L’8 maggio festeggiato il filantropo fondatore della più grande istituzione umanitaria al mondo
Lugano - Nel 1859, il ginevrino Henry Dunant si ritrovò ad assistere alla cruenta battaglia di Solferino e, sopraffatto emotivamente dalle migliaia di soldati lasciati a terra agonizzanti, riportò le sue impressioni in un libro che in seguito diede il via alla nota istituzione della Croce Rossa svizzera, conosciuta in tutto il mondo. Nel 1901 fu il primo vincitore del Premio Nobel per la Pace, appena istituito.
Dal 1948, Henry Dunant, viene festeggiato ogni anno l’8 maggio, giorno della sua nascita, così come la “Giornata mondiale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa”, il movimento umanitario più grande al mondo.
L’esempio
Henry Dunant nacque l’8 maggio 1828 a Ginevra. La sua nota, agiata e religiosa famiglia calvinista gli trasmise il sentimento umanitario che lo pervase profondamente per tutta la vita. Fu grazie alla madre se si potenziò il suo innato amore per il prossimo. La madre, Anne-Antoinette Colladon detta Nancy, discendente diretta di nobili di Francia, organizzava incessanti attività in favore degli indigenti che visitava regolarmente portando con sé il piccolo Henry.
Ella voleva che fosse consapevole di come era composta la società, mostrando anche gli aspetti brutti della vita quali la malattia e la povertà. Fu da esempio nell’intervenire in prima persona per donare conforto spirituale e ogni possibile aiuto concreto. Nel libro “Neutralità e Croce Rossa”, Dunant disse della madre: «Era l’amore in persona. Sempre entusiasta per tutto ciò che era nobile e buono». Il padre Jean Jacques era un patrizio benestante di Ginevra, attivo nella tutela degli orfani.
Profonda umanità
In questa sua infanzia già cosciente dell’infelicità degli altri, invece di giocare con i coetanei, Henry si recava la domenica nel carcere di Ginevra a leggere libri ai reclusi. Giovinetto, amava aiutare malati e anziani abbandonati. A scuola non dette le soddisfazioni sperate dalla madre, ma eccelleva in religione e aveva carisma nel comunicare la sua visione di fratellanza agli altri. Essendo convinto che solo la partecipazione di un grande numero di persone avrebbe potuto eliminare tutta quella sofferenza che egli vedeva intorno a sé, iniziò a riunire a casa sua giovani di tutte le tendenze. Le riunioni si trasformarono in una associazione che si diffuse poi in tutta Europa. Oltre alla “Società delle elemosine” si occupò anche della lotta alla schiavitù e fondò a Parigi l’Alleanza delle Unioni Cristiane dei Giovani (YMCA). Su spinta del padre, divenne impiegato diligente per imprese bancarie e infine uomo d’affari per la Compagnia delle Colonie svizzere di Séfit.
Nel 1853 partì per l’Africa del Nord dove s’imbarcò in un affare grandioso in Algeria. Per mancate concessioni sull’acquisto di terreni, chiese aiuto a svariati pezzi grossi svizzeri, francesi e algerini, ma senza successo, perciò, per scongiurare il fallimento, pensò di rivolgersi al più potente di tutti, l’imperatore Napoleone III, in quel mentre impegnato in guerra nell’Italia Settentrionale.
Il macello di Solferino
Il 24 giugno 1859 avvenne che, proprio come in un mattatoio degli animali di oggi, uno dopo l’altro 40.000 soldati erano restati a terra morti o ancora agonizzanti, sui 300mila uomini coinvolti nella nota battaglia di Solferino. Lo scontro tra truppe francesi e austriache in un sol giorno aveva prodotto quel macello umano. Solo per un puro caso Henry Dunant ebbe sotto gli occhi quell’orrido spettacolo. Dunant, per evitare la bancarotta del suo affare in Africa, aveva seguito Napoleone in Lombardia per donargli un libro elogiativo da lui scritto, nel tentativo di ottenerne i favori. Non solo non ottenne le concessioni per i terreni algerini, ma l’imperatore non gradì nemmeno l’iniziativa del libro. Intanto, però, Dunant aveva assistito, suo malgrado, alla battaglia di quel 24 giugno. Non poté sopportare la visione di tanto sangue e subito scrisse il suo libro più famoso “Souvenir de Solferino”.
Croce Rossa e il Nobel
Il libro su Solferino, pubblicato nel 1862, non fu scritto invano. Descriveva bene sia la battaglia, sia le conseguenze, cioè i soldati lasciati sul campo senza cure. Raccontò come egli stesso aveva organizzato gli aiuti con le donne del luogo e pregando gli abitanti di non guardare alle divise, proclamando a gran voce: «Siamo tutti fratelli!».
Nelle chiese di Castiglione delle Stiviere furono ammassati austriaci, francesi, tedeschi e slavi. Scrive Dunant: «... essi non riposano e, nella loro sventura, implorano il soccorso dei medici e si rotolano disperati nelle convulsioni che termineranno con il tetano e la morte...». Il racconto fu così vivido che riuscì a smuovere le coscienze di molte persone e portò alla creazione del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) nel 1863 a Ginevra.
Il femminismo e il Nobel
Sciovinismo, ignoranza, tradizionalismo, questi i miserevoli principi ispiratori della guerra, che Dunant (così come il pensiero femminista) attribuiva al genere maschile. Nei suoi scritti, come in “Souvenir de Solferino”, esaltò l’intelligenza, la compassione, la saggezza delle donne, auspicando che avessero il ruolo di civilizzatrici delle nazioni per scongiurare guerre e violenze. Con importanti personalità femminili collaborò, come figura di spicco, al movimento pacifista. Nel 1901 ebbe inizio la cerimonia dei premi Nobel, e il primo premio Nobel per la Pace venne assegnato allo svizzero Henry Dunant, quale “Fondatore della Croce Rossa e ideatore delle convenzioni di Ginevra per i diritti umani”.
Guerre per sempre?
Dunant, non concepiva la legittimazione della guerra, ma auspicava almeno l’umanizzazione della guerra, consapevole della contraddizione in termini: la guerra per quanto possa essere “controllata” provoca carneficine certe, anche nelle cosiddette “guerre di pace”. Tutte le guerre non sono altro che l’espressione della follia umana. Dunant era conscio che nella sua epoca non sarebbe stato possibile sradicare dalla mentalità collettiva “l’inesorabilità” della guerra, altro concetto folle e pretestuoso, dato che nessuna guerra scoppia alla stregua di un fenomeno naturale come un temporale, ma sempre per una decisione a tavolino. Dopo aver tanto lottato e nonostante il riconoscimento del Nobel, egli presagì che l’uomo, specie il sesso maschile come sosteneva Henry Dunant, non avrebbe bandito dal proprio ordinario pensiero la “normalità” della guerra, anche nella moderna epoca. Infatti, purtroppo indovinando, prefigurò: «Un’atmosfera di diffidenza o di odio si spande sempre più sui popoli e si trasforma in una cristianità ben lungi dall’avere lo spirito di Cristo. […] Assisteremo, ma senza poter determinare l’ordine degli eventi, a: rivoluzioni ispirate dall’anarchia, seguite da nuove tirannidi mascherate, una rivincita dall’esito imprevedibile nel duello tra latini e germani, un combattimento gigantesco che probabilmente si rinnoverà per sfortuna di tutti. […] Il riassunto è il seguente: sangue, sangue e ancora sangue, sangue ovunque». Ormai anziano, ricevette una piccola rendita annuale dall’Imperatrice madre Maria Feodorowna di Russia. Il denaro del premio Nobel lo diede in beneficenza e morI nel 1910 povero e malato in una stanza d’albergo a Heiden, dove ha sede il museo a lui dedicato.
Annamaria Lorefice
lorefice.annamaria@gmail.com
Jean Henri Dunant, noto come Henry Dunant (1828-1910), vincitore del premio Nobel per la Pace per aver fondato la Croce Rossa. Grande filantropo e pacifista ginevrino, auspicava una società non violenta con il contributo della saggezza delle donne.
Nella foto di un collezionista inglese, parte delle migliaia di morti della battaglia di Solferino. (Foto dal sito Guerra sulle Alpi).
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