Vai al contenuto

Il federalismo svizzero in un libro. Può essere un modello per quello italiano?

    Nella nuova collana dedicata a “Le sfide della Svizzera”, l’editore Armando Dadò, di Locar-no, pubblica una raccolta di scritti, coordina-ta da Sean Müller (Uni Berna) e Anja Giudici (Uni Zurigo), dedicata ad attori, strutture e processi del federalismo elvetico.
    Il volume vuole colmare un’esigenza di co-noscenza del federalismo svizzero per il lettore di lingua italiana. Sono piuttosto rare le opere di sintesi su questo tema rivolte a un pubblico attento, ma non specialistico.
    Dopo un capitolo introduttivo che illustra l’origine e l’evoluzione del sistema federale svizzero, nonché le ragioni della sua stabilità, il volume si concentra sulle sfide odierne. Particolare considerazione è rivolta allo squilibrio crescente fra cantoni ricchi e poveri, al ruolo delle lingue minoritarie, alla nazionalizzazione della politica e alle difficoltà delle città di trovare una propria collocazione nel sistema federalistico.

    Espressamente concepita per essere pubblicata in lingua italiana, quest’opera collettanea si vuole attenta alle dinamiche della Svizzera italiana, ivi compreso il canton Grigioni, così da permettere un confronto con le altre principali realtà della Svizzera.
    Il Consiglio degli Stati in Svizzera è la Camera dei Cantoni.
    I contributi di alto livello accademico sono di: Daniel Bochsler (Università di Copenhagen e Zurigo), Fabio Cappelletti (Università di Ginevra), Paolo Dardanelli (Università di Kent), Anja Giudici (Università di Zurigo), Daniel Kübler (Università di Zurigo), Sean Müller (Università di Berna), Nenad Stojanovic (Università di Lucerna), Adrian Vatter (Università di Berna).

    Federalismo come modello
    In particolare il contributo di Paolo Dardanelli mette a confronto il federalismo svizzero con quello che potrebbe essere il federalismo in Italia. Riproduciamo qui di seguito il capitolo dedicato ai possibili insegnamenti del modello svizzero per l’Italia.
    “Da 15 anni l’Italia cerca di portare a compimento la transizione verso una forma di Stato federale prevista dalla riforma costituzionale approvata nel 2001. Quali insegnamenti può trarre il Paese dalla lunga esperienza federale della Svizzera? Alla luce del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, centrato sulla riforma del Senato, l’insegnamento più pertinente è probabilmente quello che si può desumere dall’esperienza del Consiglio degli Stati (CdS) svizzero.

    Insieme al senato degli Stati Uniti ed a quello australiano, il CdS costituisce uno dei tre esempi classici di camera alta “federale”. Ci sono due principali ragioni, tuttavia, per dubitare che il CdS possa costituire un modello appropriato per la riforma del senato italiano. La prima è che, come si è visto, il ruolo giocato dal CdS all’interno del sistema federale svizzero ha perso gran parte della sua efficacia e ha dato luogo ad istituzioni alternative di coordinamento e di rappresentanza.
    probabile che limitazioni similari si riprodurrebbero, forse anche in maggior misura, nel contesto italiano. In secondo luogo, il deficit democratico intrinseco nel sistema di rappresentanza del CdS è oggetto di crescenti critiche nella stessa Svizzera, che pure è estremamente attaccata al principio dell’uguaglianza fra i Cantoni.
    Tale deficit democratico – di un’ampiezza maggiore(4) – sarebbe difficilmente accettabile nel contesto italiano. È necessario tenere a mente che il CdS fu adottato in un processo di “federalismo d’aggregazione”, intervenuto dopo una lunga esperienza confederale ed una breve guerra civile mentre in Italia si troverebbe ad essere adottato in un processo di federalismo “di disaggregazione” dal percorso tormentato e con un sostegno popolare perlomeno incerto. Considerando i due aspetti insieme potremmo quindi dire che il “prezzo” democratico da pagare per una rappresentanza regionale egalitaria in un CdS italiano sarebbe difficilmente giustificata dai “guadagni” in termini di efficacia “federale”, forniti da una camera alta così composta, dal momento che l’esperienza svizzera dimostra l’esiguità di quest’ultima. Dove l’Italia può ispirarsi alla Svizzera, tuttavia, è nel campo delle istituzioni di coordinamento tra i governi regionali e quello centrale nel quale la Conferenza dei governi cantonali, e le consultazioni pre-parlamentari, offrono un modello efficace per lo sviluppo della Conferenza Stato-Regioni italiana”.

    Nota
    (4) Un cittadino della Valle d’Aosta (popolazione di circa 1’270’000 abitanti) sarebbe 77 volte sovrarappresentato rispetto ad un cittadino della Lombardia (popolazione di circa 9’750’000 abitanti).