La pandemia globale Covid-19 è una crisi senza precedenti: incerta nei tempi, negli sviluppi, nelle modalità di trasmissione e propagazione. Purtroppo, l’unica arma che al momento possediamo per combattere il virus è l’isolamento, l’individualità, la distanza. Per questo motivo chi è sopravvissuto agli avvenimenti della seconda guerra mondiale giudica questa quarantena psicologicamente più stressante della paura di morire a causa dei bombardamenti, poiché in tempo di guerra era possibile e necessario ripararsi nei bunker e nelle cantine, luoghi dove veniva preservato l’aspetto della socialità e dell’umanità, oggi invece negato.
Il timore di essere infettati e la mancanza di fiducia negli altri generano infatti episodi di panico e di cattiveria nella collettività, ma chi si ammala o muore a causa di questo virus non ha colpe o responsabilità, come al contrario accade a chi ha incidenti perché corre troppo in auto.
C’è qualcosa però che rende questa crisi uguale a qualsiasi altra crisi: ad essere maggiormente colpiti sono i più vulnerabili, i meno protetti, i meno rappresentati. E questa riflessione si può applicare anche ai lavoratori del settore culturale. Questo comparto è caratterizzato da una grande eterogeneità di forme giuridiche (associazioni, fondazioni, cooperative), di dimensioni, di consistenza patrimoniale (dall’impegno di capitali personali o familiari alla presenza di ingenti fondi di dotazione pubblica o privata) ed è un settore che ha un notevole impatto diretto e indiretto su altre filiere produttive.
Il mondo della Cultura ha chiuso, in ordine temporale, per primo le proprie attività: teatri, cinema e musei sono stati infatti pesantemente colpiti dai necessari provvedimenti adottati dai governi per contenere e contrastare il diffondersi dell’epidemia in Italia, così come nel mondo. Il danno economico stimato da Federculture ai primi di marzo (dopo soli 8 giorni di chiusura) è di circa 3 miliardi di euro e si prevede una diminuzione del 20% dei consumi per le attività culturali nei prossimi sei mesi. È evidente infatti che tale arresto avrà a lungo termine un impatto economico, ma anche sociale, molto negativo perciò è stato urgente sollevare il tema delle risorse da erogare al comparto culturale per far fronte a questa situazione, una volta terminata l’emergenza sanitaria. Il governo italiano ha stanziato un fondo di 130 milioni di euro per gli operatori degli spettacoli dal vivo e dodici assessori alla cultura di importanti città italiane hanno chiesto al Ministro dei beni e delle attività culturali Dario Franceschini di destinare una quota di questi soldi a vantaggio delle piccole e piccolissime realtà culturali, economicamente più fragili, che agiscono solo a livello locale e che, in mancanza di aiuti, saranno probabilmente costrette a chiudere i battenti.
Non sappiamo se saranno sufficienti queste manovre, ma nel frattempo, la dimensione virtuale nel mondo, culturale e non, ha fatto passi da gigante.
La chiusura draconiana delle attività ha rimesso completamente in discussione alcuni comportamenti delle nostre vite che davamo per scontato, come andare al cinema o a teatro, visitare una biblioteca o assistere ad un concerto, ci ha però anche insegnato qualcosa. Le potenzialità offerte dalle tecnologie hanno sopperito abbastanza bene non solo alle necessità lavorative con lo smart working, ma hanno dato una straordinaria accelerazione al lavoro della pubblica amministrazione e a quello di scuola e università. In campo culturale si è lavorato perché il patrimonio rimanga vivo: una decina di eccezionali musei nel mondo, del calibro del Louvre, del Prado, dell’Hermitage, del British Museum, dei Musei Vaticani, del Metropolitan, della Pinacoteca di Brera o del Museo della Memoria della Svizzera Italiana, solo per citarne alcuni hanno pensato a suggestivi tour virtuali per attirare futuri visitatori. Sono tutti i musei che almeno una volta nella vita vorremmo visitare e che adesso possiamo conoscere comodamente dal nostro divano, non è fantastico? Altre belle occasioni di diffusione culturale ed educativa sono le dirette streaming su Facebook e Instagram, piattaforme su cui per esempio sono proposti concorsi fotografici dal Musée de l’Elysée di Losanna o dallo Château di Gruyères. Anche a Milano, molti istituti culturali hanno avviato virtuose iniziative online nei musei, teatri e cineteca, invadendo letteralmente la rete con incontri, dibattiti, conferenze, film e letture per cercare di non interrompere il dialogo coi cittadini. Dialogo che la città della Madonnina si era faticosamente conquistato raggiungendo, dal 2010 al 2020, oltre il 10% dell’economia cittadina e del tasso occupazionale, soprattutto delle fasce più giovani (rapporto “Io sono cultura 2019” curato da Unioncamere e Fondazione Symbola). In questo tempo sospeso, chiusi nelle nostre case anche i libri per grandi e piccini offrono un confortante aiuto.
Già da tempo la rete delle 5000 biblioteche pubbliche italiane, così come le principali biblioteche svizzere, hanno implementato i servizi digitali offrendo una vasta gamma di contenuti per coloro che hanno accesso a internet. A Milano il Sistema Bibliotecario, una rete di 25 biblioteche, ha registrato un incremento di oltre il 600% di iscrizioni e download di ebook e ancora, attraverso il sito chiediloanoi 50 bibliotecari offrono suggerimenti e consigli di lettura. E per chi non fosse ancora soddisfatto, 20.000 documenti storici, foto e filmati in ben sette diverse lingue sono liberamente consultabili sulla World Digital Library, la biblioteca digitale più ricca al mondo.
Ma la vera domanda è: come ripartire?
La ripresa non appare senza difficoltà e incognite legate soprattutto alle modalità che si dovranno adottare, ma anche inventare, per fruire, ad esempio, delle performing arts o di visite a musei e mostre.
Già sappiamo che dovremo rispettare nuove regole una volta terminata l’emergenza: ci si troverà di fronte ad una lenta ripresa delle attività, tardiva rispetto a quella di altri settori; si dovranno osservare capienze ridotte per teatri, cinema, sale conferenze e per tutti luoghi di intrattenimento, gli ingressi nei musei saranno contingentati e strutturati come quelli in aeroporto e ci sarà infine l’obbligo di presidi medico sanitari all’ingresso delle strutture e forse di impianti di aereazione per sanificare gli ambienti.
Ma è possibile davvero conciliare distanza sociale e spettacolo dal vivo? Non tutti concordano, perché la verità è che il distanziamento sul palco è impossibile. “Non si può fare Giulietta e Romeo a due metri di distanza” afferma Ferdinando Bruni, fondatore del Teatro Elfo, “Ci si dimentica degli attori che si devono toccare, perché il teatro è fisico ed è difficile ripensarlo in altri termini perché è quella cosa lì da 2500 anni”. E la stessa riflessione si può facilmente applicare agli orchestrali, seduti uno accanto all’altro nei concerti. L’autunno dovrà affrontare questa ambiziosa sfida.
Più semplice, forse, è pensare ad una riapertura, pur graduale, quest’estate con manifestazioni multidisciplinari in ampi spazi all’aperto, come “Estate Sforzesca” che si svolge da diversi anni nel cortile delle Armi del Castello Sforzesco o le rassegne cinematografiche open air promosse da Arianteo, molto amate dai milanesi. L’anno scorso per la prima volta, ispirato al modello americano degli anni ’50, ha debuttato con un discreto successo il progetto Bovisa Drive-In: proiezioni all’aperto da godere nella privacy della propria auto. Il sonoro viene ascoltato tramite dispositivi auricolari e in tal modo si può anche scegliere la lingua del film. L’iniziativa ha pertanto altissime probabilità di essere replicata e magari diffusa in più zone della città nei mesi estivi, considerato che molti cittadini non andranno in vacanza.
Insomma una cosa è certa: siamo di fronte ad un cambiamento epocale dell’intero panorama culturale, fatto di nuovi scenari e nuove progettualità strategiche da implementare, ma soprattutto lastricato di rischi e ostacoli, ma è proprio dalle difficoltà che emerge la creatività e nascono le soluzioni.
Mettiamoci al lavoro dunque, perché una volta passata la buriana la gente avrà voglia di libertà e di divertimento per dimenticare lo spavento, come è avvenuto alla fine delle due grandi guerre.
Antonella Amodio
SOCIETÀ SVIZZERA DI MILANO