Trattamento fiscale in Italia dei diversi regimi previdenziali svizzeri
Carissimo Avvocato,
leggo sempre con interesse i suoi interventi sulla rubrica legale della Gazzetta Svizzera e vorrei esporle il mio caso.
Sono un doppio cittadino italo-svizzero, e vivo e lavoro stabilmente a Lugano, ove trascorro gran parte dell’anno. Nonostante questa mia condizione risalga oramai a più di 10 anni fa, ho sempre in realtà mantenuto la residenza fiscale in Italia, presentando regolare dichiarazione dei redditi e versando tutte le tasse dovute al fisco italiano.
Avevo letto già in passato i suoi articoli sul trasferimento di residenza all’estero, il cui contenuto mi era poi stato confermato anche dal mio fiscalista di fiducia.
Tuttavia, permanendo la Svizzera nella famosa black list dei “paradisi fiscali” e avendo mantenuto la famiglia in Italia con figli aventi a loro volta stabili legami di amicizia, di studio e di affetto con i propri nonni, ho preferito non trasferirci tutti ma evitare il rischio di qualsiasi possibile contenzioso con il fisco italiano.
Lavorando in Svizzera, come sa, tutta la mia posizione previdenziale, a partire dall’AVS, era interamente ed obbligatoriamente disciplinata e regolamentata in Svizzera quanto a contributi, prelievi ed erogazioni. Vengo, infatti, ora al motivo della mia lettera dopo questa lunga premessa.
Tra qualche anno potrò percepire la pensione e Le chiedo, a questo punto, se ed in che misura la mia rendita pensionistica sarà tassata in Italia.
Non vorrei infatti che dopo aver deciso di pagare le tasse sempre in Italia mi ritrovassi una pensione defalcata da ulteriori tassazioni italiane: insomma “cornuto e mazziato”.
La ringrazio se vorrà prendere in considerazione questa mia, e comunque per il suo prezioso servizio alla nostra comunità.
(L.P.) Milano
Carissimo Lettore,
desidero innanzitutto, esprimerLe la mia gratitudine per la Sua assiduità nel seguire questa nostra “Rubrica legale”. Noto, infatti con piacere da un lato che i nostri consigli sono utili e dall’altro che vengono anche seguiti attentamente.
In effetti, la questione della residenza fiscale è assai controversa non solo per una prassi ed una giurisprudenza assai ondivaghe in Italia ma anche per una serie di presupposti abbastanza inspiegabili.
Sotto il primo profilo, molte delle incertezze sono riconducibili alla rigidità nell’interpretazione del TUIR (Testo Unico Imposte su Redditi) con riferimento tanto alle iscrizioni anagrafiche, quanto all’individuazione della residenza e del domicilio in rapporto alla Convenzione per evitare le doppie imposizioni (CDI) tra Svizzera e Italia del 1976 (ratificata nel 1978) proprio in casi come il Suo.
Sotto altro profilo, restano incomprensibili le ragioni per cui la Svizzera continui a far parte della famigerata black-list di cui al D.M. 4 maggio 1999, nonostante i palesi e concreti sforzi intrapresi dalla Confederazione Elvetica sia nell’ambito della cooperazione fiscale internazionale, sia contro il riciclaggio di denaro “sporco”.
Tanto più che sono stati espunti dalla suddetta black-list paesi come Cipro, Malta e anche San Marino i cui contribuiti alla cooperazione fiscale non sono paragonabili a quelli della Svizzera, né in termini qualitativi, né in termini quantitativi.
Ricordo, in proposito, a beneficio dei nostri lettori:
- che sussiste per il cittadino italiano, salvo prova contraria, una presunzione di residenza in Italia anche se trasferito in Stati ricompresi nella black-list, ed anche se iscritto all’AIRE;
- che tale principio vale altresì per i doppi cittadini italo-svizzeri, come in questo caso;
- che l’onere della prova contraria, e cioè della residenza estera, grava sul contribuente;
- che tale dimostrazione, stanti anche i limiti probatori del giudizio tributario, non è affatto agevole.
La Sua decisione, pertanto, di sentire un fiscalista e di pagare le tasse in Italia può ritenersi non solo prudente ma anche saggia in queste condizioni anche in considerazione delle possibili ripercussioni di natura penale in caso di redditi consistenti (come dimostra la cronaca di questi giorni anche per calciatori famosi).
La ringrazio poi anche per la problematica sulle pensioni che ci sottopone, la quale in realtà non è per nulla semplice.
Il sistema pensionistico svizzero infatti è profondamente diverso da quello italiano ed è già accaduto in passato che a causa di questa diversità non pochi sono state le difficoltà interpretative e gli inconvenienti conseguenti per i contribuenti.
Già in passato ci siamo occupati di tali questioni. Il sistema previdenziale svizzero infatti si compone, come noto, di 3 differenti pilastri:
- Il primo pilastro è costituito dalla previdenza obbligatoria dello stato e comprende l’AVS / AI, volto ad assicurare la sussistenza di base;
- Il secondo pilastro, anch’esso obbligatorio, è rappresentato dalla previdenza professionale (c.d. LPP) con un capitale o una rendita avente funzione integrativa della prima;
- Il terzo pilastro, di carattere privato e totalmente facoltativo, con erogazioni o con agevolazioni a beneficio di chi risiede in Svizzera.
Nell’ambito, poi, del terzo pilastro si distingue tra previdenza “libera” o “vincolata” a seconda che sia possibile o meno un pagamento anticipato della prestazione pensionistica a semplice richiesta, ovvero solo in presenza di determinate e particolari condizioni.
Lei, nel suo quesito abbastanza ampio, non ci specifica a quale dei 3 pilastri suddetti si riferiscono le Sue preoccupazioni ma proviamo a dare una risposta, per quanto sommaria, a tutte e tre le situazioni sopra descritte.
Con riferimento al primo pilastro (AVS / AI) il problema non si pone e ne abbiamo già parlato tante volte. Se gli importi sono pagati in Italia tramite intermediario convenzionato (quale sostituto d’imposta) la stessa rendita subisce solo un prelievo di misura fissa del 5% come previsto dalla Legge n. 431/1991 (art. 76, comma 1). L’Agenzia delle Entrate aveva poi esteso tale regime di favore anche ai pagamenti non canalizzati in Italia (Circolare 30/E/2015).
Più complessa la questione relativa al secondo pilastro (LPP), in merito al quale recentemente l’Agenzia delle Entrate ha adottato invece una interpretazione letterale più restrittiva (Risoluzione 3/E del 27 gennaio 2020).
Se, anche qui, per i pagamenti in Italia vale come per l’AVS/AI la stessa disciplina per espressa previsione (art. 76, comma 1-bis), così non è per i pagamenti all’estero.
Ritenendo, infatti, la normativa sulla voluntary disclosure, (che aveva equiparato la previdenza professionale al trattamento fiscale dell’AVS), una normativa del tutto eccezionale, l’Agenzia delle Entrate non ritiene più applicabile lo stesso trattamento previsto dalla Legge n. 431/1991 per i pagamenti non canalizzati in Italia.
È, però, evidente in questo caso una ingiustificata disparità di trattamento sulla base della sola modalità di incasso della rendita, e non della reale capacità contributiva.
Con riferimento, infine, al terzo pilastro la situazione è ancora più intricata, in quanto si tratta di previdenza privata e dunque in teoria pacificamente tassabile.
Sennonché, l’unica differenza può aversi sull’entità, a seconda che il riscatto sia “libero” o “vincolato”.
In quest’ultimo caso, si è recentemente pronunciata l’Agenza delle Entrate con Risposta ad una specifica istanza di interpello (n. 471), chiarendo che, attesa la finalità previdenziale dell’investimento, essa costituisca prestazione di natura pensionistica e vada pertanto ricondotta ai redditi di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a) del TUIR, che equipara le pensioni di ogni genere ai redditi di lavoro dipendente.
Ciò sempre in linea con quanto affermato nella citata Risoluzione n. 3/E/2020.
Viceversa si precisa, che non sono applicabili le norme sulle prestazioni di previdenza complementare, e dunque modalità di tassazione più vantaggiose previste dalla normativa italiana ed europea (D.Lgs. n. 252/2005 e Dir. UE 2016/2341).
Si tratta quindi di individuare correttamente il o i trattamenti pensionistici di cui Lei dovrebbe godere per compiere un accertamento preciso di quanto dovrà versare allo Stato italiano. Su questo potrà sicuramente confrontarsi con il suo fiscalista di fiducia che già l’aveva assistita utilmente.
Un ultimo avvertimento riguarda la questione del monitoraggio fiscale e della compilazione del quadro RW per la previdenza complementare estera. Va tenuto presente, al riguardo, che tali forme di previdenza se obbligatorie (come il secondo pilastro) non sono soggette al monitoraggio fiscale per le somme versate, mentre in altri casi così non è (Circolare 38/E/2013).
Spero di avere dato esaustiva risposta ai suoi dubbi, e saluto Lei e tutti nostri Lettori molto cordialmente
Avv. Markus Wiget
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