice della comunità Monte Verità, parlando di questo luogo con sguardo profetico ebbe a dire: «… è forse un rifugio per i tempi a venire, quando nel mondo dei fenomeni il contrasto tra idealismo e materialismo, tra amico e nemico, tra vita sana e vita malata, tra menzogna e verità o tra bene e male sarà diventato troppo grande e la battaglia per l’esistenza ne deciderà la scomparsa o la salvezza».

    Sei anni dopo l’inizio dell’esperienza della comune, Ida Hofmann, descrive vicende e personaggi tra idealismo, veganesimo e femminismo. Utopisti alle prese con un singolare cantiere dove si intendeva costruire un po’ di mondo migliore.
    Il libro “Monte Verità – Verità senza poesia” in libreria dallo scorso ottobre per le Edizioni Casagrande, comprende una prefazione dello scrittore Edgardo Franzosini, una postfazione di Nicoletta Mongini, direttrice Cultura della Fondazione Monte Verità, e un inserto fotografico.

    La Casa Centrale, 1904 circa.

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