Il doganiere e il frontaliere attirano tutte le generazioni

Intervista esclusiva della Gazzetta Svizzera a Flavio Sala

Flavio Sala, motore e autore insieme a Paolo Guglielmoni di “Frontaliers”, un formato radiofonico nato nel 2006 e sviluppatosi a campione di incassi al cinema. Incentrato su un tema sensibile come quello del frontalierato tra Svizzera e Italia, Frontaliers ha conquistato un pubblico vasto, anche al di fuori dei confini nazionali. La Gazzetta ha incontrato il “frontaliere” più conosciuto in Svizzera, parlando con lui di Frontaliers, solidarietà, i suoi obiettivi e la realtà dello spettacolo nel sud della Svizzera.

Flavio Sala, dove e quando nasce l’idea dei “Frontaliers” che gioca con un tema molto sensibile in Svizzera, in particolare in Ticino?
Un giorno, quasi 15 anni fa, sono andato a pranzo con Paolo Guglielmoni (il doganiere Loris J. Bernasconi, ndr.) e gli ho raccontato che ai tempi in cui frequentavo il liceo artistico a Varese o l’Accademia di Brera a Milano ho assistito e sentito di alcuni aneddoti buffi in dogana. Mi ero chiesto chi si sarebbe fatto tartassare regolarmente in questo modo dalle stesse persone? Paolo rispose: un frontaliere, poiché costretto ogni giorno a varcare il confine per venire a lavorare in Svizzera. Ancora a tavola Guglielmoni mi ha affibbiato il nome di Roberto Bussenghi – un cognome che ricorda le regioni del Nord Italia – mentre lui si sarebbe chiamato Bernasconi Loris, un nome usato più in Ticino che in Italia. Un bel lunedì Guglielmoni arriva con una chitarra e un motivetto in testa che sarebbe diventato il tormentone della serie e così abbiamo scritto i primi tre episodi radiofonici. Il formato è andato avanti per tre anni, vincendo diversi premi. Il successo è giunto poi alle orecchie dell’allora capo delle Guardie di confine della regione, che ha colto l’occasione per “sfruttare” questi personaggi per spiegare le sfide attorno ai confini, ad esempio in relazione all’accordo di Schengen.

E da allora il successo è stato incontenibile.
Non ancora. Grazie alle Guardie di confine sono nati i primi prodotti, venduti addirittura in dogana. Ma le vendite non avevano ancora fatto il boom. Da parte mia ho proposto di fare i video, ma allora nessuno ci sentiva molto. Solo in un secondo momento abbiamo realizzato degli sketch video – passati all’interno di una trasmissione per ragazzi – e ben presto si è pensato alla realizzazione di un DVD da vendere in dogana che contenesse gli stessi episodi. L’idea era di aver pronto il prodotto per Natale, anche se eravamo scettici in relazione alle vendite dal momento che tutti gli sketch erano già postati su youtube. Lanciato il DVD nell’arco di due giorni sono state vendute tutte le copie. Il ricavato da subito è andato in beneficienza e immediatamente ristampato in modo da poter soddisfare tutti i fan.

Il tema solidarietà ha accompagnato tutto il vostro progetto.
Sì. Abbiamo potuto realizzare grandi cose, ad esempio acquistare un’incubatrice per le cure primarie di neonati che avevano problemi oppure acquistare strumenti per persone con handicap che grazie a queste tecnologie hanno potuto comunicare per la prima volta. Sono momenti toccanti, quando grazie al proprio lavoro un bambino può dire per la prima volta a sua mamma “Ti voglio bene”. Sono cose che ti scaldano il cuore.

Ritorniamo ai Frontaliers, i DVD sono stati solo il primo passo.
Sì, il progetto è continuato negli anni. È stato realizzato un secondo DVD, utilizzato in seguito come base per un mediometraggio, campione di incasso ai cinema. Un successo al di sopra delle aspettative, come quello di Frontalier Disaster. Il film finalmente giunto al cinema nel 2018 ha registrato nella Svizzera italiana il doppio degli spettatori di guerre stellari (!).

Gli Sketch dei Frontaliers sono conosciuti e visti da tutte le generazioni, soprattutto i bambini. Quale è secondo lei il segreto di questo successo?
Va detto che all’inizio non pensavamo ai bambini, quindi abbiamo dovuto moderare anche un po’ il linguaggio nel corso del tempo (ride). Oggi invece il pubblico più affezionato sono proprio loro, ma ci sono anche i nonni e i genitori.

La tematica - quella del frontalierato al confine - coinvolge gli adulti, ma i bambini vedono altri elementi. I due personaggi – il doganiere alto e un po’ prepotente e il frontaliere osteggiato ma dall’atteggiamento irreverente – sono un gioco molto facile da comprendere. E poi c’è l’elemento locale che piace. Nella Svizzera di lingua italiana dobbiamo spesso fruire di prodotti esteri se vogliamo vedere qualcosa che ci diverta. In questo caso la rappresentazione locale ha un grande impatto.

È corretto affermare che con gli sketch e i film, i Frontaliers mirano a sdrammatizzare la questione politica relativa ai frontalieri?
Non proprio, non abbiamo studiato alcun obiettivo a tavolino; come spesso accade, le cose migliori nascono per caso. Frontaliers non ha scopi politici. È una sorta di sdrammatizzazione satirico-comica. La situazione legata ai frontalieri è stata sfruttata anche un po’ per sdrammatizzarla. In Ticino si fa molta fatica a fare satira e programmi coloriti di qualche tempo fa, oggi originerebbero grossi problemi. Ormai la gente si arrabbia per qualsiasi cosa e sempre più “non è un argomento da ridere”. Per molti “nulla è più un argomento da ridere”.

Hanno sofferto anche i Frontaliers di questo?
A dire il vero non molto. Ci sono state incomprensioni con alcune guardie di confine, soprattutto di una certa età, che si sono offesi. Ad un certo punto ci siamo posti il problema e ho avuto un po’ di paura, ma la situazione è rientrata subito. Ritengo che proprio i doganieri siano diventati più simpatici. E poi diciamocelo, i “gnucchi” come il doganiere Bernasconi ci sono ovunque, e anche gli esaltati come il Veronelli.

I film sono stati proiettati anche oltre il confine svizzero, in Lombardia: come è stato recepito il vostro humor?
Molto bene. La prima volta nel 2011 quando siamo andati a Varese abbiamo subito fatto il pienone, alcuni dei partecipanti sono giunti addirittura dalla Valtellina ed erano gasatissimi. Il frontaliere si riconosce in Bussenghi perché questo non sta mai zitto di fronte al doganiere, lo sfotte malgrado quest’ultimo abbia il potere. Questo attira la massa. Per altro mi riconosco molto in questo tratto caratteristico.

In che senso?
Faccio fatica a stare in silenzio davanti alle ingiustizie. Me la prendo molto. Ci sono troppe cose che non vanno nella nostra società e che secondo me dovrebbero funzionare esattamente al contrario. Così ho fatto mio questo personaggio, che mi contraddistingue molto.

Chi sono Flavio Sala e Paolo Guglielmoni e cosa fanno nella vita?
Sono due caratteri molto diversi, uno più tranquillo (Paolo), pacato e inserito all’interno del contesto della Radiotelevisione svizzera, mentre io sono più irrequieto e con un desiderio di dire e fare qualcosa, di interpretare qualcuno, con viso e corpo. Ma non pensavo che in Ticino fosse possibile. Il mio parterre artistico l’ho acquisito all’Accademia di Brera, svolgendo per altro la tesi di laurea su Dracula. Ai tempi si usciva dalle medie come dei disperati. A me riusciva disegnare, per questo ho scelto il percorso artistico. Già allora mi dilettavo in fumetti, sketch, imitazioni, disegnavo copertine per disegni animati giapponesi.

Quali sono i prossimi progetti di Flavio Sala, rispettivamente di Roberto Bussenghi?
Mi sono dato la missione di far ridere un po’ la gente, anche in questo periodo non facile di coronavirus. Il sogno del mio compianto papà era quello che io avessi una mia compagnia teatrale, ciò che nel frattempo si è avverato. Un progetto “di famiglia”, come mia sorella che fa il tecnico di palcoscenico, il suo fidanzato il tecnico del suono e mia mamma la sarta. Il coronavirus ci ha fermati proprio poco dopo l’inizio della tournée della nostra terza commedia dialettale, ma non prima di aver capito che lo spettacolo “se la va la gh’a i röd”, che riprenderà nella primavera 2021, sarà un successo. I sogni nel cassetto sono ancora molti: la paletta della recitazione è ampia. Accanto a questo è in corso un progetto di digitalizzazione di pellicole di serie vecchie. E poi chissà, forse è in previsione un “cinepanettone” locale. L’importante è lasciare un segno, valorizzare il territorio e i molti talenti che ci sono. Per fare grandi cose non occorre sempre guardare lontano.

E i “Frontaliers” torneranno?
Il pubblico adora i Frontaliers: mi si chiede continuamente quando ripartirà la prossima serie! Spero di poter accontentare presto tutti i fan.

Tramite dei simpatici sketch della durata variabile dai 3 ai 5 minuti, Frontaliers racconta le vicende del frontaliere Roberto Bussenghi (abitante nella città di fantasia Usmate Carate ed interpretato da Flavio Sala) e dei doganieri Loris Bernasconi (interpretato da Paolo Guglielmoni) e Veronelli (interpretato sempre da Sala) presso il passo doganale di Bizzarone. Ogni episodio inizia con un jingle canticchiato da Bussenghi al volante della sua Fiat Panda rossa quando viene puntualmente fermato da Bernasconi per un rigido controllo in dogana.

 

L’importante è lasciare un segno, valorizzare il territorio e i molti talenti che ci sono. Per fare grandi cose non occorre sempre guardare lontano.

 

Il doganiere un po’ addormentato Loris Bernasconi (interpretato da Paolo Guglielmoni) e il frontaliere irriverente Roberto Bussenghi (interpretato da Flavio Sala).

Nel 2018, Frontaliers Disaster ha registrato il doppio del pubblico di Guerre Stellari

Il successo oltre i confini nazionali, fino ad arrivare a… Striscia la notizia

Non solo i “Frontaliers” tra i progetti di Flavio Sala, ma molto altro. Dalla prossima primavera di nuovo in tournee con la sua compagnia teatrale.