Giuseppe Mansour Agrelli – Segretario dell’UGS

10 domande a un giovane svizzero

GIOVANI SVIZZERI ALL‘ESTERO

Giuseppe, sei legato alla Svizzera e se sì in che modo?
Sarebbe imbarazzante se rispondessi di no, in un’intervista alla Gazzetta Svizzera? Senza dubbio sarebbe falso. Ogni estate, da quando sono nato, ho passato diverse settimane nei Grigioni, mio cantone d’origine. I periodi trascorsi negli idilliaci paesi alpini trovano un posto privilegiato nella mia memoria. Senz’altro, il legame con la Confederazione si è accentuato durante la mia frequentazione della Scuola Svizzera di Roma dove, figurativamente parlando, il confine transalpino era valicato quotidianamente.
È mio padre che, tuttavia, ha contribuito di più al mio rapporto con la Svizzera: iscrivendomi ai campi estivi dell’OSE, viaggiando assieme a me alla scoperta di nuovi cantoni e, attualmente, finanziando i miei studi universitari a Losanna.

Cosa ti spinge ad impegnarti nell’ambito dell’UGS?
Durante buona parte del mio liceo, sono stato un assiduo seguace delle numerose attività del Circolo Svizzero di Roma. Ho potuto constatare che, sebbene si potesse imparare qualcosa da ogni evento, mi divertivo molto di più se altri giovani erano presenti. Partecipando ai Congressi del Collegamento (da Sorrento in poi) ho scoperto un gruppo di ragazze e ragazzi che condivideva quest’idea.
A prescindere dai circoli, dai progetti e dai risultati ottenuti, quel che mi porta tutt’ora, a anni di distanza, a essere ancora implicato in prima persona nell’Unione sono senza dubbio le amicizie che ho potuto stringere all’interno di essa. Il fatto che a ogni evento si mangi spettacolarmente fa la sua parte, devo ammettere.

Ti interessa la politica o lo sport svizzero e li segui in modo attivo?
La politica Svizzera è difficile da seguire, onestamente, pur vivendoci. La quantità di votazioni proposte grazie alla democrazia diretta (gestita in modo esemplare, a mio modesto parere) non mi permette d’individuare direttamente le problematiche che m’interessano di prima persona. Noto comunque, e con distinto compiacimento, un minor senso d’appartenenza a un partito determinato, il che permette di discutere di argomenti e fatti piuttosto che di persone.
Per quanto concerne lo sport, seguo Svizzera e Italia allo stesso modo: ai Mondiali o alle Olimpiadi, e solo se sono particolarmente ispirato.

Come è percepita la Svizzera dai tuoi amici e dai tuoi conoscenti?
La grande maggioranza dei miei amici e conoscenti è svizzera, vive nella Confederazione, o ha seguito la Scuola Svizzera di Roma. La loro percezione è dunque sicuramente troppo particolareggiata per poterla riassumere o generalizzare.
Non ho idea di cosa pensino i miei amici che non rientrano nelle categorie sovrastanti. Mi piacerebbe pensare che immaginino la Svizzera come una malefica entità che mi sottrae da Roma per nove mesi all’anno, per espormi al freddo, alla pasta scotta e a prezzi proibitivi. Chissà…

Cosa ti piace particolarmente della Svizzera…
Per replicare ad Angela (si veda la scorsa intervista), la cioccolata.
E il Codice Penale, i laghi, le università, Lucerna, le Alpi, i miei amici, gli opuscoli a ogni elezione, Losanna, la puntualità dei mezzi di trasporto, la fondue, la villa Chevillard, la neutralità, il rumantsch, attraversare sulle strisce senza dover aspettare, i fiumi ed i ruscelli, …

… e cosa invece ti disturba dell’Italia?
Adoro l’Italia e mi manca molto, ma non è difficile trovare qualcosa da dire.
Citando liberamente l’intervento di Giorgia Würth al nostro evento a Bologna lo scorso ottobre, trovo deplorevole il ritardo come filosofia e l’inconsapevolezza della mancanza di rispetto che ciò comporta.
M’infastidisce la vuotezza del dibattito politico attuale, cosparso di attacchi ad hominem, senza che s’instauri mai un dialogo o un dibattito costruttivo.
Infine, per non dilungarmi, non mi aggrada come l’inglese si stia gradualmente ma inesorabilmente inserendo nella nostra lingua, senza che ce ne sia una vera ragione.

Cosa pensi che potrebbe “copiare” invece la Svizzera dalla cultura italiana? E vice versa?
Pur ribadendo che ogni Stato ha la propria cultura e le proprie caratteristiche, se la Svizzera volesse copiare ad litteram la cucina italiana, non credo che opporrei resistenza. Mi farebbe altrettanto piacere se il Bridge fosse più diffuso e conosciuto, nella Confederazione.
Per quanto riguarda l’Italia, mi piacerebbe se il nostro impatto energetico fosse sostenuto, in proporzione, da più energia verde. Trovo encomiabile l’attenzione che la Svizzera pone a tal riguardo.

Hai qualche aneddoto divertente o situazione buffa da raccontare riguardo al tuo essere svizzero e italiano?
Non so se sia buffo, ma quando salgo in Svizzera dopo le vacanze estive aspetto a un metro dalle strisce pedonali, disilluso che qualcuno mi lasci passare, e mi sorprendo sempre quando la vettura a 30 metri inizia a frenare.
Al contrario, appena torno a Roma, rischio la vita ai primi tre o quattro attraversamenti, perché, camminando in beata tranquillità, mi impossesso delle strisce con convinzione, finché non son destato da clacson, insulti e stridii di freni.

Cosa saresti felice di ricevere dalla comunità dei giovani svizzeri in Italia e come pensi potresti contribuire al meglio?
Materialmente, la cioccolata fa sempre piacere. Altrimenti, sarebbe meraviglioso avere una partecipazione continua ai nostri eventi (e devo dire che, attualmente, non possiamo lamentarci), ma anche più eventi locali. Poi, sarei contentissimo se l’anno prossimo nuovi giovani interessati volessero unirsi al comitato!

Da parte mia, mi piacerebbe poter partecipare a più eventi (come quello di Palermo), e essere più costante nei miei compiti di segretario, ma l’università mi ancora a certe responsabilità, mio malgrado.

Infine, in quanto svizzeri di seconda generazione e portatori di un bagaglio multiculturale, cosa pensi che potreste apportare ai vostri stati di appartenenza?
Ritengo che appartenere a due Stati porti a conoscere diverse realtà, e ci renda propensi a relativizzare ciascuna confrontandola alle altre. Ciò può permettere di trovarne pregi e difetti in modo più oggettivo. Inoltre, sono convinto che le soluzioni ad alcuni problemi di uno Stato possano risiedere nelle politiche o nelle pratiche dell’altro, qualsiasi ne sia l’ambito o la portata. Individuarle ed esportarle potrebbe senza dubbio risultare benefico.