Tassazione di pensione LPP svizzero e mancato rimborso
Buongiorno Avvocato Wiget,
Permetta che Le alleghi la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Savona.
In essa, come in tutte le mail scambiateci in questi anni, l’Agenzia delle Entrate non ha mai risposto pertinentemente a quanto sostenevo io: «non si tratta di AVS, bensì di LPP erogata da cassa di pensione di ente pubblico, quindi ricadente sotto e soltanto l’articolo 19 dell’accordo I-CH del 1976». A questo punto desidero continuare la mia lotta contro questo moloch, che non vuole, come potrebbe, correggere in autotutela il madornale errore.
Per procedere al ricorso all’istanza superiore desidererei dare mandato a Lei, o ad uno di Sua fiducia, perché qui, ho chiesto, non c’è nessuno che abbia dimestichezza con oggetti di questo genere: La prego, gentile Avvocato! Io e mio marito compiremo, fra poco, 84 e 87 anni: il tempo stringe!
Noi verremmo a Milano in qualsiasi momento per portarLe tutta la documentazione inerente al caso che, a nostro parere, sta assumendo i connotati di lite temeraria.
Faccio notare che l’AVS è canalizzata in Italia dal 12/05/2000, cioè dal primo versamento. Sbaglio se penso che l’Agenzia delle Entrate dovrebbe sapere da chi incassa tutti i soldi che la banca di Sondrio le manda?
La ringrazio e La saluto cordialmente.
L.E. (Prov. di Savona)
Cari Signori,
leggo con dispiacere la ultima missiva di aggiornamento sulla Vostra annosa questione con la Agenzia delle Entrate che, a quanto pare, non si è affatto risolta, ed anzi, sembra contorcersi sempre di più!
Di tale disavventura come ricorderanno i nostri più attenti Lettori, abbiamo già riferito in passato nella Rubrica Legale della Gazzetta Svizzera.
Ne riassumo brevemente per tutti gli altri i termini essenziali, così come ce li avete riferiti nelle Vostre missive, perché in effetti la vicenda ha assunti tratti “kafkiani”.
I fatti
I Signori E.-L. sono entrambi doppi cittadini italo-svizzeri che hanno lavorato per oltre 40 anni in Svizzera e si sono poi trasferiti in Italia nei primi anni’90 da quando sono in pensione.
La Signora L.E. in particolare aveva lavorato per un ente autonomo di diritto pubblico elvetico.
Nel 2017 decideva di accedere alla c.d. Voluntary Disclosure-bis (D.L. n. 193/2016 con. in L. n. 225/2016) per sanare la mancata compilazione del Quadro RW e per errore dichiarava di percepire l’AVS non canalizzata in Italia, mentre in realtà nel contraddittorio con il fisco spiegava che così non era.
Apparentemente, infatti, l’AVS era canalizzata in Italia, mentre ci si voleva riferire alla pensione svizzera del “secondo pilastro” (LPP) che però non sarebbe stata tassabile in quanto pensione pubblica soggetta all’art. 19 della Convenzione contro le doppie imposizioni (CDI) I-CH del 1976.
La Signora L.E. invitava quindi l’Agenzia delle Entrate a far esercizio dell’autotutela. Si rivolgeva poi anche al Garante del Contribuente
L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, non si convinceva e richiamandosi alla prassi amministrativa ed alla normativa di riferimento pretendeva il versamento della ritenuta del 5% già prevista per l’AVS.
La Signora si vedeva costretta ad aderire ed a pagare per perfezionare la V.D. poiché in caso contrario avrebbe perso ogni beneficio.
Il nostro parere
Noi abbiamo trattato espressamente della questione nel 2019 evidenziando che, pur con i pochi dati a nostra disposizione e basandoci su quanto ci scriveva la nostra Lettrice, ci pareva che avesse ragione.
Da un lato, l’AVS – facente parte del “primo pilastro” – se canalizzata in Italia attraverso la Banca Popolare di Sondrio, che opera come intermediario sostituto d’imposta, era soggetta ad un prelievo fisso del 5% e non dovendo essere indicata nella dichiarazione dei redditi (sin dal 1991), tantomeno doveva essere oggetto di V.D.. Nel 2015 peraltro l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto applicabile tale tassazione sostitutiva del 5% assai opportunatamente anche alle rendite AVS non canalizzate in Italia ma pagate dall’estero, queste si oggetto di V.D..
Dall’altro lato, lo stesso trattamento è stato esteso espressamente anche alla previdenza del c.d. “secondo pilastro” (D.L. n. 50/2017 conv. in L. n. 96/2017) denominata “LPP” per i pagamenti canalizzati in Italia, poi anch’essa estesa nella pratica ai versamenti all’estero.
Tuttavia, le pensioni (come le altre remunerazioni) pagate dalla Svizzera o dall’Italia come Stato, sue emanazioni, da enti locali o entità di diritto pubblico (persone giuridiche o enti autonomi) sono imponibili solo nello Stato da cui provengono i pagamenti – e ciò in base alla citata CDI I-CH del 1976 (art. 19).
In sostanza la Signora L.E. effettivamente sarebbe dovuta andare esente da qualsivoglia tassazione nel caso concreto.
All’epoca concludevamo consigliando alla Lettrice di rivolgersi ad un esperto tributarista per valutare, a questo punto, se chiedere un rimborso.
Il parere dell’Agenzia delle Entrate
Successivamente, la Signora L.E. anticipava (e poi formulava) istanza di rimborso con il suo professionista, spiegando che l’importo del 5% era stato pagato in eccesso, essendo la pensione AVS canalizzata in Italia e dunque già tassata dal fisco italiano con la ritenuta del 5%, mentre nella pensione LPP pubblica nulla era dovuto.
Ebbene, a distanza di qualche mese ne riparlavamo sulla Gazzetta Svizzera. Infatti la Signora L.E. ci faceva pervenire la richiesta di consulenza giuridica formulata dall’ufficio territoriale competente alla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, la quale concludeva purtroppo per la correttezza dell’operato del fisco, con riguardo alla pensione LPP pagata in Svizzera.
Nel parere, premettendo che la contribuente non aveva inserito nel computo la ritenuta alla fonte a titolo d’imposta sulla pensione erogata dalla Cassa Pensione Bernese (che si dava espressamente atto essere “ente autonomo di diritto pubblico”), si chiedeva:
- se fosse corretta la pretesa del fisco volta al recupero della ritenuta del 5%;
- se invece tale decisione dovesse invece ritenersi errata in base alla CDI ed alla prassi;
- se, in quest’ultimo caso, fosse possibile procedere al rimborso di quanto pagato in eccesso a seguito di istanza apposita, ovvero con istanza di autotutela parziale della V.D. e riliquidazione corretta d’ufficio con rimborso.
L’Agenzia delle Entrate descriveva innanzitutto – correttamente – il sistema pensionistico elvetico dei “tre pilastri” e ribadendo – sempre correttamente – la natura pensionistica delle erogazioni in forza della disciplina previdenziale obbligatorio della LPP, osservando poi – ancora correttamente – che la disciplina nazionale va “armonizzata con le disposizioni di eventuali accordi internazionali, conclusi dall’Italia, che possono aver regolato comunque diversamente la potestà impositiva dello Stato”.
Sennonché, nel parere richiamava l’art. 18 CDI I-CH del 1976, nonché vari altri provvedimenti di legge e da ultimo la modifica del 2017 alla L.n. 413/1991, mentre non si faceva alcun riferimento all’art. 19 della medesima Convenzione, che parrebbe superato dall’equiparazione normativa e di prassi all’AVS.
Il riferimento pertanto ci pare piuttosto dubbio in relazione al caso di specie della Signora L.E.
Ma non è finita qui.
Il Garante del Contribuente
Nel febbraio 2020 interveniva, infatti, il tanto agognato provvedimento del Garante del Contribuente, interpellato sin dal 2018, come detto, ed al quale era stato fornito anche il nostro articolo sulla Gazzetta Svizzera.
Ebbene, il Garante del Contribuente non condivideva l’interpretazione del fisco secondo la quale le pensioni LPP accreditate all’estero, dovessero essere necessariamente assoggettate in Italia ad un’imposizione sostitutiva del 5% per evitare un’ingiustificata disparità di trattamento connessa alla modalità d’incasso della rendita.
Afferma, invece, che la mancanza di un intermediario finanziario residente non consente l’applicazione di una ritenuta in via analogica, e tenuto anche conto delle norme sul diritto dei trattati internazionali dettati dalla Convenzione di Vienna del 1967 (art. 31 e 32), raccomanda «la restituzione alla contribuente della somma erroneamente pagata».
La decisione, che ha valore puramente consultivo, è rimasta, naturalmente, lettera morta.
E veniamo ai giorni nostri.
La sentenza della Commissione Tributaria Provinciale
Nel 2021 la Signora L.E. ricorreva alla CT Prov. contro i provvedimenti di diniego al rimborso richiesto nel 2020.
Con decisione depositata a Gennaio 2022 la CT Prov. rigettava, però, il ricorso con laconica motivazione per cui la richiesta di rimborso deve ritenersi inammissibile, in quanto la V.D. è procedura straordinaria e la Contribuente vi ha aderito del tutto volontariamente, prestando così «acquiescenza all’atto di liquidazione… contro cui poteva ricorrere».
Francamente ci si sarebbe forse aspettato qualcosa di più.
Conclusioni
Resta poco da dire dopo questo excursus su una vicenda che ha del paradossale.
Lungi da me la pretesa di voler azzardare valutazioni sulla legittimità di provvedimenti in una materia tanto particolare, specifica e complessa come quella tributaria.
Mi limito, però a due osservazioni, in parte legali, in parte di ragionevolezza.
Innanzitutto mi pare che la CDI I-CH del 1976 non venga correttamente interpretata ed applicata dall’Italia (e non solo in questo caso, mi permetto di dire).
Solo recentemente la Cassazione ha cominciato a riconoscere con maggior frequenza la prevalenza sul diritto interno, ma la tradizione giurisprudenziale italiana in materia fiscale è sempre stata molto sfavorevole al contribuente (per costi, durata ed esiti).
Molto più equilibrata può ritenersi invece la pronuncia del Garante del Contribuente che dichiara i principi di interpretazione dei trattati internazionali, in particolare quello “di buona fede” e del “senso comune da attribuire ai termini”.
In secondo luogo, è anche evidente come il buon senso avrebbe dovuto suggerire di tener conto di un errore del contribuente, senza equivocare o omettere di analizzare compiutamente le Sue doglianze.
Quello che posso fare, come Lei richiede, è di cercare di aiutarla anche parlandone su queste pagine e con qualche consiglio, sperando di contribuire ad una soluzione della Sua sfortunata vertenza, che riesca a conciliare meglio ragionevolezza e diritto.
Un cordiale saluto a Lei ed a tutti i nostri Lettori.
Avv. Markus Wiget