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Cerere e Raffaella Columberg sorelle di vita, di arte e di ideali

    Il racconto di due figure emblematiche, due esistenze spese in ciò che sentivano importante e amavano fare nel Ticino di ieri

    Talvolta questa rubrica si pregia di ospitare figure femminili di primo piano, sebbene spesso sconosciute o dimenticate, la cui storia è interessante per l’impronta decisa che hanno lasciato nella società, anche oltre i confini in cui vissero.

    Questa volta è il caso delle sorelle ticinesi Cerere e Raffaella Columberg.
    Cento anni fa, nel 1920, nasceva Cerere Columberg a Biasca in Canton Ticino. Sei anni dopo venne alla luce Raffaella. Le due sorelle, rimaste insieme per tutta la vita, divennero famose in ambiti diversi: Cerere in Ticino e in Svizzera per la sua attività politica e sociale. Raffaella, come artista, travalicò i confini nazionali con le sue opere in ceramica. Crebbero in una famiglia di condizioni economiche modeste, ma ricca di stimoli poiché la madre e il padre (Alberto, affrescatore e decoratore di case) le educarono allo spirito critico e intellettuale. Tanto per accennare alla originalità della famiglia, si notino i nomi che diedero alle bambine (come anche agli altri figli), quelli di una dea romana e del grande artista italiano.

    Perchè sono importanti
    La loro è una storia di sorelle che vissero e operarono in una sorta di magica simbiosi.
    Dopo la seconda guerra mondiale, Cerere collaborò al “Dono svizzero”, per i bambini indigenti a Padova e a Livorno e fu attiva nel Partito Socialista Autonomo (PSA) appena fondato nel 1969, divenendo il punto di riferimento per le sue abilità organizzative. Nel frattempo, Raffaella studiava e lavorava nel campo dell’arte ceramica. Attraverso le sue creazioni, la ceramica non potrà più essere considerata solo artigianato, ma potrà assurgere ad “arte ceramica”, allo stesso livello della pittura o la scultura, e per questo Raffaella Columberg sarà apprezzata anche all’estero e avrà amici estimatori tra i nomi più importanti della cultura europea.
    Cerere sollecitò la sorella all’impegno politico e sociale degli anni Sessanta contro il disarmo nucleare e il militarismo. Raffaella insieme al suo compagno, l’ingegnere Alberto Bollinger, divenne obiettrice di coscienza e nel 1989 organizzò un’esposizione collettiva “Artisti per una Svizzera senza Esercito” allo scopo di sensibilizzare la gente in occasione della votazione popolare sull’omonima iniziativa.
    Il rapporto di affinità e intesa tra Cerere e Raffaella durò tutta la vita, non si sposarono e non desiderarono avere figli, totalmente libere di modellarsi l’esistenza secondo i loro profondi interessi artistici e politici.
    Vissero insieme in una grande casa-atelier in via ai Grotti a Biasca. Anche lo spazio abitativo lo scelsero in funzione delle loro necessità culturali.

    Un atelier-casa – ritrovo intellettuale
    Prima di quella casa, sempre a Biasca vissero dal 1954 nella “baracheta” (baracchetta) che subito divenne il luogo dove i giovani potevano conversare e scambiare opinioni sull’arte e la società. Lo stesso avverrà dopo, nella casa-atelier di via ai Grotti. Qui si incontreranno e saranno ospitati intellettuali, politici, architetti, scultori, pittori e personalità provenienti anche dall’estero. Una casa tranquilla, nel verde, dove Raffaella crea in continuazione, si prepara i materiali da sola, assistita da Cerere che l’aiuta nel trattamento delle terre e degli smalti. Una casa ospitale dove si elaborano idee artistiche, si affina il pensiero e il dibattito avviene in piena libertà. Cose oggi forse irraggiungibili, dato che le premesse per tali attività sono la disponibilità di tempo e la tranquillità, due fattori vitali che la nostra società pare stia perdendo. Nel ’77 Raffaella fa posizionare in giardino un forno a gas per la cottura di grès e porcellane, in modo da essere comoda e indipendente nelle sue lavorazioni.

    Durante la sua formazione, svoltasi in scuole d’arte a Zurigo e in Italia (a Roma e nel prestigioso Istituto Statale d’Arte per la Ceramica di Faenza), lavorò con artisti ceramisti come il greco Panos Tsolakos, colui che aveva sdoganato un’arte considerata minore in arte assoluta. Egli fu uno dei tanti personaggi che frequentarono regolarmente la casa-atelier di Biasca. Citiamo solo la ceramista Petra Weiss, il futuro Nobel Dario Fo, il pittore catalano Xavier Valls, il noto fotografo Adriano Heitmann, la rinomata architetto svizzera Flora Ruchat… tutti ascoltavano con attenzione le informazioni che Cerere forniva sulla politica e sulle vicende sociali dell’epoca, banchettavano alla tavola delle sorelle, verificavano i reciproci progetti artistici, godendo del paesaggio magnifico di quell’angolo di Ticino. Gli amici di Raffaella e Cerere lasciarono in quella casa alcuni lavori che ora fanno parte di una collezione privata della famiglia.

    Arte specchio dei tempi
    Se nel 1957 a Bellinzona ottiene il premio “Nuove forme per l’artigianato”, in verità, ciò che Raffaella Columberg fece con le sue opere, fu di tramutare questo artigianato nella vera e propria Arte ceramica in Svizzera, così come era accaduto in Italia con il già citato Tsolakos.
    Enorme la sua produzione che comprende “opere simbolo” ma anche manufatti d’uso comune – dai grandi effetti visivi grazie ai favolosi smalti – come suppellettili decorate o gioielli che dimostrano, a detta degli esperti, una profonda conoscenza dei materiali e delle tecniche di lavorazione.

    Ma quelle che restano impresse sono le opere definite “Scomposizioni ricomposte”, sculture modulari di un solo colore. Sensibile alle vicissitudini storiche del mondo, crea opere che descrivono i temi a lei più cari come l’emarginazione, la maternità, la fratellanza. Ha raccontato il potere dei colonnelli in Grecia con il “Trittico dei busti”, e ancora i due busti “Augusto Pinochet, 1973” oppure la vicenda della centrale nucleare russa con “Chernobyl”.

    Tuttavia, dal suo animo utopista scaturirono anche “San Francesco e gli uccelli”, “Le colombe della pace” e tanti altri lavori carichi di ottimismo.

    La casa-atelier di Biasca è privata e purtroppo non visitabile, ma ne resta il ricordo di chi vi è entrata, come Mariangela Agliati Ruggia, direttrice della Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, che nel presentare un paio di anni fa una retrospettiva di Raffaella Columberg, così ha scritto: <<Imperitura rimarrà nella memoria la visita nella bella e accogliente casa – atelier di Via ai Grotti a Ronco di Biasca nella primavera del 2014. La sensazione provata è stata che Raffaella e sua sorella Cerere avessero semplicemente posato la chiave sotto lo zerbino: partite solo per un breve viaggio. Sembrava insomma – entrando in quella casa – che la loro presenza aleggiasse ancora>>.

    Annamaria Lorefice
    lorefice.annamaria@gmail.com

    Raffaella (1926-2007) e Cerere (con camicino scuro 1920-1999) Columberg, vissero sempre insieme condividendo professioni, ideali e grandi amicizie nella Casa-atelier di Biasca, Canton Ticino.

    Uno dei busti “Augusto Pinochet, 1973”.