I “bambini proibiti” da chiamare sottovoce… Un libro e le testimonianze reali dei protagonisti

Il Circolo di lettura in lingua italiana: successo a Sciaffusa grazie alle iniziative di Giuseppe Pietramale

A Giuseppe Pietramale, residente vicino a Sciaffusa, le idee capaci di catturare l’attenzione di autorità e popolazione locale non mancano. Il suo tema portante è l’italianità in Svizzera. Pietramale – già ospite di questa rubrica qualche anno fa con il suo libro “La nostra Svizzera, giudizi e pregiudizi” curato con Raffaele de Rosa – torna a far parlare di sé in veste di coordinatore del Circolo di lettura di lingua italiana nel suo Cantone.

Nelle sue serate culturali non ci si limita a leggere un libro e a presentarne l’autore, bensì si anima la lettura con interventi recitati o a sorpresa, e facendo partecipare direttamente anche gli astanti. Lui le chiama “presentazioni sceniche” e con questa modalità è stato proposto, in ottobre, il tema dei “bambini proibiti”, argomento che, sebbene descritto in libri e film, gli svizzeri e gli italiani di giovane età non conoscono.

Il libro in oggetto, “Chiamami sottovoce” di Nicoletta Bortolotti, descrive la condizione dei bambini degli immigrati italiani della seconda metà del secolo scorso, tenuti nascosti in casa nelle tante località svizzere raggiunte da questi lavoratori stagionali. Lavoratori sottopagati e accusati di rubare il posto agli svizzeri. Potevano risiedere solo per nove mesi all’anno e dovevano tornare per 3 mesi in Italia, in modo da poterli escludere da importanti diritti. Le leggi di allora contro l’inforestiamento non permettevano il congiungimento familiare del lavoratore stagionale. Quindi, coniuge e figli dovevano starsene in Italia, spesso lontani centinaia di chilometri.

Per ovviare a questi dolorosi distacchi, si escogitava il modo di far entrare in Svizzera i propri familiari, vivendo però con la paura costante di venire scoperti, denunciati ed espulsi.

Sembrano situazioni ottocentesche, invece siamo solo negli anni ’70 e ’80 del 1900. I bambini reclusi in casa non dovevano affacciarsi alla finestra o farsi sentire, da qui il titolo “Chiamami sottovoce”: non dovevano esistere.

Giuseppe Pietramale ci racconta dei bambini che hanno interpretato di fronte al pubblico, riunito nella Biblioteca di Sciaffusa, la storia dei loro sfortunati coetanei immigrati.

Chi ha avuto l’idea di rappresentare la vicenda dei “bambini proibiti”?
<<L’idea è stata mia: siccome a Sciaffusa il Circolo di lettura in lingua italiana quest’anno compie 10 anni dalla sua fondazione, ho pensato di sottolineare questo evento organizzando letture con presentazioni sceniche e coinvolgimento del pubblico. Essendo il coordinatore di queste iniziative per la comunità italofona, riscontro purtroppo che l’associazionismo italiano qua va deperendo; per questo sto cercando di creare un gruppo che sia un punto di riferimento per presentare questi libri in maniera scenica, viva per attrarre più persone possibile>>.

È stata laboriosa la messa in scena per “Chiamami sottovoce?”
<<La preparazione è stata lunga, ha coinvolto 6 ragazzini della prima media che studiano la lingua e la cultura italiana. La maestra che insegna nei corsi ha consegnato alcune parti del libro ai ragazzini affinché le imparassero bene. Tenga presente che l’italiano viene insegnato 2 ore a settimana… pertanto i ragazzini non lo parlano ancora correttamente, quelli della terza generazione immigrata non lo parlano proprio. Dunque, si sono impegnati moltissimo per questo lavoro e sono stati davvero bravi. Sono riusciti a suscitare grande emozione nelle circa cento persone presenti quella sera in biblioteca. Come presidente del Comitato genitori dei corsi di lingua e cultura italiana del Cantone Sciaffusa, mi ha fatto piacere ricevere i complimenti del sindaco di Sciaffusa e del direttore – anch’egli svizzero – della Biblioteca>>.

Insomma, un successo. Cosa è avvenuto nella rappresentazione?
<<I bambini hanno letto alcuni brani del libro, poi, ad un certo punto, anche i “veri bambini proibiti” sono usciti allo scoperto! Oggi hanno tra i 50 e i 60 anni, e hanno accettato di intervenire nella presentazione scenica. Si sono esposti, con grande sorpresa del pubblico, che non sapeva della loro presenza, e hanno parlato ognuno dei loro ricordi di “bimbi nascosti”. È stato molto commovente>>.

Chi altri è intervenuto?
<<Io ho recitato alcune parti del testo della Bortolotti, la psicologa dell’infanzia Marina Frigerio ha moderato gli interventi tra cui quello dell’autrice del libro. Il pubblico era disposto a ferro di cavallo per eliminare la distanza con l’autrice e gli “attori”. Rai tre ha recentemente presentato il libro “Chiamami sottovoce” intervistando chi era stato un bimbo clandestino in Svizzera: sono gli stessi che ho invitato alla serata>>.

I bambini che hanno interpretato parti del libro conoscevano già questa storia?
<<Non ne sapevano niente. Questo tema triste non era piacevole da affrontare. La loro prima reazione nell’apprendere questa realtà è stata di sorpresa rimandone impressionati, e così si sono impegnati duramente per raccontarla al meglio>>.

Secondo lei, è conosciuta questa vicenda dai nuovi italiani che arrivano in Svizzera?
<<Per me non è tanto conosciuta nemmeno da chi risiede in Svizzera da tempo, più che altro perché è un argomento tabù anche se i mass media negli anni ne hanno parlato>>.

Perché vale la pena parlare ancora di quella vicenda?
<<Perché è sempre attuale. Le persone da sempre si spostano e i clandestini ci sono sempre stati e continuano ad esserci nonostante questo innalzamento di muri reali e anche virtuali. Vale la pena cercare di aprire la mente, aprire le braccia… aprirsi alle persone. A persone nuove dalle quali si possono apprendere nuove cose>>.

Ma a forza di accogliere gli altri, un popolo non rischia di perdere la propria identità?
<<Sì. L’intellettuale svizzero James Schwarzenbach negli anni ’70 aveva ragione nel dire che gli svizzeri rischiavano di perdere la loro identità. Ma non può essere diversamente. Non solo gli svizzeri perdono l’identità, anche gli emigrati perdono la loro perché si devono adattare e acquisiscono un’altra cultura e una mentalità diversa>>.

Ed è un bene?
<<Questo mescolarsi può portare del bene e la Svizzera è progredita anche grazie a questo fenomeno. Trasferendomi in Svizzera interna da Palermo, io non ho perso la mia identità ma ne ho acquisito un’altra in più, e ne sono felice. L’importante è mantenere le belle usanze, le belle tradizioni di tutte le colture e soprattutto il rispetto, perché chi non ha rispetto non merita nessuna accoglienza. Comunque, non vorrei apparire uno che fa il buonista nel periodo natalizio…, ma mi viene spontaneo dare una mano a coloro che vogliono migliorare, invece che chiudere sempre la porta>>.

Annamaria Lorefice
lorefice.annamaria@gmail.com

Giuseppe Pietramale intrattiene il pubblico. Diversi enti hanno patrocinato l’evento: Istituto di Cultura di Zurigo, il Cantone di Sciaffusa, il sindaco di Sciaffusa Peter Neukomm, Colonia Libera Sciaffusa con la presidente della Federazione delle Colonie Libere, Anna Maria Cimini, che ha invitato l’autrice del libro “Chiamami sottovoce” Nicoletta Bortolotti.

I figli degli stagionali, che secondo la legge non potevano risiedere in Svizzera, erano nascosti in casa e non dovevano affacciarsi alle finestre, giocare o farsi sentire, altrimenti c’era il rischio dell’espulsione.