Intervista in occasione del Congresso degli Svizzeri all’estero a Palermo.
Signor Nicollier, nel corso della sua carriera ha compiuto quattro missioni a bordo di diverse navette che l’hanno condotta laddove molti possono solo sognare di andare. Ahimè, anche lei ha però dovuto rimettere i piedi per terra… Dopo averlo visto dallo spazio, come vive adesso su questo pianeta?
[ride] Evidentemente non si può restare per sempre nello spazio ! Ho vissuto un’esperienza straordinaria, sia sul piano personale, sia su quello delle attività scientifiche e tecniche. Ritornare sulla Terra però fa parte della natura delle cose. La vera sfida consiste nell’utilizzare al meglio ciò che si è vissuto, per condividerlo. Per me la condivisione è essenziale: lo faccio attraverso la mia attività di insegnante al Politecnico, condivido nelle scuole, parlando con i giovani… è una maniera per riportare sulla Terra una parte di quell’esperienza extraterrestre che ho avuto la fortuna di vivere.
Cosa le ha dato la Svizzera nel corso della sua carriera e delle sue esperienze?
Mi ha soprattutto offerto una formazione di qualità. La mia passione per la matematica e per lo spazio è stata ispirata in buona parte dai miei genitori, soprattutto da mio papà, ma la Svizzera mi ha dato un’istruzione solida. Tuttavia, ritengo che in Svizzera ci sia ancora molto da fare in materia di motivazione all’apprendimento delle materie scientifiche, tecniche e della matematica.
Per quanto mi concerne, la matematica mi è sempre stata insegnata come un gioco, un gioco della mente. Quindi, trattandosi di un gioco, l’approccio è più semplice e divertente. E allo stesso tempo si imparano nozioni complesse, come l’algebra lineare o il calcolo matriciale. Sono sempre stato molto legato a questo gioco della matematica. La padronanza della matematica è di certo uno strumento straordinario per la scienza, e per la fisica in particolare. Inoltre, è un buon insegnamento per la vita.
Il 31 luglio 1992 è la data della sua prima missione, ma anche il giorno in cui il primo svizzero ha volato nello spazio. Cosa rappresenta per lei questa data? Come ha vissuto quel giorno?
È qualcosa che si prepara molto. Si ha l’impressione di sapere quasi perfettamente ciò che starà per accadere, visto quanto ci si è allenati. L’unica cosa che manca prima di una partenza sono delle impressioni reali: ci si domanda sempre come ci si sentirà una volta nello spazio. Ecco, quel giorno mi sentivo un po’ così, ma soprattutto mi sentivo curioso.
Ognuno poi aveva le proprie astuzie per prepararsi. Ad esempio, c’erano dei piloti che facevano un sacco di acrobazie con il T-38 per preparare al meglio il fisico ed il cervello alle condizioni dello spazio…
Il fatto stesso di poter partecipare alla missione è stata poi una combinazione di fattori di fortuna e lavoro. E sono molto soddisfatto di aver potuto partire. La Svizzera è un paese che si impegna molto per lo spazio, così come in definitiva in tutte le attività umane. Sono contento di aver potuto servire il mio paese in questo senso. Bisogna però anche dire che prima di tutto servivo l’Europa e gli interessi europei. D’altronde, penso che questo lanci un messaggio positivo, dimostra che la collaborazione con l’Europa porta buoni frutti – in ogni caso negli ambiti tecnici e scientifici.
Lei ha vissuto 25 anni a Houston, in Texas. Come si è sentito come svizzero all’estero?
Stavo molto bene. C’era un rispetto reciproco tra Stati Uniti e Svizzera, un legame che esiste ancora oggi. Negli Stati Uniti vivevo in un ambiente molto privilegiato, con un entourage di eccellenze. Lavoravo molto ed ero apprezzato per questo; sapevo che se volevo accedere a delle belle missioni bisognava darsi da fare. Ho ricevuto molto da questa esperienza all‘estero, ma ho anche ricambiato con tutto ciò che potevo. Credo che ci debba essere un elemento „win-win“ per gli Svizzeri all‘estero perché un’esperienza di questo tipo funzioni.
Lei parla della Svizzera definendola una “nazione spaziale”. Eppure, la Svizzera non possiede una tradizione spaziale, come ad esempio gli Stati Uniti. Cosa intende dire con questa frase?
La Svizzera è una nazione spaziale nel senso che le persone hanno una coscienza molto orientata allo spazio. Lo vedo quando parlo dello spazio e mi rendo conto di quante persone hanno domande e sono interessate. La Svizzera è una nazione che si distingue dagli altri paesi europei per la sua passione per lo spazio. Una passione legata soprattutto ad una volontà a partecipare.
Una curiosità per concludere: un asteroide è stato chiamato con il suo nome. Cosa significa questo per lei?
Sono riconoscente all’Unione Astronomica Internazionale per aver attribuito il mio nome ad un asteroide. Oggi l’insegnamento è l’elemento principale nella mia vita. La sento come una responsabilità, un compito dal quale non mi posso esimere. Sono stato un civil servant per praticamente tutta la mia vita, e possiedo ancora un’anima da civil servant. La mia missione adesso è quella di trasmettere ai posteri quello che ho imparato. In questo modo, quando avrò lasciato la Terra, e questa volta per sempre, questi insegnamenti non andranno persi. Mi fa dunque piacere pensare che il mio nome è ancora lassù da qualche parte, e che quando non sarò altro che cenere, il Nicollier sarà ancora lì, ad orbitare nello spazio.
Biografia
Claude Nicollier, nato il 2 settembre 1944 a Vevey, è un astrofisico e astronauta svizzero dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).
Nel 1970 si laurea in fisica presso l’Università di Losanna e nel 1975 consegue il diploma in astrofisica all’Università di Ginevra.
Ha lavorato per l’ESA e per la NASA. Con la missione STS-46 a bordo della navetta spaziale Atlantis, nel 1992 diviene il primo svizzero nello spazio.
Padre di due figlie, oggi è Professore al Politecnico Federale di Losanna (EPFL), dove tiene un corso sull’ingegneria spaziale.
La Svizzera è una nazione spaziale nel senso che le persone hanno una coscienza molto orientata allo spazio.
Intervista: Gazzetta svizzera