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Diritto al rimborso per chi si è regolarizzato

    Voluntary Disclosure e Euroritenuta

    Egregio Avvocato,
    Gradirei conoscere la prassi da seguire per procedere al recupero della doppia tassazione sui dividendi di azioni svizzere, negoziate sulla borsa di Zurigo, in quanto né la banca svizzera né la banca italiana sono informati al riguardo.
    Sono Svizzera, Italiana tramite matrimonio, residente a Milano da 40 anni e in regola con la mia posizione con la banca svizzera (Voluntary Disclosure).
    La ringrazio molto per la sua assistenza e per tutti i chiarimenti che leggo regolarmente sulla Gazzetta Svizzera.
    Distinti saluti.
    M.C.P. (Milano)

    Risposta
    Cara Lettrice,
    mi rallegro per questo Suo quesito che ci consente di affrontare dopo tanto tempo una questione già trattata vari anni fa (anche se per diverso profilo), e divenuta di stringente attualità negli ultimi mesi. A riprova che i nostri Lettori sono molto attenti alle vicende di questo tipo.
    Il riferimento relativo al recupero della doppia tassazione sui dividendi incassati in Svizzera riguarda evidentemente l’Euritenuta.
    Ma prima di tutto, cos’è l’Euroritenuta? Cominciamo a rispondere da qui.

    L’Euroritenuta
    L’Euroritenuta venne introdotta dal Consiglio europeo oltre 15 anni fa con la c.d. Direttiva Risparmio (Direttiva 2003/48/CE), adottata il 3.6.2003 in tema di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi.
    L’esigenza nasceva dal fatto che, in assenza di un coordinamento tra i vari Paesi, i diversi residenti degli Stati membri potessero evitare qualsiasi forma di imposizione fiscale nel loro Paese di residenza sugli interessi percetti e derivanti dal risparmio in altri Paesi.

    Lo scopo dichiarato era, dunque, quello di fare sì che tali interessi corrisposti in uno Stato membro a soggetti residenti in un altro, venissero tassati nei rispettivi Paesi di residenza fiscale.
    Ciò, però, presupponeva una relativa circolarità delle informazioni relative ai conti all’estero dei propri contribuenti, e fu così che vennero introdotti fra molti Stati europei (e non) vari strumenti per lo scambio automatico di informazioni attinenti a tali redditi da risparmio, di cui tanto spesso si sente parlare oggi.
    Ci si rese però subito conto della necessità di estendere il regime dello scambio anche a Paesi extra-UE anche se in via progressiva.

    La Svizzera e la Comunità Europea stipularono, quindi, l’Accordo del 26.10.2004, introducendo misure equivalenti a quelle portate dalla Direttiva 2003/48/CE.
    Per via della loro peculiarità, però, a Paesi come Austria, Lussemburgo e la stessa Svizzera, all’epoca venne concessa una misura alternativa allo scambio automatico di informazioni. Tali paesi, infatti, applicando la “Euroritenuta” a correntisti di altri Paesi europei erano legittimati a non divulgare i dati di questi ultimi.
    In buona sostanza, questi Paesi svolgono tuttora un’attività di sostituto d’imposta per conto degli altri Stati, con il pagamento a favore di questi ultimi di una tassa (ritenuta alla fonte) sui guadagni prodotti dal risparmio. Si tratta di una forma di automatismo.

    Il relativo gettito, viene per ¾ retrocesso allo Stato membro dell’U.E. in cui risiede il beneficiario effettivo degli interessi e per il residuo ¼ trattenuto dal Paese interessato (ad es. la Svizzera, l’Austria etc.).
    L’importo dell’Euroritenuta, secondo quanto previsto fin dal 2003, è gradualmente cresciuto sino a raggiungere il 35%, se non ricordo male.
    Il meccanismo ha funzionato sino a che questi patrimoni (almeno in Svizzera) non sono stati regolarizzati.

    La Voluntary Disclosure
    La Voluntary Disclosure, della quale tanto ci siamo occupati su queste pagine ed alla quale si fa riferimento anche nella lettera, ha fatto emergere il problema da almeno 1 anno a questa parte.
    Infatti, una volta che questi redditi sono divenuti “in chiaro”, lo Stato italiano avanza legittimamente la pretesa di tassarli.
    Dall’altro lato, gli stessi interessi incassati su azioni ed obbligazioni continuano ad essere soggetti all’Euroritenuta, della quale di nuovo beneficia lo Stato Italiano.

    E’ così che alcuni contribuenti aderenti alla Voluntary Disclosure tra i più avveduti hanno chiesto il rimborso dell’Euroritenuta, ovvero il riconoscimento delle imposte già versate alla fonte nel Paese estero.
    Si tratterrebbe altrimenti di una illegittima doppia imposizione, mentre si dovrebbe consentire il rimborso dell’Euroritenuta a chi ha aderito alla prima Voluntary Disclosure, ed analogamente il riconoscimento della deduzione degli importi dell’Euroritenuta già in sede di autoliquidazione per la seconda Voluntary Disclosure.
    Sennonché, il Fisco italiano ha sempre respinto tale pretesa, ricorrendo ad una norma del TUIR che riconosce il credito fiscale estero solo se i relativi redditi sono stati indicati in dichiarazione.
    Analogo atteggiamento l’Agenzia delle Entrate mantiene peraltro, con riferimento alla richiesta di riconoscimento di altre imposte (immobili e locazioni), con il risultato che il tutto si risolve sostanzialmente in un indebito arricchimento dell’Erario.

    La giurisprudenza
    Tale impostazione è stata vigorosamente contestata in sede giudiziale dai contribuenti più interessati e coraggiosi, e, devo dire, con successo, quantomeno in sede di merito.
    Ricordiamo, in particolare, nel Maggio 2017 la Commissione Tributaria Provinciale di Varese e nel Novembre 2017 la Commissione Tributaria Provinciale di Genova, che si sono pronunciate a favore dei ricorrenti.
    Successivamente, nello stesso identico senso si sono espresse la Commissione Tributaria Provinciale di Milano con tre sentenze gemelle del Gennaio 2018.

    Le argomentazioni fanno tutte leva sul fatto
    – che la Voluntary Disclosure non intacca atti definiti dal fisco bensì l’applicazione dell’Euroritenuta da parte di banche estere (poi riversate all’Italia);
    – che l’art. 165, comma 8 TUIR sul credito fiscale estero non è applicabile a redditi assoggettati a ritenuta alla fonte o a imposta sostitutiva;
    – che il mancato rimborso costituirebbe violazione sia del diritto comunitario (e relativi accordi collaterali), sia dell’art. 169 TUIR, il quale prevede l’applicazione di disposizioni nazionali (come la Voluntary Disclosure) più favorevoli al contribuente (e ciò anche in deroga ad accordi internazionali contro la doppia imposizione).
    Più recentemente, ancora, è stata pubblicata la decisione della Commissione Tributaria Regionale Lombarda del Novembre 2018, la quale ha confermato l’orientamento favorevole al rimborso dell’Euroritenuta su redditi esteri da capitali nel caso di una Voluntary Disclosure, richiamando espressamente l’Accordo tra Unione Europea e Svizzera del 2004.

    La Convenzione contro la doppia imposizione Italia-Svizzera
    Come è noto anche a chi legge regolarmente la Gazzetta Svizzera, tra Italia e Svizzera è in vigore sin dal 1979 la convenzione contro la doppia imposizione, la quale contiene numerose norme applicabili nella specie.
    Si pone, quindi, un ulteriore argomento a sostegno del rimborso, anche per altre imposte. Purtroppo l’Agenzia delle Entrate nelle sue diramazioni locali si mantiene spesso estremamente rigida, costringendo ancora una volta il contribuente a “mangiare la minestra o saltare la finestra”.

    Per quanto riguarda l’Euroritenuta, il rimborso va comunque chiesto con apposita istanza. In una delle decisioni della Commissioni Tributarie citate, si specifica peraltro che il termine per presentare istanza di rimborso dovrebbe essere di 48 mesi, decorrenti dalla domanda di adesione alla Voluntary Disclosure.

    Quanto all’entità dell’Euroritenuta in rapporto agli obblighi pattizi internazionali, poi, si pone un altro e più complesso problema ma per oggi ci fermiamo qua. Magari ne parleremo una prossima volta.
    Spero di aver risposto in modo esaustivo alla Sua domanda.

    Ne approfitto per augurare a Lei ed a tutti i nostri Lettori, Amici e Sostenitori un caldo e felice Natale ed un buon inizio di Anno Nuovo!

    Avv. Markus W. Wiget

    rubrica legale