Vai al contenuto

Il ruolo importante degli Svizzeri nel lancio dello sport del calcio in Italia

    Circolo Svizzero di Genova – Lo ricorda un libro di Fabrizio Calzìa

    Mercoledì 5 settembre alle ore 18.00 presso il Circolo di Genova, l’autore ed editore Fabrizio Calzìa ha presentato il libro “8 maggio 1898 IL PRIMO SCUDETTO – IL MITO DEL FOOT-BALL” (di Fabrizio Calzìa e Loris Davide Fiore – Galata Edizioni) ed insieme all’ex difensore del Genoa degli anni ’70 e ‘80 Claudio Onofri ci hanno fatto trascorrere una bella ed interessante serata con il racconto del libro e vari aneddoti. Erano inoltre presenti Dado Pasteur, pronipote del pioniere svizzero del Genoa, il nostro Console Onorario ed amico René Rais e la giornalista del quotidiano “IL SECOLO XIX” di Genova per la WEB-TV. A conclusione della serata è stato offerto un aperitivo, un ulteriore piacevole momento di condivisione. Di seguito un sunto preparato per noi dall’autore del libro.

    Elisabetta Beeler

    Fabrizio Calzìa (a sin.) con Claudio Onofri.

    English? No, svizzeri

    Non furono solo i sudditi di Sua Maestà a portare il foot-ball in Italia. Anzi...

    Il calcio, si sa, è “made in England” e non sorprende, pertanto, che proprio i maestri inglesi siano stati i pionieri del foot-ball in diverse nazioni europee. A cominciare dall’Italia, dove il Genoa, prima squadra della penisola, venne fondato esattamente 125 anni or sono, il 7 settembre 1893: lo attesta un verbale di assemblea tenuta in tale data presso il consolato britannico, al numero 10 di via Palestro.

    E fin qui ci siamo. Ma siamo sicuri che le cose stiano davvero così? O meglio: che le cose stiano soltanto così?
    A ben vedere la storia è un pochino diversa: non solo perché quegli inglesi costituirono in realtà il “Genoa Cricket and Athletic Club” (anche se quell’ “Athletic” includeva con qualche probabilità e ancorché a livello informale lo stesso calcio); quanto perché la parte del leone – se non altro a livello “politico” e organizzativo – spettò agli svizzeri…

    Andiamo a vedere, ed ampliamo un pochino la prospettiva. Premessa a tutto ciò è il fatto che una “business community” di imprenditori e banchieri svizzeri era presente nell’Italia appena costituita nella seconda metà dell’Ottocento. Una terra “fertile” per quanto riguardava industria, commerci e finanza, diciamo pure un nuovo mercato. Ecco spiegata quindi la forte presenza elvetica – tra l’altro – a Torino, capitale sabauda e fino al 1864 capitale dello stesso Regno d’Italia: imprenditori tessili e piccoli banchieri, forti di una rete di relazioni con quell’aristocrazia piemontese che aveva “fatto” l’Italia e contava importanti cariche e incarichi politici a Roma.

    Personaggi di rilievo, la cui fitta rete di relazioni e contatti si estendeva alle attività mondane o sociali: per q uanto riguarda i cittadini svizzeri, intorno alle chiese evangeliche e valdesi; più in generale intorno alle Società sportive che in quegli anni nascevano un po’ ovunque.

    Società riservate nei fatti a un élite: il popolo minuto faticava a mettere insieme il pranzo con la cena, viveva di stenti e – a prescindere dall’aspetto economico – non aveva né testa né meno che mai la forza, dopo una dura giornata di lavoro, per praticare un qualsiasi sport. Senza contare che all’epoca i costi relativi a ogni attività risultavano tutt’altro che irrilevanti, per cui acquistare una racchetta da tennis o un pallone da calcio voleva dire mettere mano pesantemente al portafoglio…

    Torino, dunque: è qui che nel 1887 l’allora 23enne Edoardo Bosio, rampollo di una famiglia svizzera originaria dell’Engadina (il cognome inizialmente era Buosch) torna da un viaggio di affari in Inghilterra (lui fungeva da “jolly” per il birrificio e per un’azienda tessile gestiti da parenti) con un pallone da foot-ball. Unitamente agli stessi tecnici e impiegati “importati” dall’Inghilterra per trasmettere il proprio know-how alle aziende di famiglia, Bosio inizia, ancorché informalmente, a giocare a calcio nelle piazze d’armi di Torino o sui prati intorno al Po.

    Quel nuovo gioco attira l’attenzione, in particolare dei componenti della Società dei Pattinatori, ricca di membri dell’aristocrazia torinese.
    Col tempo il foot-ball diventa un passatempo assiduo: nel 1896, grazie all’iniziativa di Sir Richardson Spensley, il calcio prende campo anche a Genova, dove presto entrerà a far parte della squadra un certo Henry Dapples, figlio di banchieri e… vicino di casa di Spensley…
    Il padre di Dapples è un banchiere svizzero e ha sposato una De Fernex, componente della famiglia di banchieri svizzeri molto bene introdotta a Torino. I De Fernex vantano a loro volta calciatori; uno di essi esordisce nel 1897 con il FC Torinese, costituitosi ufficialmente proprio in quell’anno, al pari dell’International di Torino, capitanato da Bosio…

    Probabile che da questa rete di contatti sia nata l’idea della prima sfida “interregionale” (6 gennaio 1898) fra il Genoa e una selezione mista torinese, cui fece seguito l’idea di costituire una Federazione e successivamente un campionato di calcio. Che si disputò l’8 maggio di quello stesso 1898...
    Fabrizio Calzìa