Scrittura umana o IA: oltre i confini dell’imitazione

Nel vasto panorama degli strumenti di generazione di testi automatici basati sull’intelligenza artificiale (IA) emerge una sfida affascinante: differenziare il lavoro umano da quello generato da algoritmi. L’IA con i suoi algoritmi sofisticati è capace di generare risposte e testi che spesso si avvicinano alla maestria umana; ma quanto siamo davvero in grado di distinguere tra la penna umana e quella digitale? Secondo recenti ricerche, la nostra capacità di distinguere se un testo è stato scritto da una persona o dall’IA è piuttosto limitata: ci riusciamo soltanto una volta su due. A tal proposito la domanda nasce spontanea: è realmente possibile distinguere i testi scritti da un algoritmo rispetto a quelli scritti da un essere umano? La risposta a questa domanda è: dipende. Difatti l’IA grazie alla complessità dei suoi algoritmi si avvicina sempre più alla maestria umana nella creazione di testi e risposte. Gli studi recenti evidenziano la nostra limitata capacità di discernere tra i due, mettendo in discussione la nostra abilità di riconoscere l’origine di un testo. Questo evidenzia un dilemma stimolante sulla possibilità di effettuare una distinzione definitiva tra ciò che è creato da un individuo e ciò che proviene dall’AI, gettando luce sull’ambiguità della nostra percezione in questo contesto.

Attualmente l’intelligenza artificiale, almeno nelle versioni consumer, non è così evoluta. Nonostante ciò ogni nuova interazione porta miglioramenti significativi con testi sempre più simili a quelli umani e, di conseguenza, ci fa chiedere come questa costante evoluzione influenzerà la nostra capacità di distinguere tra scrittura umana e scrittura generata dall’IA nel lungo termine. A sostegno di tale problema esistono programmi come AI text classifier, ZeroGPT, GPTzero o GLTR. Bisogna sottolineare però che alcune soluzioni per le aziende già adesso consentono di svincolarsi da questi software, infatti, la capacità di scrittura è molto più “umana” e le differenze con un autore reale sono veramente minime. Basti pensare che perfino l’azienda che ha creato ChatGPT, ossia OpenAI, si trovò costretta a ritirare dal mercato il software di AI detector poiché riconobbero l’impossibilità di discernere i testi umani da quelli generati dalle macchine.

Come possiamo quindi verificare l’originalità di un testo scritto? Tra i metodi migliori riscontriamo la presenza di errori grammaticali e l’imprevedibilità del testo. Probabilmente sembrerà un paradosso, ma un testo che presenta sbagli e refusi, ha buone possibilità di essere stato scritto da un essere umano. Allo stesso modo però le eventuali ripetizioni di parole, il mancato utilizzo di sinonimi ed una punteggiatura che non rispecchia le regole grammaticali sono, al contrario, tutte cose spesso presenti nella stesura di un testo scritto dall’IA.

Questi metodi di verifica possono essere svolti a occhio, mentre quello relativo all’imprevedibilità del testo è più complesso e necessita di programmi appositi. Alcuni di questi sono in fase di sviluppo, e permetterebbero di valutare un testo sulla base del lessico utilizzato, poiché è noto che l’intelligenza artificiale costruisce i periodi mediante un susseguirsi di parole che generalmente vengono accoppiate. In sostanza usa dei modelli, che per quanto siano efficaci, talvolta fanno apparire i testi troppo scontati, meccanici e privi di “irruenza”. All’interno di un testo scritto da un essere umano vi è sempre un certo tasso di imponderabilità e di casualità, caratteristiche che mancano del tutto all’IA, la quale è costretta a seguire schemi prefissati. Se il testo riflette emozioni, prospettive uniche e una voce personale autentica, è probabile che provenga da una mente umana.

In futuro queste tattiche potranno diventare completamente inutili, poiché l’IA è uno strumento in continuo aggiornamento che nel tempo diventerà sempre più sofisticato. Arriveremo al punto in cui un software saprà scrivere un testo del tutto uguale a quello di una persona, il quale contempla quindi anche l’irruenza, l’imprevedibilità e tutti i fattori caratteristici della scrittura umana. Per questo motivo alcuni studiosi stanno pensando ad altri sistemi, come ad esempio integrare dei watermark, ovvero una specie di filigrana digitale, che consentirebbe di risalire all’origine di un testo. Per renderla funzionale, alcuni pensano di costituirla mediante sequenze di parole inutilizzabili dall’IA. Così, se un testo trasgredisce la regola più volte, avremmo la certezza che è stato scritto da una mano umana. Per altri esperti, l’unico sistema valido sarebbe quello di obbligare l’IA ad avere un accento riconoscibile, un po’ come quello inglese o americano. In tal modo sarebbe immediatamente riconoscibile e sarebbe complicato manometterlo.

Sebbene le metodologie di distinzione siano in costante evoluzione, il futuro del riconoscimento tra scrittura umana e IA rimane incerto; non ci resta quindi che aspettare e chiederci se il cuore della scrittura riuscirà sempre a resistere all'ascesa delle macchine. Solo il trascorrere del tempo potrà dirci quale sarà il prossimo capitolo di questa storia.

Per chi non ci ha mai pensato proviamo con un esempio pratico. Ho fatto la stessa domanda all’IA ed ad Ivo. Sapresti dire chi ha risposto cosa?* Tenta prima di sbirciare la soluzione!

Elisabetta Agrelli e Ivo Colletta

Come descriveresti il colore dell’oro ad una persona ipovedente?

Immagina la sensazione di tenere in mano qualcosa di prezioso e caldo, come una luce dorata che avvolge la tua mano. È come toccare il sole al tramonto, una sensazione calda e luminosa che si diffonde delicatamente. L'oro è come il suono di una melodia dolce e ricca, una nota calda che avvolge i tuoi sensi con un tocco di lusso e maestosità. Il colore dell’oro viene riflesso dalle e nelle sensazioni. Si determina in appagamento con il calore, la sicurezza e la solidità economica.

Ha il colore della purezza, lealtà, eleganza e prestigio.

Giotto e Fontana arrivarono alla conclusione che l’oro non è un colore ma un simbolo.

*a sinistra il testo scritto dall’IA e a destra la risposta di Ivo

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