La perennità della democrazia svizzera implica il coinvolgimento dei giovani, compresi quelli della «Quinta Svizzera»: è questa una delle dichiarazioni chiave del Congresso degli Svizzeri all’estero del 2022 a Lugano.
Contatti diretti, incontri personali, ricerca comune di soluzioni: dopo una lunga pausa dovuta alla pandemia di coronavirus, il 98o Congresso degli svizzeri all’estero ha nuovamente riunito, il 20 agosto, i rappresentanti della «Quinta Svizzera». Al centro dei dibattiti: il futuro della democrazia. «Oggi, abbiamo vissuto in “tempo reale” ciò che la democrazia significa: scambiarsi opinioni e discutere, qualunque siano le differenze di opinioni e indipendentemente dal fatto che si viva in Svizzera o all’estero, che si sia svizzeri o no.» Con queste parole Ariane Rustichelli, direttrice dell’Organizzazione degli Svizzeri all’estero (OSE), ha tratto il suo bilancio dal congresso.
In avvio di congresso, nell’ambito di dibattiti e workshop, sono state elaborate varie dichiarazioni quadro su questo tema. L’importanza della partecipazione politica ha occupato un posto centrale. Filippo Lombardi, presidente dell’OSE: «Affinché la nostra democrazia unica sia perenne e possa svilupparsi, abbiamo bisogno che i giovani della “Quinta Svizzera” partecipino attivamente alla sua concezione.» Durante il congresso, alcuni membri dello Youth Parliament of the Swiss Abroad (YPSA) hanno difeso il diritto di voto a 16 anni. Ariane Rustichelli ha ritenuto che questa rivendicazione debba essere accolta con apertura e fiducia.
Il voto elettronico, questo serpente di mare
Il diritto di voto è decisivo per la partecipazione politica. I circa 400 partecipanti al congresso, provenienti da 40 paesi, hanno nuovamente insistito sul fatto che l’esercizio dei diritti politici che la Svizzera concede loro non deve più essere ostacolato o reso impossibile. È probabile che per le elezioni federali del 2023 non verrà offerta alcuna possibilità di votare online, ciò che escluderà di fatto numerosi svizzeri all’estero dalla partecipazione allo scrutinio. In un’analisi differenziata, la situazione degli svizzeri all’estero è stata paragonata a quella degli stranieri che vivono in Svizzera. Un quarto degli abitanti della Svizzera è di fatto esclusa dal dibattito politico. Per lo storico Kijan Espahangizi, si tratta qui di “un rischio” e di “un problema per la democrazia”. Secondo lui, gli Svizzeri all’estero sanno bene che “appartenenza multipla” non è sinonimo di “conflitto di lealtà”. Partecipare alle decisioni politiche nel paese dove si vive e nel proprio paese d’origine rafforza, secondo lo storico, la democrazia.
Il presidente della Confederazione, Ignazio Cassis, è giunto ad una conclusione analoga durante il suo discorso inaugurale. Egli ha ribadito che gli svizzeri all’estero rivolgono alla Svizzera uno sguardo dall’esterno, offrendo così nuovi punti di vista e idee. Essi preparano il terreno «affinché la Svizzera impari anche da altri paesi». (MUL)
A Lugano, hanno difeso il coinvolgimento dei giovani nella politica: Luis Alberto Gostin Krämer (Cile) e Jacqueline Siffer (Stati Uniti) dello YPSA. Foto Adrian Moser
Libera circolazione delle persone: per la “Quinta Svizzera” il Consiglio federale deve fare il suo dovere
Il Consiglio degli Svizzeri all’estero chiede al Consiglio federale di impegnarsi risolutamente per il mantenimento della libera circolazione delle persone. E di garantire così i diritti dei 450’000 svizzeri che vivono in seno all’UE.
Durante la sua seduta del 19 agosto a Lugano, il Consiglio degli Svizzeri all’estero (CSE), “Parlamento” della “Quinta Svizzera”, si è detto «estremamente preoccupato» per lo stato delle relazioni tra la Svizzera e l’Unione europea (UE). La rottura dei negoziati su un accordo-quadro con l’UE fa temere in particolare ripercussioni negative sui 450’000 svizzeri che vivono nell’UE. In una risoluzione adottata all’unanimità, il CSE chiede di conseguenza al Consiglio federale di impegnarsi per la libera circolazione delle persone con una strategia chiara e trasparente. Gli svizzeri che risiedono nell’UE beneficiano oggi direttamente e in molti modi dell’accordo sulla libera circolazione delle persone (ALCP) tra la Svizzera e l’UE, ad esempio nell’ambito del lavoro, delle imposte, delle prestazioni sociali e del ricongiungimento familiare. In questo contesto per il presidente dell’OSE, Filippo Lombardi, una cosa è chiara: «La libera circolazione delle persone deve imperativamente essere mantenuta.»
Prime conseguenze negative
Il CSE è preoccupato, poiché la rottura dei negoziati con l’UE nel maggio 2021 fa già apparire le prime conseguenze negative per la Svizzera. Ad esempio, il degrado della Svizzera nel programma di ricerca europeo Horizon Europa. In generale, l’evoluzione del contesto di negoziazione è sfavorevole alla Svizzera, ha notato l’ambasciatore e diplomatico svizzero Alexis Lautenberg a Lugano. Secondo lui anche la Brexit complica la posizione della Svizzera. Mentre la Gran Bretagna pone l’accento sulla sua distanza con l’UE, la Svizzera intende per principio collaborare strettamente con l’Europa. Ma, dopo la Brexit, la posizione della Svizzera si è «totalmente erosa», ribadisce Alexis Lautenberg. Era ipotizzabile che l'UE sviluppasse un concetto generale per le relazioni con i Paesi terzi. Ma dubita che un simile concetto possa coprire le esigenze della Svizzera.
L’e-ID ha il vento in poppa
A Lugano, il CSE ha anche preso posizione sull’identità elettronica (e-ID), al lancio della quale la Svizzera sta lavorando. Il CSE sostiene chiaramente il progetto nella misura in cui, dopo il fallimento di un primo progetto alle urne, deve ora essere sviluppata un’e-ID realizzata dallo Stato. Per il CSE, l’e-ID accelererà la democrazia elettronica, aprirà in particolare la via a procedure di voto elettronico e sarà dunque positiva per la «Quinta Svizzera». (MUL)