Quali competenze trasmettere ai giovani per affrontare al meglio il mondo del lavoro?

Già una ventina di anni fa, le statistiche dicevano che una persona cambia la professione almeno tre volte e mezzo durante la sua vita professionale. Da alcuni anni si dice che il 65% dei bambini che oggi frequentano le scuole elementari, svolgerà una professione che oggi non esiste ancora. Allora, come preparare i giovani ad affrontare il mondo del lavoro?

L’ispirazione per queste considerazioni per le pagine dell’UGS mi è stata data da un trafiletto apparso sul Corriere del Ticino del 4 marzo 2021, inserito in un’intervista al responsabile del centro di formazione della polizia del Canton Ticino, Andrea Pronzini, all’inizio della scuola di polizia 2021-2023. Tra l’altro si può leggere: “Oltre a requisiti prettamente formali (la lista completa è disponibile sul sito web della Polizia cantonale), Pronzini spiega che per accedere alla Scuola «è importante che i valori e gli obiettivi della persona siano conformi agli obiettivi e ai valori della Polizia. Ciò si traduce anche in una condotta ed in eventuali precedenti che siano compatibili con la funzione». Oltre a ciò, aggiunge il responsabile del Centro di formazione, «la gestione dello stress, la comunicazione, la capacità di analisi e risoluzione di problemi e la capacità di lavorare in team sono anche requisiti centrali»”. Ed è così in tutto il mondo del lavoro! La grande differenza non la fanno più le competenze professionali ma le cosiddette soft skills, in italiano “le competenze trasversali”.

Nella mia più che ventennale esperienza quale counselor a persone cercatrici di impiego e quale formatore aziendale, ho potuto evidenziare quelle competenze che possono essere utili non solo nel lavoro ma anche nella vita. Uno dei limiti nel trasmettere queste indicazioni ai giovani è che non ne vedono la spendibilità immediata, forse a causa dell’approccio “studio perché sarò interrogato” e non tanto “studio per formarmi una cultura”. E questo modo di pensare viene portato anche nell’approccio al mondo del lavoro. Vi ricordate il film “Karate Kid – Per vincere domani”? “Dai la cera, togli la cera”, un lavoro apparentemente inutile ma che ti prepara ad acquisire le mosse del karate. La stessa cosa è riscontrabile con le competenze trasversali.

Ma come insegnarle, rispettivamente come apprenderle? La risposta non è semplice. Alcune sono innate e possono essere sviluppate, altre derivano da esperienze che si vivono.

Competenze trasversali “innate”

Creatività. Fin da piccoli, ognuno di noi sviluppa una certa forma di creatività applicandola ai giochi principalmente individuali. Quante volte abbiamo visto bambine e bambini giocare, creando interi mondi e situazioni che solo loro conoscono. Altre forme di creatività le troviamo nei loro disegni, sia nelle forme sia nell’uso dei colori e anche nel canto o nella musica, anche se certe volte suonata su “strumenti” non proprio musicali. Chissà perché, diventando adulti, questa competenza viene smorzata, forse perché si ritiene che il lavoro sia una cosa seria, ma il portare nuove idee su prodotti, processi e visioni può rivelarsi molto utile.

Pensiero laterale. Aiuta a sviluppare la creatività. Se davanti a un problema non riusciamo a trovare la soluzione, è utile “spostare” il problema in un altro ambito, in modo da valutare se in questo nuovo ambito sono già state applicate delle soluzioni. Un esempio portato spesso è quello riguardante l’avvicinamento ai caselli autostradali, risolto applicando le regole fissate dal pastore per far passare le sue pecore da un’unica porta.

Problem solving. Molto legato alle prime due competenze, aiuta a trovare soluzioni piuttosto che a seguire pedissequamente delle istruzioni calate dall’alto. Ai miei collaboratori e ai partecipanti dei miei corsi ho sempre portato questo motto: “Non vi do il pesce ma vi insegno a pescare!”. L’analisi razionale della situazione legata alla creatività aiuta a trovare delle soluzioni che altrimenti non emergerebbero.

Competenze trasversali “che si possono imparare”

Sana autostima. È la base sulla quale lavorare. Riuscire a vedersi in modo realistico e non sottovalutarsi o rispettivamente sopravvalutarsi è un atteggiamento che bisogna imparare. Troppe volte si rinuncia perché si ritiene di non essere all’altezza di un certo compito oppure l’obiettivo non viene raggiunto unicamente perché è stato formulato in modo approssimativo o è troppo ambizioso. “Limare” certi aspetti del nostro carattere, così come fissare obiettivi realistici aiuta a crescere e a credere nelle proprie possibilità.

Negoziazione. Non è una competenza riferita unicamente alla vendita. Nei rapporti con i colleghi è fondamentale, a ogni livello, riuscire a negoziare in certe situazioni. Ma la negoziazione in sé raggruppa altre competenze: l’empatia, la capacità di ascolto, la capacità di porre domande – ma anche di porsi vis-à-vis dell’interlocutore – e l’improvvisazione ne fanno sicuramente parte.

Lavoro in team. È risaputo che i risultati raggiunti da un gruppo sono superiori rispetto a quelli che ogni singolo potrebbe raggiungere. A lavorare in team, mettendosi a disposizione per il raggiungimento di un obiettivo comune, si impara facilmente frequentando ambienti dove esiste “una squadra”: lo scautismo, una società sportiva e, per certi aspetti, anche il servizio militare o quello civile. Personalmente ho portato nei miei corsi, là dove mi era possibile, esercizi che sviluppassero questa competenza: per esempio la realizzazione di un pasto per tutto il gruppo fa uscire altre competenze quali la leadership e la capacità decisionale di ogni singolo ma anche la negoziazione vista prima.

Gestione dello stress. Saper gestire lo stress significa anche acquisire consapevolezza dei propri limiti e dei propri bisogni, prima di applicare delle tecniche che possono aiutarci a ridurre la pressione che sentiamo su di noi. Tra queste tecniche possiamo annoverare il training autogeno, la meditazione e certe arti marziali quali l’aikido che abbassano notevolmente questa pressione.

Proattività. È il contrario di reattività. Chi è proattivo non subisce passivamente l’iniziativa altrui ma la prende lui stesso, soprattutto nel riesame di mansioni e compiti dei quali si occupa. La famosa frase “si è sempre fatto così!” non appartiene di certo al proattivo: anzi si sforza di trovare altre procedure che aumentino l’efficienza e l’efficacia del suo agire e dell’organizzazione alla quale appartiene.

Competenze trasversali “tecniche”

Rientrano sotto questo capitolo quelle capacità che oramai nessuno mette più in discussione in quanto si considerano acquisite. Per esempio le conoscenze informatiche, almeno quelle riferite ai principali programmi di scrittura, calcolo e presentazione, conoscenze che andrebbero insegnate già a scuola (e qui la formazione a distanza sicuramente aiuta). La conoscenza delle lingue, in particolare dell’inglese, è oramai un must: meglio è approfittare dei periodi di vacanza per effettuare soggiorni linguistici all’estero. Ma anche studiare il cinese mandarino oggi può essere utile.

In conclusione, questo non vuole essere un elenco esaustivo di quanto viene richiesto dal mondo del lavoro; ho voluto unicamente dare degli spunti in modo che ogni individuo sviluppi la consapevolezza riguardo alle proprie capacità che non sono solo e prevalentemente quelle tecniche. A un datore di lavoro interessa relativamente che una collaboratrice o un collaboratore sappiano svolgere determinati compiti (ce ne sono tanti che lo sanno fare): interessa soprattutto assumere una persona che si sappia inserire in modo armonico nel proprio organico e che condivida visioni e obiettivi dell’azienda.

Marco Pietro Ricci
Formatore aziendale dipl. fed.
Master in gestione della formazione