Vai al contenuto

Congresso 2024 – Il cioccolato che unisce, oltre le frontiere e con grandi storie

    Chi non conosce i Baci Perugina? Tutti, anche in Svizzera. Ma nessuno come Cristina Mencaroni, nata a 20 metri dalla fabbrica a Fontivegge e il cui nonno già lavorava per la cioccolateria. Oggi è responsabile del Museo “Casa del Cioccolato Perugina”, che costituisce un grande potere attrattivo. Ma, debutta Mencaroni, quella di Perugia non è la classica storia di impresa. Oggi rappresenta l’immagine di una città e di un’Italia che cambia anche perché è l’unica azienda alimentare che mostra quotidianamente, tutti i giorni dell’anno, la produzione in presa diretta.

    L’impresa, dal 1988 condivide un’origine italo-svizzera poiché da allora fa parte della multinazionale elvetica Nestlé. La “Casa del cioccolato Perugina” è stata voluta fortemente da Nestlé, come una dedica al cioccolato italiano. Questa nasce da un ampio archivio di impresa.

    Impresa la cui storia parla di una marca-simbolo di un’italianità che si riconosce. Quando nasce Perugina, nel 1907, il cioccolato era un alimento selettivo in un’Italia povera. L’idea nasce da un imprenditore, Giovanni Buitoni – quello delle fette biscottate – che, senza esperienza in materia di dolciumi, si associa a due partner con cui fondano una società “confetti e caramelle” nel centro di Perugia. Il cioccolato arriva qualche anno dopo, mentre soffiano i primi venti di guerra e lo zucchero scarseggiava. Gli avveduti imprenditori acquistano macchinari tedeschi che in Germania nel frattempo costavano poco. L’Italia diventa patria del cioccolato, approfitta delle commesse belliche e compete con i concorrenti dell’Europa del Nord. Negli anni ‘20, i tre cervelli si completano in modo incredibile: Luisa Spagnoli, l’innovatrice, punta sul cacao in polvere, Federico Seneca dà voce al nuovo prodotto attraverso una pubblicità che resterà dirompente lungo tutta la crescita di Perugina. Insieme a Buitoni le tre menti creano il DNA di Perugina in un mercato inizialmente di lusso.

    Negli anni ‘30, nelle maggiori città italiane si affermano oltre 50 negozi che determinano l’immagine dell’impresa che nel 1939 apre una boutique anche New York. Attraverso la comunicazione pubblicitaria si conquistano ampi mercati.

    Baci Perugina? Una provocazione in guerra

    Nel 1922 nasce il cioccolatino conosciuto da tutti, simbolo dell’amore, Baci perugina. Chiamato inizialmente “cazzotto” il termine “Bacio” è da interpretare come una scelta ironica, controcorrente, in un momento di guerra. Si tratta di un primo brand italiano, rafforzato dalle frasi sui bigliettini.

    Nel 2024 la Coppa Perugina compie 100 anni, una gara di automobili voluta da Buitoni, dove correvano anche le donne. Era una delle prime sponsorizzazioni.

    Durante la guerra la fabbrica viene bombardata, ma negli anni ‘50 il cioccolato diventa un prodotto di massa: la produzione di Perugina quintuplica e si rende necessaria una nuova fabbrica, quella di San Sisto, tuttora in funzione. L’impresa continua a distinguersi per la capacità di dominare i mezzi di comunicazione. Negli anni ‘60 si creano nuove feste che sono state cavalcate pubblicitariamente, tra cui San Valentino o la Festa della mamma. Con l’avvento della TV arriva poi il grande momento delle campagne degli anni ‘70 e ’90, fino alla leggendaria pubblicità sui mezzi di trasporto, in particolare un aereo di Alitalia.

    A far da cappello vi è dunque la Casa del cioccolato. Mencaroni conclude coinvolgendo il pubblico elvetico indicando come in Svizzera, a Broc, vi è la casa del cioccolato Cailler che si è ispirata al Museo del Bacio Perugina: due realtà distanti geograficamente che raccontano la passione per il cioccolato. Una passione che unisce. Anche Svizzera e Italia.

    Il miglior cioccolato è svizzero? Ecco il perché

    Rosa Maria Leggio, ambasciatrice Aeschbach Chocolatier Svizzera, si è posta l’obiettivo di spiegare ai partecipanti perché “si dice” che la cioccolata svizzera sia la migliore al mondo, rispettivamente perché gli svizzeri, ad un certo punto, hanno deciso di investire proprio sul cioccolato.

    Ogni svizzero mangia oltre 11 kg di cioccolato all’anno e quest’ultimo fa parte del patrimonio culturale elvetico.

    Da dove inizia la lunga storia?

    Leggio ha illustrato come, tempo addietro, gli aztechi hanno cominciato a consumare il cacao, chiamato Xocolatl (acqua amaro) e soprannominato “cibo degli dei”. Da allora, in ogni lingua la pronuncia è rimasta praticamente la stessa. Ma il cacao, albero del cioccolato, non cresce in Svizzera e nemmeno in Europa. I primi che hanno lavorato il cacao sono stati gli spagnoli, poi gli italiani, mentre gli svizzeri sono arrivati dopo e hanno imparato da soli. I primi pionieri sono stati la famiglia Suchard e Cailler, negli anni 1825-1880. Quel periodo ha visto uno sviluppo importante del cioccolato svizzero, promosso successivamente anche dalle famiglie Lindt e Tobler. Un primo segreto della ricetta di successo? Dall’inizio tutte queste famiglie hanno lavorato insieme e non si sono combattute.

    La Svizzera investe sul cioccolato!

    La fava di cacao cresce direttamente al tronco ma può essere raccolta praticamente tutto l’anno. E dunque, afferma scherzosamente l’oratrice, si può tranquillamente affermare che dal momento che il cioccolato cresce sugli alberi è un frutto. Un frutto di cacao ha circa 30-50 fave. Per una barretta di cioccolato di 100 grammi occorrono 2-3 frutti.

    Per andare a prendere le fave di cacao gli svizzeri investivano molto. Nel 17° e 18° secolo la Svizzera si caratterizzava per una forte povertà. Il popolo soffriva di depressioni a causa del lungo inverno, soprattutto i bambini e gli anziani. Un medico svedese ha scoperto nel 17° secolo che mangiare cioccolato tirava su il morale, ciò che aveva indotto medici e farmacisti in Svizzera ad impiegare il cioccolato come rimedio per i pazienti che soffrivano di depressione. Il prodotto nasceva quindi come “medicina” che grazie alla teobromina, una sostanza nelle fave di cacao che stimolava la serotonina nel cervello, aveva effetti benefici sulla salute mentale delle persone.

    Cailler ha industrializzato poi la produzione del cioccolato, riducendo il prezzo e rendendolo un prodotto di massa. Daniel Peter ha poi inventato il cioccolato al latte, e questo ha di nuovo abbassato il prezzo. Tobler ha inventato Toblerone, ispirato dalle montagne, anche lui pezzo per pezzo.

    Perché la Svizzera è considerata la migliore?

    Il 1879 fu un anno rivoluzionario per il cioccolato. Fu l'anno in cui Rodolphe Lindt inventò il concaggio. Grazie a questa ingegnosa invenzione si è riusciti ad ottenere quella consistenza liscia e setosa che ha reso famoso il cioccolato svizzero. L’invenzione arrivò per “caso”, perché Lindt – il giorno del compleanno di sua moglie, di venerdì – si è dimenticato di spegnere la macchina per il concaggio che così è stata in funzione per 4 giorni di fila. Al rientro in impresa il lunedì i collaboratori hanno assaggiato la massa di cioccolata che si era creata. «Una bontà infinita».

    Angelo Geninazzi

    Come si mangia la ciocciolata?

    Una barretta di cioccolata è composta da 6 righe e ogni riga ha 4 pezzi. L’intento di questo è di mangiare il cioccolato poco alla volta facendo sciogliere un pezzo lentamente in bocca, stimolando la produzione di serotonina nel cervello che da felicità. Questo il consiglio di Leggio.

    Luisa Spagnoli, insieme a Buitoni e Seneca ha plasmato la nascita e crescita del cioccolato Perugina

    100° anniversario dalla nascita della Coppa Perugina, festeggiata proprio il giorno del Congresso.

     

    Sempre un passo avanti nella promozione e nella pubblicità: i Baci hanno “rivestito” un aereo di Alitalia

    Il Bacio più grande del mondo: alla Casa del Cioccolato, il museo del cioccolato Perugina.

     

    Come funziona il concaggio?

    Dopo aver tostato e miscelato le fave di cacao, la massa che ne risulta viene combinata con altri ingredienti, come lo zucchero e il latte, e nuovamente mescolata per essere messa nella conca. In questa un lungo processo di intensa miscelazione, agitazione e di aeraggio per eliminare l'acidità e l'amarezza indesiderate. Questo processo dissolve anche eventuali grumi indesiderati per creare una consistenza liscia di cioccolato. Una volta completato questo passaggio, il cioccolato è pronto per essere trasformato in prodotto finale.

    La Gazzetta ha bisogno di te.

    Cara lettrice, caro lettore online,
    la Gazzetta Svizzera vive anche nella versione online soprattutto grazie ai contributi di lettrici e lettori. Grazie quindi per il tuo contributo, te ne siamo molto grati. Clicca sul bottone "donazione" per effettuare un pagamento con carta di credito o paypal. Nel caso di un bonifico clicca qui per i dettagli.