Ecco cosa abbiamo imparato con Francesca Corrado durante l’ultimo Congresso autunnale UGS
Dottoressa Francesca Corrado, Laurea in Economia Politica, Dottorato di ricerca in Economia, Executive MBA dell’Università Bocconi, tuttavia, parte della sua biografia recita così: “ex-pallavolista, ex-docente universitaria, ex-vicepresidente di uno spin off”.
La sua “seconda” vita inizia infatti nel 2015, come racconta, dalle ceneri delle difficoltà risorge con tanti progetti, perché, come afferma, non si può cadere dal pavimento, non si può andare più in basso, ma ci si può solo rialzare.
In quell’anno diventa Presidente di una start up, Play Res, e nel 2017 fonda la Scuola di Fallimento. Su questa scia pubblica anche il libro “Il Fallimento è rivoluzione” Best seller Amazon. La Scuola di Fallimento, fra le altre cose, rivede o approfondisce i concetti di errore, fallimento, successo, insuccesso, vittoria e sconfitta, fornendo alle persone, potremmo ipotizzare, un nuovo vocabolario.
Errore
L’errore, etimologicamente, deriva dal latino errare, esprime dunque l’idea di un divagare, una deviazione da un’aspettativa. Difatti, analizzare i propri errori porta a capire di più sugli stessi, nonché sulle proprie aspettative e sui propri desideri.
La reazione dell’introspezione, del lavorare su di sé e sulle proprie colpe comporta anche un rischio, ossia che si possa cadere in un’eccessiva responsabilizzazione, in una colpevolizzazione di sé, assumendo personalmente il peso di eventi fuori dal nostro controllo. Tutto ciò può causare una grave perdita di autostima.
Il rischio di esternalizzazione del problema al “mondo fuori” ha invece come conseguenza spiacevole l’inserirsi di una deresponsabilizzazione: ci si rifiuta di considerare che, forse, si ha una parte importante nell’errore commesso, nel fallimento. Inoltre, un secondo risultato subottimale è uno scetticismo sistemico, il negarsi chances future perché ad ogni modo “il mondo” vuole sabotarci. A ciò segue una mancanza di stimoli a fare un passo avanti, a cogliere future opportunità.
Un importante capacità risiede nel concedere seconde chances a se stessi e agli altri, evitando di sabotare se stessi o chi ci sta intorno, ma anche nel tollerare gli errori altrui. Questa tolleranza, quando presente, permette alle persone di rischiare, di mettersi in gioco. Sotto questo aspetto la Svizzera sembra essere alquanto encomiabile (eccezion fatta per il canton Ticino apparentemente), ma permane una certa tendenza all’aspettarsi una perfezione, il che riduce l’accettazione effettiva dell’errore.
Fallimento
La parola “fallimento”, giuridicamente, assume il significato di “mancato raggiungimento di un obiettivo”. Se nel linguaggio comune tendiamo giustamente ad associare il fallimento al risultato di una serie di errori, la parola in sé deriva dal latino fallere, ossia ingannare. Fallire ci riporta dunque ad una dimensione illusoria, quella delle nostre aspettative non realizzatesi, forse poco realistiche, e che ci ingannavamo fossero assicurate, imperturbabili, fondamentali alla nostra esistenza, a una dura verità.
Entrambi i concetti, errore e fallimento, hanno a che vedere con le aspettative, con il giudizio che abbiamo di noi stessi, con la difficoltà di contravvenire a tale opinione, e con la paura del giudizio altrui.
Successo
Il concetto di successo è associato a una vittoria, al raggiungimento di un obiettivo, anche se si tratta di un concetto soggettivo e che dipende anche dalla propria reazione al risultato ottenuto.
Importante è non lasciar dettare dagli altri ciò che possiamo individualmente percepire come un risultato valido, meritante di essere celebrato. Il successo deve quindi dipendere principalmente dal compimento delle aspettative personali che ognuno si deve porre in via indipendente.
Apprendimento
La nozione di apprendimento è, de facto, e malgrado l’esistenza dei detti “Sbagliando s’impara” ed “Errare humanum est”, spesso associata esclusivamente al successo, a esperienze positive secondo i canoni della società, che vengono dunque esaltate. Al contrario, e conformemente ai proverbi summenzionati, l’errore è inevitabile.
L’essere umano sbaglia naturalmente, è nella sua natura non essere infallibile. Per la sua struttura cognitiva, è costantemente soggetto a errori, e ciò non dovrebbe essere percepito come un problema, poiché l’errore è il primo gradino della conoscenza. L’umanità nel suo insieme e l’uomo nel suo piccolo imparano sbagliando, poiché è solo con un riscontro negativo che si può correggere una rotta sbagliata. Fintanto che non si incontra un ostacolo, è difficile sapere se si è veramente nel giusto, è difficile apprendere.
Vittoria e sconfitta, al contrario di ciò che siamo spinti a pensare, crescendo circondati da obiettivi e aspettative piuttosto standardizzati (avere una vita di coppia, tirare su famiglia, avere un lavoro stabile, andare bene a scuola, laurearsi, guadagnare il più possibile), sono concetti soggettivi. Occorre saper passare oltre ai giudizi altrui e definire in maniera indipendente quali siano gli scopi di vita che si vogliono perseguire. In fin dei conti, l’unico metro di misura adeguato al fine di valutare i propri (in)successi è il proprio, non quello della società.
La Scuola di Fallimento fondata da Francesca Corrado si focalizza infatti anche sullo sviluppo del pensiero critico, utile per vedere il mondo da punti di vista differenti, e sull’allenamento dell’elasticità cognitiva, per smantellare una rigidità verso i preconcetti e per migliorare la reazione agli errori e la loro razionalizzazione.
E allora perché non iniziare a premiare i nostri errori, come suggerisce la stessa Francesca Corrado? Ciò permetterebbe al cervello di non associarli unicamente a emozioni negative. E l’esercitarsi da soli, il confrontarsi con se stessi, il capire le proprie aspettative, ciò che è andato storto e ciò che si può controllare, sono obiettivi tanto ambiziosi quanto fondamentali…
E tu? Sei tollerante con i tuoi errori? Come reagisci di fronte ad un ostacolo? Ti piacciono le sfide?
Per approfondire, il Congresso è interamente disponibile sul canale YouTube - Unione Giovani Svizzeri.
A cura di Giuseppe Agrelli e Bianca Rubino
Unione Giovani Svizzeri
unionegiovanisvizzeri@gmail.com
Curriculum Vitae e dintorni...15
15 cose che abbiamo imparato con Beatrice Engeler
Formatrice aziendale, in particolare in ambito di comunicazione, self-effectiveness e leadership, Beatrice Engeler ha lavorato per grandi aziende quali Die Post, UBS, assicurazioni e grande distribuzione, occupandosi anche di sviluppo del personale, per poi dedicarsi alla consulenza in sviluppo di carriera.
Ecco le 15 cose che abbiamo imparato dal suo intervento al Congresso UGS lo scorso novembre.
1. Prima di iniziare a redigere il proprio curriculum vitae, è necessario porsi tre categorie di domande:
- Chi sono io? Quali sono le mie ambizioni? Quali sono le mie competenze?
- Qual è il mio target: a che mercato professionale voglio rivolgermi?
- Quale strategia intendo perseguire per trovare lavoro? Come desidero approcciarmi al mercato target?
2. A seconda del profilo è necessario scegliere il CV cronologico o il CV funzionale (o per competenze). Il primo, standard, si addice a coloro che hanno una carriera lineare e/o in un campo fortemente tradizionale, il secondo si addice invece a persone con una carriera movimentata, non lineare. Il focus di quest’ultimo curriculum non sono gli anni di esperienza lavorativa ma le competenze acquisite, siano esse scaturite da attività professionali o private.
Occorrerà menzionare, in una seconda parte del curriculum, tramite classica struttura cronologica, in che contesto esse siano state acquisite.
3. Il curriculum non è un confessionale del Grande Fratello, pertanto non occorre raccontare tutto di sé. Più importante dell’enumerare le mansioni svolte è l’elencare i risultati – qualitativi e quantitativi – ottenuti. Ciò perché questi sono la prova che si è in grado di avere successo e che i successi si potranno riprodurre nella nuova professione. Tali risultati sono più facili da leggere se citati in bullet points, includendone 3-5 per ogni professione riportata.
4. È importante ovviamente includere non solo la formazione di base (liceale e universitaria) ma anche la formazione continua. Separarle formalmente dà maggior risalto a entrambe e instilla più facilmente l’idea che il soggetto del CV sia una persona che non si fermi e che dia costantemente importanza all’evoluzione personale.
5. Per quanto concerne le competenze linguistiche, è utile fare riferimento al Portfolio europeo delle lingue o PEL nella valutazione della qualità di espressione e comprensione, in modo da offrire un contenuto quanto più standardizzato e immediatamente comprensibile e accessibile.
6. Includere informazioni riguardanti i propri passatempi è utile, poiché permette di mostrare che si ha una vita al di fuori del lavoro, che si hanno interessi varî, che si tiene all’equilibrio tra lavoro e crescita personale. Inoltre, gli hobby possono essere all’origine di importanti competenze acquisite, e possono diventare una metafora del modus di lavorare.
7. Nella sezione “Ulteriori informazioni”, è consigliabile includere quelle informazioni che potrebbero nostro malgrado risultare scomode (quali per esempio potrebbero essere l’età o il permesso di soggiorno), in modo da non distrarre da una lettura approfondita del resto del CV e da non causare una discriminazione a priori.
8. L’occhio vuole la sua parte e per questo è importante adattare lo stile grafico del CV al settore lavorativo in cui ci si vuole inserire, classico, tradizionale o più innovativo o artistico. L’essenziale è che ci sia una concordanza tra il soggetto e il layout; quest’ultimo deve comunque esprimere il vero carattere della persona descritta nel CV, nonché la sua unicità. Il formato Europass, a meno che non ci si candidi per una posizione pubblica al livello europeo, non è consigliato. Si tratta di un buono strumento da cui partire per redigere il proprio primo CV, quando ancora non si sa che informazioni debbano essere incluse. In qualsiasi altro contesto, si rivela un formato estremamente poco flessibile e inadatto alla valorizzazione del profilo individuale di ogni soggetto.
9. Il curriculum non deve superare le due pagine!
10. Il CV da solo non basta più. Infatti, l’attività costante, l’interazione, la ricerca di contatti, la cura di un network e la condivisione di contenuti professionali attuali sulle piattaforme, quali LinkedIn e Xing ma anche Facebook e Instagram assumono un’importanza sempre maggiore, contribuendo a dare un’idea di professionalità a tutto campo.
11. Una nuova forma di curriculum che comincia a prender piede è il video CV. Della durata massima di due minuti, è sempre più sovente richiesto dalle grandi aziende.
12. Il CV non è uno solo. Ce ne vuole uno nuovo praticamente per ogni potenziale datore di lavoro. È quindi fondamentale preparare bene le informazioni in precedenza, per non dilungare inutilmente i tempi di redazione e costruzione.
13. Per superare la selezione di un software Applicant Tracking System è importante prestare estrema attenzione nell’analisi dell’inserzione alla quale si risponde: bisogna scovare le parole chiave della posizione per la quale ci si candida, e reinserire le stesse, non dei sinonimi, nel CV. L’algoritmo, scansionando il testo, le noterà e le evidenzierà, massimizzando quindi le possibilità di passare al gradino successivo, ossia la lettura del documento da parte di un essere umano.
14. È conveniente chiedere durante il colloquio quali saranno i prossimi passi per l’azienda e per i candidati, in modo da avere un’idea delle tempistiche associate a un’eventuale risposta. Il giorno stesso del colloquio, per e-mail, ringraziare per il tempo concesso, riconfermare – se è il caso – l’interesse, poi attendere con pazienza prima di prendere contatto. Nel caso in cui lo si faccia, è importante essere gentili e non limitarsi a chiedere il tempo di attesa rimanente, ma domandare anche se servano ulteriori informazioni, mostrando così proattività.
15. La lettera di motivazione, che solitamente accompagna il CV, è uno strumento fondamentale, il cui contenuto deve riassumere e mettere in evidenza ciò che il candidato può concretamente apportare all’azienda. È consuetudine iniziare con una dichiarazione d’interesse verso la posizione, per poi raccontare le proprie esperienze personali e professionali pertinenti alla stessa, in modo conciso e focalizzato all’essenziale. Il messaggio che dev’essere trasmesso risponde idealmente alle domande: “Cosa posso offrire all’azienda? Come posso colmare il bisogno che motiva la loro inserzione? Cosa possiamo costruire insieme?”, senza eccedere i tre quarti di pagina.
Per approfondire, il Congresso è visionabile per intero sul canale YouTube - Unione Giovani Svizzeri.
A cura di Giuseppe Agrelli e Bianca Rubino
Unione Giovani Svizzeri
unionegiovanisvizzeri@gmail.com
Swiss challenge, Yvonand, 2019. Foto OSE/ Servizio dei giovani