In Europa c’è una guerra in corso e la Svizzera è in difficoltà per la sua neutralità

Quasi nessun altro paese ha praticato la neutralità così a lungo come la Svizzera. Ma questo è ancora al passo con i tempi? Dopo l'attacco della Russia all'Ucraina il dibattito politico su questo tema si è riacceso. Prima o poi, questa questione fondamentale sarà decisa dalle urne.

Al pari della democrazia diretta, anche la neutralità fa parte dell'identità della Svizzera. Il paese non interviene nei conflitti esteri, ma aiuta in ambito umanitario e si offre come mediatore. A livello internazionale, questo posizionamento ha suscitato in passato reazioni ambivalenti. Se la volontà e gli sforzi della Svizzera per promuovere la pace sono stati bene accolti, le si è tuttavia rimproverato di essere rimasta in disparte e aver pensato in termini di profitto, ad esempio durante la Seconda Guerra Mondiale o l’Apartheid.

L’immagine di imparzialità della Svizzera è nuovamente rimessa in discussione dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina lo scorso mese di febbraio. Dopo alcuni tentennamenti iniziali, la Svizzera ha deciso di applicare anch’essa delle sanzioni, di un’ampiezza mai vista prima. «Fare il gioco di un aggressore non è neutrale», aveva dichiarato il presidente della Confederazione Ignazio Cassis (PLR) dopo l’inizio della guerra e le violazioni del diritto internazionale umanitario da parte della Russia per spiegare la posizione del Consiglio federale. Per contro, il governo si è esplicitamente opposto a fornire armi all’Ucraina. In quanto Stato neutrale e in virtù della Convenzione dell’Aja del 1907, la Svizzera non ha di fatto il diritto di favorire alcun belligerante.

Neutralità “cooperativa” e “attiva”

Come illustra lo storico Marco Jorio nella sua relazione (“Quale neutralità?”, di seguito), la neutralità ha ricoperto diversi concetti e ricevuto varie definizioni nel corso dei secoli. L’ultimo in termini cronologici, quello di “neutralità cooperativa”, è stato lanciato dal consigliere federale Ignazio Cassis al Forum economico mondiale di Davos in maggio. Rivolgendosi all’opinione pubblica mondiale, il ministro degli affari esteri ha sottolineato che la Svizzera, in quanto paese neutro, difende sia i propri valori sia i valori comuni. «Per questo la Svizzera resta a fianco dei paesi che non stanno a guardare con indifferenza questo attacco alle fondamenta della democrazia.» La Svizzera è pure cooperativa impegnandosi per un’«architettura di sicurezza stabile», che può essere basata solo sul multilateralismo. Ignazio Cassis ha così difeso il ruolo della Svizzera nella sua qualità di mediatrice neutrale e accettata da tutte le parti. L'ex ministro degli Esteri Micheline Calmy-Rey (SP) durante il suo mandato (2003-2011) aveva già coniato il termine “neutralità attiva”. Il paese era passato da una «neutralità nata dalla necessità, basata sul suo bisogno di sicurezza, a una neutralità attiva basata sul diritto internazionale», scrive l'ex Consigliere federale nel libro "Die Neutralität" (La neutralità), pubblicato nel 2020. Secondo Calmy-Rey, l'adesione della Svizzera alle Nazioni Unite nel 2002 nonché la decisione del Consiglio federale del 2011 di candidatura per un seggio non permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – un compito che il paese assumerà per la prima volta negli anni 2023/2024 – costituisce nulla di meno che un cambiamento di paradigma.

Christoph Blocher lancia un’iniziativa sulla neutralità

L’UDC è in totale disaccordo con l’evoluzione attiva della neutralità svizzera. Per il partito, la ripresa delle sanzioni dell’UE contro la Russia costituisce una «rottura della neutralità». La Svizzera è diventata essa stessa un belligerante per puro opportunismo ed ha così perso la sua credibilità di mediatrice, critica l’ex consigliere federale e decano dell’UDC Christoph Blocher. Per evitare che il paese non sia «implicato in guerre» in futuro, esso ha lanciato un’iniziativa popolare con i suoi colleghi dell’UDC. L’idea è di integrare una «neutralità totale, perpetua e armata» nella Costituzione ma anche di iscrivere che la Svizzera non ha il diritto di prendere sanzioni contro i paesi belligeranti, né di aderire a una coalizione di difesa. L’8 novembre 2022, è stata lanciata la raccolta delle firme per l’iniziativa.

Finora, la Costituzione federale descriveva la neutralità in termini semplici. Essa invita il Parlamento e il Consiglio federale a «prendere provvedimenti a tutela della sicurezza esterna, dell’indipendenza e della neutralità della Svizzera». In materia di politica estera, la Costituzione prevede che «la Confederazione si adopera per salvaguardare l’indipendenza e il benessere del paese»; e contribuisce in particolare «ad aiutare le popolazioni nel bisogno e a lottare contro la povertà nel mondo e contribuisce a far rispettare i diritti umani e a promuovere la democrazia, ad assicurare la convivenza pacifica dei popoli nonché a salvaguardare le basi naturali della vita». Queste formulazioni lasciano un margine di manovra politico considerevole, che Christoph Blocher intende limitare con l’aggiunta di un articolo sulla neutralità.

Estendere la collaborazione internazionale

Potrebbero trascorrere diversi anni prima che il popolo si pronunci su un eventuale cambiamento alla Costituzione federale. Ma, lanciando un’iniziativa, l'UDC ha inserito la questione della neutralità nell'agenda politica delle elezioni federali del 2023. L'iniziativa è sostenuta attivamente dall'associazione "Pro Suisse", nata dall'Azione per una Svizzera Neutrale e Indipendente (ASNI), la cui missione è quella di combattere qualsiasi avvicinamento tra la Svizzera e l'UE.

Gli altri partiti politici considerano superata la concezione della neutralità data dall’UDC. L'opinione prevalente è che la guerra in Ucraina richieda una maggiore cooperazione internazionale, non l'isolamento. Anche il PLR non esclude un avvicinamento alla NATO. Il PLR chiede anche un allentamento delle rigide norme che regolano l'esportazione di materiale bellico svizzero. Una consegna di armi direttamente a una parte in guerra è fuori discussione. Ma i parlamentari borghesi considerano offensivo quando, ad esempio, paesi come la Germania non sono autorizzati a trasferire all'Ucraina munizioni per carri armati acquistate in Svizzera. Una commissione del Consiglio degli Stati sta ora esaminando le eccezioni al cosiddetto divieto di riesportazione. Questo normalmente serve a garantire che le armi svizzere non finiscano nelle mani "sbagliate", attraverso terzi.

Soprattutto una questione di solidarietà

Come ha ribadito in autunno, il Consiglio federale si attiene alla politica di neutralità applicata finora. In particolare, ritiene che la recente ripresa delle sanzioni dell'UE contro la Russia sia compatibile con la neutralità. Inoltre, il governo vuole intensificare la cooperazione con i paesi stranieri – sia con l'UE che con la NATO – sulle questioni di sicurezza e difesa. Sebbene il Ministro della Difesa Viola Amherd (Centro) escluda categoricamente l'adesione alla NATO, ritiene che l'esercito svizzero debba poter partecipare, ad esempio, alle esercitazioni di difesa dell'alleanza militare. «Non possiamo essere solo dei freeriders», ha dichiarato in un'intervista al giornale. La Svizzera ha bisogno di partenariati per poter contare su un sostegno in caso di emergenza. Tuttavia, ha detto, questa cooperazione si basa sempre su "uno scambio". Infine, contribuire alla stabilità della regione è anche una questione di solidarietà.

Di fronte a una guerra che avviene nel cuore dell’Europa, anche le certezze che prevalevano a proposito della pace e di un benessere a lungo termine sono vacillate, anche in Svizzera. In un mondo instabile, questo paese neutrale deve ritrovare il suo posto.

“La neutralità della Svizzera”. Pubblicazione del DFAE, 2022 revue.link/neutralite
«Pour une neutralité active. De la Suisse à l’Europe». Micheline Calmy-Rey. PPR (2021)

Schweizer Revue
Theodora Peter