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I premi di cassa malati: dopo la nuova stangata una riforma che trova maggioranze?

    Il tema dei costi sanitari surriscalda gli animi ogni anno in autunno. Il 24 novembre è al voto una prima importante riforma, contro cui alcuni sindacati hanno lanciato il referendum. Al voto anche l’ampliamento delle strade nazionali e una modifica del diritto di locazione.

    I costi della sanità “fuori controllo”, il finanziamento uniforme sarà la risposta?

    È il giorno dell’anno più temuto dagli svizzeri: quello dell’annuncio da parte dell’Ufficio federale della sanità pubblica dei premi di cassa malati per l’anno successivo. Dopo due forti aumenti dei premi nel 2023 e 2024, a fine settembre è stato comunicato un nuovo e forte incremento: nel 2025 il premio medio della cassa malati sarà di 378.70 franchi al mese, il che equivale a un aumento del 6% rispetto al 2024. Il motivo è presto detto: i premi seguono i costi, destinati a crescere anche in futuro a causa di terapie e medicamenti nuovi nonché dell’invecchiamento della popolazione. Ma, anche questo è noto, molte delle prestazioni erogate lo sono in modo poco efficiente, costituiscono doppioni o trattamenti non necessari. Per l’opinione pubblica è chiaro: la politica è chiamata ad agire. I tempi sono lunghi. Eppur qualcosa si muove. Il Parlamento ha concepito una prima “grande riforma”, che riguarda il finanziamento uniforme delle cure stazionario e ambulatoriali. Contro questa è stato lanciato il referendum e la palla è in mano ai cittadini il prossimo 24 novembre.

    L’attuale finanziamento crea incentivi problematici

    Iniziata nel 2009, la revisione dei finanziamenti delle cure ha impiegato in Parlamento quattordici anni di lavoro (!). Un’ampia maggioranza di parlamentari ha approvato il finanziamento uniforme delle prestazioni ambulatoriali e stazionarie (EFAS).

    Le prestazioni stazionarie sono le cure che implicano il soggiorno di almeno una notte in ospedale: il costo di questi trattamenti viene pagato per il 55% dal contribuente, attraverso il proprio Cantone; il resto è a carico dell’assicurazione sanitaria obbligatoria, cioè delle persone che pagano i premi. Se invece si lascia l’ospedale il giorno stesso, si parla di trattamenti ambulatoriali, che sono finanziati dai premi dell’assicurazione sanitaria. Il progresso medico permette sempre di più di svolgere interventi in forma ambulatoriale, a beneficio del paziente, rispettivamente del suo portafoglio. Ma, essendo i costi ambulatoriali interamente coperti dalle casse malati, i premi nella sanità crescono maggiormente, malgrado i costi degli interventi siano inferiori.

    Cosa prevede l’EFAS?

    Con EFAS si introduce un sistema di finanziamento uniforme tra cure ambulatoriali e stazionarie e si stabilisce la stessa chiave di ripartizione: i Cantoni pagheranno almeno il 26,9% dei costi netti, mentre i premi di cassa malati finanzieranno un massimo del 73,1% degli stessi costi. Il cambiamento mira a eliminare i falsi incentivi del sistema. Oggi, come detto, le prestazioni ambulatoriali costano alle persone assicurate più delle cure stazionarie e le compagnie assicurative non hanno interesse a incoraggiare gli assicurati a scegliere le cure ambulatoriali. Secondo uno studio commissionato dall’UFSP il potenziale di risparmio può raggiungere i 440 milioni di franchi all’anno.

    Consiglio federale e Parlamento a favore della riforma

    La riforma ha il sostegno del Consiglio federale, della maggioranza dei partiti e di una folta alleanza di operatori del settore sanitario. Secondo loro, accelerando il passaggio verso i trattamenti ambulatoriali, EFAS si tradurrà anche in un risparmio per i cittadini che pagano i premi, in particolare grazie ai servizi di assistenza a domicilio. Inoltre andrà a tutto vantaggio degli operatori sanitari, che godranno di orari di lavoro più regolari e renderà più attrattive le professioni sanitarie.

    Lanciato il referendum dai sindacati

    Il voto si impone alla luce di un referendum lanciato dal Sindacato del personale dei servizi pubblici (VPOD), sostenuto anche dall’Unione sindacale svizzera (USS). Secondo loro le casse malati assumerebbero troppo potere nel campo della politica sanitaria. Secondo i referendisti  le casse malati sono in costante conflitto di interessi, poiché sono responsabili della gestione dell’assicurazione obbligatoria e al contempo alla ricerca di nuovi assicurati per le loro assicurazioni complementari. Inoltre ritengono che i cantoni stiano abbandonando le loro responsabilità, abdicando al loro dovere di garantire il finanziamento delle case anziani e di cura e dell’assistenza a domicilio. I sindacati temono anche un peggioramento delle condizioni di lavoro del personale sanitario e della qualità delle cure, poiché la questione dei costi avrebbe la priorità sulle necessità dei pazienti.

    Ampliare le strade nazionali: la parola al popolo

    L’A1 attraversa la Svizzera da est a ovest e, con 16’279 ore di ingorghi nel 2023, è la più toccata dai sovraccarichi di traffico. Come soluzione il Consiglio federale ha proposto al Parlamento il finanziamento di sei progetti di ampliamento delle autostrade – cinque nella Svizzera tedesca, uno in quella francese. Dopo l’approvazione del Parlamento, l’Associazione traffico e ambiente (ATA) e actif-trafic hanno lanciato un referendum sottoscritto da oltre 100’000 firme, il doppio di quanto necessario. Per questa ragione la palla è ora nel campo dei cittadini.

    Cosa prevede lo sviluppo della rete stradale proposto dal Consiglio federale?

    Nell’ambito del Programma di sviluppo strategico strade nazionali PROSTRA 2030, sono previsti progetti di costruzione per 11,6 miliardi di franchi per preservare il buon funzionamento della rete. Attraverso ciò il Consiglio federale vuole aumentare la disponibilità e la sicurezza delle strade nazionali, sopprimere i colli di bottiglia in luoghi strategici aumentando così la fluidità del traffico. Inoltre gli interventi mirano a decongestionare le città e i comuni, poiché evitando le code in autostrada si evita un riversamento del traffico di aggiramento sulle strade cantonali e comunali; questo fenomeno sta compromettendo la qualità di vita in varie zone del paese.

    Secondo economiesuisse, la federazione delle imprese svizzere, nuove strade non aumentano il traffico, come suggeriscono i contrari. Negli ultimi decenni il traffico è aumentato nonostante lo sviluppo limitato: dal 1990, la rete stradale nazionale è cresciuta del 24% e il traffico del 139%. Le strade nazionali rappresentano solo il 3% della superficie stradale, ma assorbono il 45% del traffico. Lo sviluppo in votazione aumenterebbe la loro superficie solo di un duecentesimo.

    Tra le fazioni favorevoli all’ampliamento delle strade vi sono i partiti di destra così come le associazioni degli automobilisti, tra cui TCS e autosuisse, e le organizzazioni economiche, come l’Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM) e, appunto, economiesuisse.

    I motivi dei referendisti: «chi semina strade, raccoglie traffico»

    Secondo gli oppositori al PROSTRA, i progetti di pianificazione della rete stradale nazionale sono incompatibili con gli obiettivi climatici della Confederazione. Secondo loro il traffico stradale è già responsabile di un terzo delle emissioni di CO2 in Svizzera. Secondo le cerchie ambientaliste, occorre sviluppare l’offerta dei trasporti pubblici piuttosto che ingrandire la rete autostradale. Infatti secondo loro ogni nuova strada crea un effetto di richiamo per ulteriore traffico: l’offerta creerebbe la domanda che sua volta porta ad un’eccessiva cementificazione della Svizzera. Inoltre, i costi delle nuove infrastrutture di 5,3 miliardi di franchi sarebbero esorbitanti.

    Il fronte contrario raggruppa associazioni che si battono per la protezione dell’ambiente e del clima come Greenpeace, Birdlife, WWF e Alleanza climatica svizzera. Tra i partiti contrari vi sono i Verdi e il Partito socialista ma anche i Medici per l’ambiente e la Lega svizzera contro il rumore così come organizzazioni contadine quali Uniterre e l’Associazione dei piccoli contadini.

    Il paese degli inquilini discute una modifica del diritto locativo

    La Svizzera è un Paese di affittuari, che costituiscono circa il 60% della popolazione. E anche se molti vorrebbero diventare proprietari di casa, la scarsità dell’offerta e di conseguenza i prezzi alti spesso ostacolano l’acquisto di un immobile. Tra i molti inquilini e i proprietari vi sta una legge sulla locazione che regola i loro rapporti.

    Il Parlamento ha approvato due emendamenti alla legge sugli affitti, volti a contrastare il subaffitto abusivo e semplificare la rescissione anticipata del contratto da parte del locatore. Le associazioni degli inquilini non ci stanno e hanno lanciato un doppio referendum. La decisione è dunque in mano al popolo.

    Obiettivi della proposta di legge sulla sublocazione abusiva e dell’uso personale

    Il nuovo testo permette ai proprietari di immobili più possibilità di opporsi al subaffitto della loro proprietà. Se approvata la legge, gli inquilini dovranno ottenere il consenso scritto del padrone di casa per il subaffitto, mentre il locatore potrà rifiutarlo se supera i due anni o se non è stato informato esaustivamente dall’inquilino.

    Il secondo adattamento riguarda l’uso personale da parte dei proprietari immobiliari. Quando un proprietario vende un immobile, i contratti di locazione in corso vengono trasferiti all’acquirente. Attualmente, quest’ultimo può disdire anticipatamente i contratti di affitto di locali residenziali o commerciali se riesce a dimostrare una necessità specifica e urgente. Ma se impugnata da parte degli inquilini, la procedura può durare diversi anni. Nella proposta di legge il concetto di necessità urgente viene abbandonato e sostituito da quello di “necessità significativa e attuale”, misurata sulla base di una “valutazione oggettiva” che deve ancora essere specificata dal Tribunale federale.

    Inasprimento eccessivo ai danni degli inquilini o lotta contro gli abusi?

    I proprietari immobiliari parlano di revisioni mirate ed eque che non incidono sugli affitti, denunciando come un proprietario talvolta sia costretto ad aspettare fino a tre o quattro anni per beneficiare della sua proprietà per necessità urgenti. Inoltre i diritti di opposizione degli inquilini rimangono invariati. Secondo i sostenitori del testo la modifica che definisce più chiaramente le condizioni per il subaffitto proteggerà da abusi sia i proprietari che gli inquilini. Attualmente infatti verrebbero tolti molti appartamenti dal mercato e subaffittati con margini significativi. Questo non è a vantaggio degli inquilini. Non da ultimo, gli studenti che vivono in appartamenti condivisi potranno stipulare un contratto di locazione con uno o più coinquilini o continuare a subaffittare una stanza per un periodo illimitato, se il proprietario non fissa un limite di tempo.

    Dal canto suo, l’Associazione per la difesa degli inquilini (ASLOCA) che ha lanciato il referendum raccogliendo le firme, ritiene che la “riforma” non risponde ad alcuna esigenza e complica i rapporti tra inquilini e proprietari. I contrari vedono nella modifica per l’uso personale del locatario uno smantellamento dei meccanismi di protezione degli inquilini contro le rescissioni ingiuste. Temono infatti che i proprietari potranno disdire così i contratti di affitto troppo facilmente, e questo anche quando si tratta di accettare o rifiutare il subaffitto. Sempre secondo le cerchie a difesa degli inquilini gli affitti sarebbero dovuti diminuire a causa dei bassi tassi di interesse. Questo non è accaduto poiché i locatari approfitterebbero del fatto che gli affitti vengono aumentati ben oltre i limiti autorizzati, soprattutto al momento del cambio di inquilini.

    Angelo Geninazzi

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