La Svizzera è regolarmente criticata dal Consiglio d’Europa a causa della mancanza di trasparenza nel finanziamento delle campagne politiche
La Svizzera imporrà presto una trasparenza nel finanziamento dei partiti e delle campagne politiche?
È quello che chiede l’iniziativa popolare sulla trasparenza lanciata dal PS, dai Verdi e dal PBD. Quest’ultima riprende dei testi già adottati da Ginevra, dal Ticino e da Neuchâtel, e più recentemente a Friborgo e Svitto. Secondo questo approccio, i partiti dovranno rendere pubblici i loro rendiconti sulle campagne e dichiarare l’origine di donazioni superiori ai 10’000 franchi. L’attuale sistema non permette di conoscere nei dettagli gli importi spesi nelle campagne o in vista di elezioni. «La mancanza di trasparenza è completa», riassume Georg Lutz, direttore dello Swiss Centre of Expertise in the Social Sciences. Questo è il motivo principale per cui la Svizzera viene regolarmente attaccata dal Consiglio d’Europa attraverso il suo Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO). «Quest’ultimo in origine era stato fondato per lottare contro la corruzione nei paesi dell’Est», ricorda Andreas Ladner, direttore dell’Istituto superiore di studi in amministrazione pubblica.
In Svizzera, la politica è una questione privata
Le critiche del GRECO contenute nei suoi rapporti ribadiscono più volte che “non ci sono restrizioni di sorta sulle donazioni (....) e non ci sono restrizioni di alcun tipo. I documenti contabili dei partiti politici non vengono mai pubblicati.» In Svizzera, paese che non dispone di una legge sui partiti politici, questa attività rimane una questione privata. «I partiti sono spesso organizzati in piccole, anzi piccolissime, associazioni a livello cantonale e comunale», afferma il GRECO. Ne scaturisce che i partiti a livello federale dispongono spesso di mezzi molto modesti. «Una legislazione applicabile a tutti gli attori della vita politica genererebbe un lavoro amministrativo considerevole e costi importanti», ha ribadito dal canto suo il Consiglio federale. All’inizio di maggio, la Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati ha deciso di sostenere un controprogetto all’iniziativa, proponendo 25’000 franchi come limite inferiore per le donazioni soggette a dichiarazione.
Nel mirino dei promotori di una legge sulla trasparenza, si trova tutta la destra, e in particolare l’UDC, le cui campagne choc, dall’entrata della Svizzera nello Spazio economico europeo al divieto dei minareti, hanno ricevuto sostegni importanti, soprattutto quello di Christoph Blocher. «Quanto denaro investo in una campagna elettorale? Qual è la quota di donazioni e quella delle risorse personali investita? Si tratta della mia vita privata finanziaria», ha risposto pubblicamente il candidato al Consiglio degli Stati Roger Köppel (ZH), che ritiene «che il segreto delle elezioni e delle votazioni in Svizzera sia vitale per lo Stato di diritto e la democrazia.»
La trasparenza ridurrebbe le donazioni
Quale problema pone questa mancanza di trasparenza? I politologi contattati dalla «Revue Suisse» citano innanzitutto una questione etica. «Esiste già una disparità di base, che è dovuta al potere d’influenza dei gruppi d’interesse. Sarebbe dunque almeno normale che il pubblico sappia chi finanzia cosa», ritiene Georg Lutz. Secondo il ricercatore, la trasparenza avrebbe probabilmente l’effetto di modificare il comportamento dei grandi donatori, ciò che teme in particolare la destra, ma renderebbe almeno manifesta l’intenzione politica. «Poiché se delle persone giuridiche investono nelle campagne, è giusto che si attendano qualcosa in contropartita», conclude Lutz. «Se il proprietario di Ricola investe in una campagna, egli non vuole che il marchio sia legato ad un partito, poiché vuole vendere a tutti», ritiene Andreas Ladner, per il quale la fonte dei grandi donatori è comunque un segreto di Pulcinella.
Il denaro non è però una garanzia per il successo di una campagna.
Il segreto del potere sta piuttosto nella capacità di mobilitarsi per trovare delle maggioranze. Nel 2011, l’UDC ha speso più di sei volte per seggio parlamentare dei Verdi liberali, che sono stati tra i grandi vincitori delle elezioni, riporta uno studio dell’Istituto Sotomo. Un aumento della trasparenza comporterebbe probabilmente una diminuzione delle risorse. Per alcuni, la soluzione a questo problema sarebbe il passaggio ad un sistema di finanziamento dei partiti da parte dello Stato. «Questa idea non è molto condivisa a destra, commenta Andreas Ladner, poiché comporterebbe l’aumento delle imposte per finanziarla. La sinistra sarebbe invece favorevole, ma non forzatamente gli elettori!» Il ricercatore sottolinea di non vedere una politica più pacata a Ginevra e in Ticino, cantoni con una legge sulla trasparenza, ma nei quali fioriscono partiti populisti con una buona forza finanziaria.
La questione della disparità tra partiti
Il politologo Ladner rileva che questa richiesta di maggiore trasparenza proviene innanzitutto dalla sinistra svizzera – e da una coalizione su questo tema a livello europeo –, dunque da partiti che beneficiano di risorse inferiori. «Si registra più corruzione in Svizzera? I paesi con un simile sistema, come la Francia e la Germania, ne hanno di meno? Se c’è un problema, è piuttosto il fatto che la disparità delle risorse crea ingiustizie, poiché il denaro fa in modo che gli argomenti proposti da un partito che ha mezzi più sostenuti siano meglio ascoltati di quelli di altri.» Cosa fare allora? Andreas Ladner ritiene che «la trasparenza potrebbe presentarsi come un argomento di campagna, ciò che potrebbe favorire dei partiti che giocano questa carta, come i Verdi.» Egli auspicherebbe un supporto pratico e logistico dei piccoli partiti, «affinché essi possano meglio farsi ascoltare.»
Elezioni sempre più costose?
Le prossime elezioni batteranno tutti i record in termine di costi. «Questa previsione viene ripetuta ogni volta, ma non ci sono dati precisi a riguardo e i dettagli sui costi dipendono anche dal metodo di indagine», sottolinea Andreas Ladner. Per il 2018, l’agenzia Media Focus ha stimato i costi pubblicitari delle elezioni federali a 55,5 milioni di franchi, in crescita del 18,8% rispetto al 2017. Nel 2015, lo studio «Select-Fors» aveva chiesto ai candidati il totale delle loro spese per la loro campagna. Risposta: 29 milioni di franchi, con nell’ordine PLR, PPD, UDC e PS. Le spese dei partiti nazionali, cantonali e locali nonché delle associazioni potrebbero raddoppiare questa cifra. Nel 2015, le donazioni private dedotte dalle imposte a Ginevra ammontavano a quasi 2,5 milioni di franchi (e 50 milioni a livello svizzero). Le deduzioni sono state effettuate da 3200 donatori, malgrado il cantone limiti le donazioni a 10’000 franchi. Da queste cifre si può concludere che la spesa per elettore è paragonabile a quella degli Stati Uniti. (SH)
Stéphane Herzog
(Photo Keystone)
La pubblicità politica costa cara, anzi molto cara. Ma alla Svizzera mancano regole di trasparenza, critica il Consiglio d’Europa.
Nel 2015, la campagna elettorale più costosa di tutti i partiti è stata quella dell’UDC, che ha investito 10,6 milioni di franchi nella pubblicità cartacea, online e sui manifesti. Contrariamente al PLR, che ha aumentato le sue spese pubblicitarie, l’UDC ha speso però quasi 2 milioni in meno rispetto al 2011, progredendo maggiormente in termini di voti (+2,8%) rispetto ai liberali radicali.
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