Il merito delle donne emerge da un libro del 1500

Un’antica autrice veneziana descrive l’ostilità degli uomini verso il femminile

Lugano -Il Merito delle donne” giustamente definito un capolavoro di acume politico e intellettuale è un libro del 1500 scritto da Modesta da Pozzo dove “si scopre chiaramente come le donne siano più degne e più perfette degli uomini”. L’affermazione è posta sotto il titolo dalla stessa autrice, che si firma con lo pseudonimo “Moderata Fonte” e con questo nome ci riferiremo a lei.

Ad incuriosirci su questo fondamentale testo sono gli Archivi Donne Ticino dal quale questa rubrica ha attinto, in più occasioni negli ultimi 23 anni, le storie di importanti personalità femminili di cui l’Associazione mantiene viva testimonianza.

Ora ci propone un interessante studio della dottoranda Laura Mattioli su “Il giardino come luogo di riappropriazione dell’identità femminile”. Infatti, Moderata Fonte ambienta la sua narrazione in un magnifico giardino di una villa sita nella Venezia cinquecentesca, dove immagina si radunino sette «nobili e valorose donne».

Viene così descritta una fine disquisizione svolta in due giornate in questo angolo lussureggiante, dotato di frutteto e orto, di proprietà di una delle donne, nel quale spicca una fontana composta da figure allegoriche ad inneggiare la beata vita da nubili: con gran piacere qui si ritirano abitualmente senza che nessun uomo possa in alcun modo ascoltare o intromettersi nei loro discorsi di elevato ingegno.

Tra musica da loro suonata, poesie recitate, goduriosi pasti e gioiosi modi di fare, tali donne potevano liberamente ragionare ed esprimersi a loro piacimento.

Al contrario di un altro forzato pregiudizio che vuole le donne nemiche tra loro (come se la presunta “solidarietà maschile” non sia spesso intrisa di superficialità, rivalità, tradimenti e cattiveria), lo stare insieme in questo inviolabile giardino è narrato con gaudio per la loro reciproca sincera amicizia, e fu «l’allegrezza compiuta fra loro».

Ecco un accenno delle argute riflessioni fatte da tali sagge donne, alle quali tenta di opporsi una giovane sposina propensa a non riconoscere i tristi difetti degli uomini e, quindi, del suo stesso sposo che, per ora, le appare gradevole e premuroso. Ma l’esperienza delle altre le mostrerà sempre il lato realistico della faccenda. Quale? Gli uomini hanno creato un mondo a loro congeniale, dove vige la legge della violenza e della cattiveria, dove poter spadroneggiare a scapito delle donne ma anche di altri uomini.

Considerazioni inerenti all’astronomia, alla biologia, alla filosofia, agli usi e costumi e ad altre materie, sono volte a dimostrare la lontananza d’essere e d’agire dei due sessi, dove in originario difetto risulta sempre l’esemplare umano maschile. Diamo qui in accenno alcuni passi sui rapporti donna-uomo.

LE RAGIONI CHE AVEMO CONTRA LI MARITI

All’esordio della prima giornata nel delizioso giardino, Donna Lucrezia dice: «Noi non stiamo mai bene se non sole. E beata veramente quella donna che può vivere senza la compagnia d’aver un uomo», «… parmi – soggiunse Eleonora –- che io mi viva in riposo e che io senta una somma felicità nel ritrovarmi senza, considerando quanto sia bella cosa la libertà!». «È possibile – disse Elena – che siano essi così cattivi?». Ebbene sì, le rispondono, quali mentitori efferati, prima son deliziosi poi risultano per quel che sono, poiché «troppo diverso è dalla lingua il core!». All’osservazione che anche le donne sono così, viene obiettato come solo alcune lo siano e che sempre sono indotte a comportarsi in tal guisa proprio dalla cattiveria e insolenza degli uomini.

E qui seguono vari interventi ad avvertire Elena con una sequela di esempi che illustrano i più disparati comportamenti dei mariti volti a tormentarle e ad ingabbiare la libertà delle mogli. Insomma, meglio essere accorte e non sperare di trovare la rarità di un uomo che non si comporti secondo beceri e accettati costumi: «…questa vana speranza che di raro riesce è la certa rovina delle povere figliole». Valendo il proverbio “marito e malanno non manca mai” occorre istruire figliole ricche d’ingegno a non sperare in un ipotetico buon uomo ma di adoperarsi con le abilità di cui Dio le fornisce per opere d’intelletto, per il bene proprio e dell’intero mondo.

L’INGANNO

La bellissima fontana posta al centro del giardino è composta da figure allegoriche. Una di esse è un persico reso in forma tale da significare «l'inganno e falsità degli uomini e quali nelle parole dimostrano amore e fede verso di noi donne e poi nel cuore sono il contrario». Ciò vale per parenti maschi anche di lontano grado, oltre a fratelli, padri, mariti e figli maschi, e pure per gli estranei di sesso maschile, quali amanti, amici e conoscenti.

LA CRUDELTÀ

La figura del coccodrillo sta a significare la crudeltà precipua degli uomini. Forse sono così solo per ignoranza? «… anzi – dice Cornelia – le ignoranze non iscusa il peccato della loro ignoranza e volontario vizio e sono purtroppo accorti nel male e vogliono che anzi noi siamo le ignoranti e le pazze». Ma la presunta pazzia delle donne altro non è che la difesa e il disgusto nel patire: «… tante loro crudeltà (…) la loro tacita e continua persecuzione e l'odio particolare che hanno contra di noi. E non crediate che contro il nostro sesso solo siano tali, che ancor tra loro stessi si ingannano si rubano si distruggono e si cercano di abbassare e di rovinare l'un contro l'altro! Pensate quanti assassinamenti, usurpazioni, giuramenti falsi, bestemmie, giochi, crapula e tali vizi che commettono tutto il giorno. Non vi parlo degli omicidi sforzi ladro netti ed altre dissolute operazioni tutte procedenti dagli uomini…». Lucrezia: «Oso affermare che se gli uomini fossero buoni non vi sarebbe alcuna donna cattiva».

VI SONO UOMINI CHE AMINO LE DONNE?

Le donne, continuando le loro analisi, ritengono che a scrivere dei rapporti che intercorrono tra uomini e donne sono gli uomini, i quali dicono sempre il falso per giustificare il loro comportamento sia verso le donne, sia verso gli altri uomini. Ma, viene chiesto dalla più giovane del gruppo, vi saranno pur uomini leali che amino le donne? Rare volte, datosi che laudano sempre sé stessi. E per acquisire maggior gloria, a volte duellano per amore di una donna perdendo la vita. «Credete voi forse che l’abbiano fatto per sviscerata affezione che loro portassero? Signora no. L’hanno fatto per soverchia rabbia di non poter conseguire l'intento loro e per non aver potuto ottenere la desiderata vittoria e trionfo d'ingannare e rovinar quelle tal donne che essi mostrarono d’amare».

C’è chi scrive cose benigne sulle donne, nemmeno questi vanno bene? Questi, come quelli che amano il sesso femminile sono rarità «… pochi quelli che amano veramente che fra tanta moltitudine si perdono e si confondono ed è difficilissimo e saper riconoscere e trovare» sentenzia Cornelia.

L’INGANNO CHE GLI UOMINI SIANO SIMILI A NOI

Corinna: «… pensando che ancora gli uomini siano simili a noi, così nell’esser veraci, come puri di animo nell’amarci e giudicando il core loro dal nostro, ne segue da questo ogni nostra rovina». Ribatte Selena: «… donde nasce questa tanta bontà e semplicità che, come detto, si ritrova in noi altre donne più che negli uomini?». La rovina delle donne, figlie, sorelle o mogli, e anche quelle divenute di malaffare dipende solo dagli uomini: «(…) torno a dirvi quel che ho detto cioè che di tanto male l'origine propria è la vera ragione sono stati gli uomini (…) il che non seguirebbe se si stessero in cervello e avessero quella modestia ed onestà che si ritrova nelle donne».

L’INVIDIA DEGLI UOMINI

E, infine: «… non credete voi – conclude Eleonora – che gli uomini non conoschino il nostro merito? Lo conoscono bene, essi, ma non lo vogliono confessare per invidia…». In cuor suo lo sa, perciò i posti migliori in un convitto sono per la donna. L’uomo la riverisce incontrandola, nobile o plebea che sia, s’inchina ad ella umiliato «come suo minore». È una consapevolezza quasi inconscia che porta ad onorare ciò che in essi lacuna sia per natura e sia per un’atavica convenzione sociale che gli conferisce una pretesa e inesistente superiorità, come viene asserito tra le donne nel giardino.

SUL WEB

“Il merito delle donne”, dunque, emerge “pubblicamente” in forma di libro in pieno Cinquecento, interessantissimo e pur sconosciuto.

Oggi il capolavoro di Moderata Fonte «è considerato un caposaldo della letteratura proto femminista» che rappresenta, insieme ad altri copiosi lavori di alto profilo culturale, il simbolo di una produzione intellettuale femminile completamente cancellata dalle pagine della Storia ufficiale, secondo il modello patriarcale aristotelico.

Il femminismo, quale spinta spontanea, e legittima sete di giustizia, non nasce da una nicchia mondiale di donne in epoca moderna (appoggiata per fini tutt’altro che femministi da alcuni poteri forti), bensì, ne è convinta la qui scrivente, fin da quando il matriarcato fu soppresso.

Un filo rosso collega – dall’antichità più profonda ad oggi – scrittrici, artiste, inventrici e intellettuali con opere censurate dalla cultura maschile e sempre più portate alla luce da tante odierne studiose e associazioni come ad esempio gli Archivi Donne Ticino già citato o come La Scuola delle Donne. Quest’ultima, a fondo si è occupata della vicenda di Meritata Fonte, che morì di parto il giorno dopo aver terminato il libro. Si invitano le lettrici di Gazzetta Svizzera a conoscere questo libro in audiolettura e la sua autrice attraverso il copioso materiale fortunatamente disponibile sul web.

Annamaria Lorefice

Il Merito delle donne di Moderata fonte. Sotto il titolo si può leggere “Ove chiaramente si scuopre quanto siano elle degne e più perfette de gli huomini”.

La Scuola delle Donne® in Cerchio, dedica la lettura di questo libro, in forma di audio su You Tube, alla scrittrice, giornalista e storica Daniela Zamburlin, autrice di numerose pubblicazioni sulla storia delle donne, già presidente dell'associazione Moderata Fonte, emblematica di una presenza culturale delle donne cancellata dalla storia ufficiale. Per chi volesse approfondire: Daniela Zamburlin è l'autrice del racconto su Moderata Fonte Il mio merito, pubblicato nell'antologia Venezia Xenithea.

Modesta Pozzo (Venezia, 15 giugno 1555 - Venezia, 2 novembre 1592) scrittrice e poeta, si firmava con lo pseudonimo “Moderata Fonte”. Scrisse vari testi, l’ultimo, “I meriti delle donne” lo terminò poche ore prima di morire di parto a 37 anni.

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